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Ultra - Aprile 2012

Spoleto (PG) - 1^ 6 Ore di Spoleto

Ultramarathon - Ultra - Aprile 2012

Spoleto_6_Ore_di_Spoleto_2012Sono Matteo Luzzi (72657 m) e Lorena Piastra (61491 m) i vincitori della Prima Edizione della 6 ore Città di Spoleto, che ha avuto 61 partenti (53 hanno superato la distanza della maratona), cui vanno sommati i 12 che hanno optato per la maratona.

Un primato le può essere già assegnato: il più bel percorso d’Italia. Una splendida sintesi di storia, paesaggio ed arte è racchiuso in quel chilometro circolare, tracciato dagli organizzatori ai piedi del poggio, da cui incombe maestosa la Rocca.

Corro i primi giri con la testa in alto, e scopro che il punto più favorevole è proprio quello situato a livello del monumento ai Caduti. Da quell’angolazione, l’imponente mole, nascosta dagli alberi, libera la sua torre eretta verso il cielo.

Ripassato dalla zona partenza arrivo, ricomincio a guardarmi intorno, per apprezzare altri particolari. Mentre la strada scende assolata per un centinaio di metri fino a Piazza Campello, lo sguardo si posa sulla parte posteriore della sommità della facciata del Duomo e sul campanile cuspidato, che svetta sui tetti rossi delle case. Quando imbocco Via del Ponte, la musica cambia. Quel centinaio di metri in discesa lo restituisco con gli interessi. Agli occhi appare una corribile salitella di 150 m, ma le gambe la pensano diversamente, e non ne vogliono sapere. A parte i forti, i prudenti la corrono solo nel primo giro, gli imprudenti pagheranno un conto salato nel finale. Il percorso è così fittamente alberato che chiude il panorama, ma una gradevole frescura scende sulle spalle.

Al termine della salita, la strada si allarga ed il panorama si schiude. Sull’ampio piazzale, comodamente seduti ai tavolini del bar, destano invidia i turisti che si godono lo spettacolo. Separato da una gola profonda, appare Monteluco, sacro agli anacoreti, ricoperto di un magnifico bosco di lecci. Un trecentesco ponte, dalle alte e possenti arcate, scavalca la gola. Interrompo la mia corsa e mi affaccio al precipizio, sicuro di veder scorrere un fiume. “Non c’è acqua sul fondo!” chiedo ad un gruppo di ragazzi del posto. “Un tempo ce n’era”. “Come si chiamava?”. “Torrente Tessino”. Poi dicono che i giovani moderni non hanno cultura.

Fino alla fine, la strada è tutta in discesa, le gambe si riposano e lo sguardo vola lontano. Prevale il verde intenso e l’aspetto medievale del paesaggio di questo cuore d’Italia. Mi riporta al mondo attuale la Flaminia, che si snoda veloce nella valle.

Rivedo il campanile ed i tetti rossi. Ho completato il circuito.

Chi guarda la classifica vede che i miei chilometri sono pochini. A Spoleto, si fa un pieno di emozioni, non di chilometri.

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Ultimo aggiornamento (Sabato 09 Giugno 2012 01:25)

 

Battista Marchesi finalmente va in ferie

Ultramarathon - Ultra - Aprile 2012

Cambia il suonatore ma la musica è la stessa. Cambia pellegrino, ma il cammino qualunque sia, è da fare.

Il Pellegrino è colui che si sposta dalla sua terra natale, non è un vagabondo, ha una meta ben precisa per la quale è disposto ad affrontare mille sacrifici e rischi pur di arrivare. Questo accadeva nel Medio Evo e questo accade ancora oggi.

E' arrivato nuovamente a Lovere, all'Hotel che ormai conosce molto bene, non ha le pulci e i vecchi vestiti sudici e puzzolenti come un tempo, lui cura la sua persona e veste abiti adatti al suo cammino, Compostelano, è sempre lui, Tista Marchesi.

Non fa in tempo a lasciare i bagagli che cominciano le prime rogne, sembrano di poco conto, ma a volte non ti fanno dormire.

La società alimentare sub appaltatrice dell'albergo “Corri sempre senza fermarti” ha spulciato in tutta fretta un inventario dopo soli novantaquattro giorni di attività, invece di attendere i canonici “nove mesi” come da contratto.

Il bilancio degli ammanchi alla dispensa è sorprendente: cinquecentoquaranta panini imbottiti, novantaquattro banane ed arance, settecentotrentotto scatolette di miele, marmellatine e nutelle è l'ingente bottino che ha preso il volo.

