Mancano poche settimane all’appuntamento che gli azzurri dell’Ultramaratona hanno preparato per tanti mesi. Un appuntamento ancor più importante, visto che si correrà in casa, a Seregno, con il nostro pubblico.
Nel fine settimana, a Brusson, gli atleti hanno partecipato al ritiro pre-Mondiale in cui si sono avvicendati a ritmo sostenuto incontri tecnici, momenti di condivisione personali, controlli medici e cure fisioterapiche.
Presente quasi al completo lo staff dei massaggiatori Iuta, che coordinati da Stefano Punzo, ha lavorato tutto il giorno per mettere nelle migliori condizioni gli atleti che affrontano l’ultimo periodo di rifinitura prima del Mondiale.
Fondamentali anche i controlli medici, con il dott. Luca Speciani che ha valutato lo stato fisiologico di ciascuno per permetterci di gareggiare nelle migliori condizioni possibili.
Il periodo di grosso carico lascia inevitabilmente degli strascichi nel fisico ed è proprio nell’ultimo mese che agli atleti viene richiesta la massima attenzione all’alimentazione ed alla rigenerazione.
Infine, un momento fondamentale è stata l’esperienza di team building organizzata dal prof. Pietro Trabucchi: impegnati in prove fisiche divertenti e faticose, con qualche brivido di troppo, ma rigorosamente lontani dalla corsa per una domenica, gli atleti hanno potuto approfondire legami con i compagni ed i membri dello staff.
Stesse prove per tutti, stesse difficoltà, reazioni diverse.
Aiutarsi, aspettare l’ultimo, cogliere le difficoltà dell’altro: così, con qualche scivolone nel torrente di troppo, qualche raschiata sulla parete di roccia, un sentiero perso e tante risate, ecco a voi il gruppo del Raduno pre-Mondiale 100km al completo, in alta uniforme!
Ultimo aggiornamento (Mercoledì 28 Marzo 2012 12:21)
Và pian, fa presto
E’ così che nostro papà ridacchiando saluta noi ragazzi (insomma, ragazzi… tra me e mio fratello la somma è 98) quando partiamo per qualche viaggio: ben sapendo che siamo sempre in ritardo, con il suo abituale “tocco” di sottile umorismo ci esorta al tempo stesso ad essere veloci, ma anche prudenti.
Se dovessi scegliere un “mantra” per la mia Ultrabericus di quest’anno opterei per questo, perché io vado piano, c’è poco da fare: appena inizia la salita, gli altri mi superano a gruppi di quattro, continuando a parlare allegramente. Li guardo passare e mi domando di quali materiali particolari siano fatti: so bene che se provassi a stare con loro arriverei a metà gara e poi “bum!”
Così mi rilasso e cerco di ricordarmi che i miei talenti sono altri: nelle discese tecniche mi diverto come ai tempi delle moto e mollo le gambe come fossero ruote, e se in tanti anni di trail registro un solo ritiro è perché quella volta, alle Porte di Pietra, ebbi la stupidissima idea di prendere il via nonostante la febbre. E cerco di ricordarmi che, alla fine, è un po’ vero: vado abbastanza piano, ma quando va tutto bene faccio abbastanza presto!
E questa volta è andata così: in questi colli che percorro da una vita, per molti anni con le ruote artigliate delle moto e ora con scarpe dalla suola simile, alla fine della “passeggiatina” mi ritrovo al 40° posto, e con solo cinque “over 50″ davanti a me (e senza neppure i distacchi a dir poco incresciosi che registravo fino all’altro ieri, quando ero in categoria 40-50).
Per raccontare la gara il primo pensiero, inevitabile e immediato, è all’organizzazione impeccabile: nonostante il raddoppio del numero degli iscritti, i ragazzi coordinati da Enrico Pollini sono riusciti nel difficile compito di migliorare la già riuscitissima edizione uno. La logistica, la macchina organizzativa, l’assistenza, il pasta party del dopo gara: tutto impeccabile. E su tutto questo, dominatore incontrastato della scena, il percorso: quei pochi tratti di asfalto rimasti vengono accolti quasi con piacere nell’ambito di un tracciato in cui la natura vince su tutto.
Grazie alla primavera, partita in netto anticipo rispetto all’anno scorso, scorrono davanti a noi 66 km di “cartoline” dai colli, una più bella dell’altra. Già dopo i due km necessari per uscire dalla città, ci troviamo a scendere a balzi su un prato fiorito, felici come bambini. Ed è solo l’inizio. Profumi di erba cipollina, di violetta, di tarassaco. La vita sboccia al nostro passaggio.
Scopro nuovi percorsi nei prati e nei boschi a pochi km dal posto in cui vivo da una vita: non ne sospettavo neppure l’esistenza. E così si prosegue, per sentieri, strade sterrate e mulattiere impervie, in un continuo susseguirsi di salite e discese così ben distribuite che quando inizi a pensare ad una salita per tirare il fiato e mangiare qualcosa il desiderio si realizza, e quando i muscoli cominciano ad implorarti di rallentare l’andatura perché sembrano esplodere per la discesa estrema arriva la variazione a darti tregua.
E poi i gustosi siparietti, la mia specialità (anzi la Mia specialità): pochi km dopo il via, mentre mi butto a capofitto lungo uno dei pratoni iniziali, mi ritrovo a “saltare” letteralmente un gruppetto di quattro. “Ecco, vedito, anca le donne ne passa via…”. Decido di non farmi scappare l’occasione per qualche risata e rispondo, con la mia voce naturalmente maschile: “Sì, vere o presunte…”
“Ah, ostrega ” – risponde lui – “va ben, complimenti in ogni caso”. E io: “Non so bene per cosa siano i complimenti, ma forse è meglio non approfondire… me li tengo con piacere e ti ringrazio!”
L’altro siparietto arriva prima di metà gara: l’addetto dell’assistenza mi vede arrivare lungo la salita e parla alla radio: “Eccola, xe drio rivare la 127, te gavevi rason, proprio carina!”. E la radiolina risponde: “Eco, vedito che go ancora ocio”.
In questo caso decido di rimanere in silenzio, ringraziando con un sorriso e un gesto della mano: se avessi smascherato “l’ocio” così in realtà poco esperto quel tizio dentro alla radiolina avrebbe rischiato di pagare cara, a suon di bevute in osteria a suo carico, l’avventata affermazione… nei paesini di campagna le voci corrono e queste cose pesano!
Poco dopo siamo al Castello delle Fate: così mi appare, lassù sul colle, esattamente come l’anno scorso, l’Eremo di S.Donato. Anche se stiamo “girando” in senso contrario, i nostri Ultraberici amici hanno saputo trovare il modo di regalarci lo stesso entusiasmante arrivo al ristoro di metà gara: sembra il Gran Premio della Montagna di una tappa del Giro, con la gente assiepata lungo i bordi della strada che ci incita, ci festeggia, ci sostiene. Una festa indimenticabile.
Saluto Massimo, che sta ripartendo e che non vedrò più (questa volta mi “mollerà” 12 minuti, non 20 secondi come l’anno scorso), faccio il pieno alla borraccia, bevo velocemente qualche litro di coca-cola e riparto: se vai piano come me e vuoi anche cercare di fare presto, i ristori sono luoghi assai pericolosi, da abbandonare prima possibile!
Comunque ormai è fatta, penso mentre riparto: so perfettamente che è una bugia, ma la scomposizione in parti aiuta l’inganno. So bene che di lì a poco arriverà la salitona di San Gottardo del km 40 (dove mangerò e riposerò – tanto vado piano) e poi ne rimarranno solamente 20, che saranno i più belli perché degli ultimi 15 conosco praticamente ogni singola pietra e i cinque che ho davanti sono nei boschi sopra S.Gottardo, con sottoboschi di terra morbida, senza pendenze ripide, dove correre è un piacere anche quando le gambe sono stanche: infatti, passano in un attimo.
E poi ho un paio di appuntamenti: mio padre, con mia cognata e i nipoti al km 50 (non mi dice di andare piano questa volta, mi dice solo: “Fa presto”) e mia mamma al km 58, che mi aspetta fuori casa con una coca fresca (che però *ovviamente* dovrò *rifiutare* perché non sono ammessi gli aiuti esterni).
E insomma, ormai è davvero fatta, siamo agli ultimi 7km che sono quelli che faccio ogni volta che mi alleno partendo da casa. Conosco Catena (che sta correndo la staffetta) e sto un po’ con lei (quella ragazza è da tenere d’occhio, secondo me !) e intanto completo la mia rimonta: le scalette di Monte Berico in discesa sono una sorta di “scioglilingua” per gambe: se non ne conosci il “ritmo” e hai i muscoli “cotti” devi rallentare, ma se le fai un paio di volte la settimana sai come prenderle… e così passo, e metto a distanza di sicurezza, i due che da qualche km vedevo davanti a me.
L’arrivo in Piazza dei Signori, intorno alle cinque del pomeriggio di un tiepido sabato di primavera, è un abbraccio di quelli che non si dimenticano: apro le braccia e sorrido felice a tutti gli amici che mi stanno accogliendo festosi. Ancora una volta questi colli sono stati gentili con me!
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Sono chiamate Ultramaratone perché si svolgono su percorsi che superano i 42,195 km delle classiche Maratone. E per chi ritiene che sia roba da matti, un nostro concittadino ha risposto con un bel secondo posto di categoria, conquistato con una progressione che ha dell'incredibile, e con un bel sorriso all'arrivo che non tradiva alcuna stanchezza.
La 6 ore di Putignano ha avuto la sua prima edizione lo scorso sabato 24 marzo e più di 150 partecipanti provenienti da tutta Italia si sono ritrovati a gareggiare per le vie del centro storico della bella cittadina pugliese correndo per ben 6 ore di seguito.
Una vera prova di coraggio, di costanza, di concentrazione e grande forza di volontà.
La manifestazione è stata vinta da Cosimo Manigrasso della Marathon Massafra che nelle 6 ore a disposizione ha compiuto ben 60 giri, per una distanza totale di 75,5 km. Secondo Andrea Accorsi della Lippo Calderara e terzo Vito Intini, della società organizzatrice, che con i suoi 58 giri e 73,1 km è stato salutato ad ogni passaggio da una folla di compaesani entusiasti e molto calorosi. Vito è famoso per aver segnato il record su Tapis Roulant dei 100km e delle 24h lo scorso anno: risultati davvero sorprendenti.
Il nostro Michele Debenedictis si è fatto onore in questa "armata" di ultramaratoneti, ognuno con curriculum di gare sulla lunga distanza che sembra inverosimile, percorrendo entro lo sparo delle 6 ore ben 61,3 km e conquistando il podio dei campioni.
Il carro vincitore della scorsa edizione del famosissimo carnevale di Putignano ha fatto da cornice alla manifestazione, offrendo una splendida attrattiva per grandi e piccoli.
Al termine della gara il comitato ha dato vita ad una calorosa festa all'insegna della ottima cucina pugliese, che ha conquistato il palato piuttosto affamato degli atleti di ogni parte della penisola.
Un evento eccezionale, fuori dal comune, in cui anche Gravina ha avuto la sua menzione di onore.
Grazie Michele, per la tua lezione di coraggio!
“Se otto ore vi sembrano poche, provate voi a lavorare”, recitava il testo di una canzone del 1906 che cantavano le mondine e che Tista ha voluto rielaborare: “Se undici ore vi sembrano poche, provate voi a camminar”.
Lo pensa ma non lo dice a gran voce, credo non sarebbe compreso.
Lui fa persino gli straordinari, il suo è un contratto a tempo determinato che dura solo nove mesi, è un precario anche lui come tanti, ma lui non desidera “un posto fisso”, vuole sempre cambiare. Non ama fare i turni fissi, quando apre gli occhi al mattino, si alza e quest'anno “non tiene neppure la sveglia,” è troppo disturbante, non deve sentirsi obbligato, preferisce adeguarsi alle sue sensazioni.
Sono le 2,40, dopo una colazione a base di latte, muesli, miele e marmellata , è pronto per partire. C'è un freddaccio che arriva dalle montagne appena innevate che inviterebbe a rientrare sotto le coperte; uno sguardo al lago liscio come l'olio e alle barche ancorate al porto che dormono ancora e ...via, si inizia la giornata.
Forse non è del tutto sveglio, ha indossato i calzini dalla parte sbagliata, li ha indossati sulle mani come prevede il manuale delle giovani marmotte nel caso ci si trovi senza guanti con il freddo da affrontare. Si, non è certo una stravaganza, lui afferma di trovarsi a suo agio, e quando ritroverà i suoi guanti perduti, assicura, ne farà volentieri a meno.
Solo dopo alcune ore Tista riuscirà, oltre che a scaldarsi per lo splendido sole, anche ad asciugarsi delle quattro ore di acqua che ieri un violento temporale ha voluto scaricargli addosso.
Oggi la meta, per la terza volta, sarà il lago di Endine, situato in Val Cavallina, con le sue rive di quattordici chilometri che racchiudono le sue acque quasi limpide e dal caratteristico colore verde scuro. Peccato, fossimo stati in inverno, avremmo visto sulla spessa crosta di ghiaccio che si forma su queste acque, scorazzare ciclisti, pattinatori e altri mezzi inimmaginabili, nonostante il divieto imposto per motivi di sicurezza.
Arrivare a Endine non è facilissimo, la strada statale è molto trafficata ed in alcuni tratti molto stretta e pericolosa. Si deve affrontare una salita impegnativa che da Lovere conduce a Sovere, non è certo un problema per lui che trova sempre delle scorciatoie, come lo sterrato a ridosso della Valle del Freddo, oltre il quale si costeggia uno specchio di acqua lungo 200 metri e largo 100, il lago di Gaiano, famoso per la pesca del luccio.
A Monasterolo, un incontro: Lazzarini, un amico di vecchia data che sta correndo trafelato, ma trova un attimo per fermarsi per stringergli la mano, poi, ognuno per la propria strada.
Dieci minuti dopo, Tista, assorto nei suoi pensieri, si risveglia, strabuzza gli occhi nel vedere, sulla strada in un parcheggio, una vecchietta seduta sulla sedia che tranquillamente fa la calza al sole. “Cosa ci fa sulla strada tutta sola?”, le chiede accoratamente il Tista.
E' stato come accendere un cerino: “Mi chiamo Pierina Gardoni ed ho settantasette anni, mi sono sposata due volte, me ne sto in strada perché vedendo la gente che passa non mi sento sola”. Alla parvenza sembra molto arzilla e alquanto loquace, al punto che dobbiamo frenarla, ci sta raccontando la sua vita. Purtroppo non c'è tempo, dobbiamo lasciarla dopo pochi minuti, ma lei non se ne cura, continua a raccontare, speriamo che altri si fermino, per sentire la fine della sua storia.
Tista riparte in fretta e con la voglia di cantare, ma che fa? Al posto di sbuffare, canta. Si, canta per un minuto e non di più, canta una vecchia canzone della mamma, forse inconsapevolmente la vuole ancora con sé, quella mamma che non solo lo ha messo al mondo, ma che lo incita e gli dà la forza di non fermarsi mai.
La barriera
Non conosce la barriera corallina, conosce solo la barriera dei mille chilometri che ormai ha superato, è contento perché dice: “Almeno a questi non ci penso più!”.
Vuole condividere la sua soddisfazione con Mario Maccabelli, colui che economicamente sostiene parte di questa impresa. “Ringrazierò anche tutti gli altri”, replica Tista, “ringraziare uno alla volta mi fa sentire più vicino a chi crede in me”.
Finalmente è finita per oggi, è andata come si usa dire. “Allora vai pure a riposare, insisto io a bassa voce”. Risponde Marchesi col solito totemico sorriso: “Io riposo anche quando cammino, un abbraccio e poi scompare, è giunta l'ora che rimanga tutto solo”.
(Battista Marchesi “Tista” - Nove mesi di corsa, 19.100 Km).
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