Non è stato affatto difficile individuare l'autore del volo in questione: è lui, Tista, ed è lui stesso che ammette tutto. “Non potevo farne assolutamente a meno, avevo bisogno di tutto questo carburante per continuare il mio lungo cammino. Come potevo avvisare qualcuno che sono sempre solo. A volte mi sento i brividi dell'abbandono e agisco di testa mia.”

“Ecco che sempre di testa mia, ne approfitto per chiedere alla società alcuni giorni di riposo, vorrei le ferie che mi spettano, sono un mio diritto sacrosanto.”

Una spanciata di sardoniche risate come risposta dai dirigenti della società lo coglie di sorpresa. Non se ne parla neppure, caro Tista, ma non leggi i giornali? Sei proprio fuori dal mondo, i diritti acquisiti in tanti anni sono stati cancellati con dei colpi di legge, ora esistono solo i doveri, ricordatelo! Ritieniti fortunato, tu hai il lavoro e per giunta fai sempre gli straordinari a dispetto di altri che sono senza lavoro o in cassa integrazione.

Mesto mesto, con la coda in mezzo alle gambe e lo sguardo volto al marciapiede, Tista con le gambe in spalla se ne va per via Marco Polo, la via che porta al fiume. Si attacca a Marco Polo, a quel grande viaggiatore per dimenticare le sue sgradevoli incomprensioni.

Non guarda la bussola, non ne ha bisogno, gli basta vedere il fiume Oglio e la sua mente ritorna fresca come le sue acque per puntare la prua in direzione Darfo.

Non può sperare di non incontrare nessuno. Alle 7,30 si ferma un ciclista sul sentiero, Luciano Duina, pensionato sessantenne ex dipendente di uno stabilimento di Brescia. “Ogni giorno mi aggiro da queste parti e non è la prima volta che ti vedo, dice al Tista, stavolta mi darai delle spiegazioni.” Non può fermarsi per una briscolata, ma un sorriso e due parole le ha per ogni incontro.

Della sua disponibilità ne hanno approfittato anche le darfensi Antonella Fontana e Alessandra Pirola in maglia gialla, che hanno voluto non solo parlare, ma correre per un breve tratto col Tista, almeno hanno confidato... finiamo quel poco fiato che ci è rimasto.

Pensa agli altri, ma non perde la necessaria concentrazione per se stesso. Ha imparato a cercarsi la sua panchina, non ci dorme sopra, non ne ha il tempo, la usa per il suo stretching, prima però un bel panino in movimento non guasta mai.

Ma che fa, si è imberrettato e la visiera se l'è messa al contrario. Per favore, Tista, volevi fare il paninaro ma a me pari uno sfigato, hai fatto ridere anche i due ciclisti che ci sono passati appresso. Bah! Povero Tista, oggi proprio non gliene va bene una, solamente la splendida giornata è dalla sua parte. Lui non se la prende proprio, per lui queste sono solo quisquilie e pinzillacchere, ci vuole altro per buttarlo giù di tono.

Per rinfrescarsi le idee o meglio i piedi, preferisce il campo erboso, in quel verde pensa solo ciò che vuole, pensa solo che anche oggi … se n'è andato.

Chissà se dopo una convulsa giornata si stravolgono anche le sue pulsazioni. Stamattina si è fatto un bel check-up volante. “Dal dottore non avevo l'appuntamento”, commenta Marchesi, “allora mi sono auto visitato, mi ha aiutato il mio infermiere personale, il gps, rilevando cento pulsazioni alla velocità di 5,15 al chilometro. E le pulsazioni a riposo? Lo scopriremo insieme nel prossimo racconto e vedrete che Tista ancora una volta ... ci sorprenderà.

Racconto N.14 Battista Marchesi - 19100 km no stop

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Battista Marchesi all'attacco degli ottomila

Ultramarathon - Ultra - Aprile 2012

Scalare un ottomila, la montagna più alta del mondo, sarebbe il desiderio di tanti alpinisti. Tista lo è, i suoi ottomila però sono chilometri, lui è un alpinista diverso che ha scalato tante montagne in passato, questa volta le ha chiesto di inchinarsi e lei lo ha fatto solo per lui. Proprio domani il suo gps ne conta oltre settemila che, percorsi in ottantotto giorni, significa un risultato di tutto rispetto e, come avrebbe detto Michele Lubrano, noto giornalista Rai, “la domanda giunge spontanea: c'è qualcuno che ha fatto meglio?”.

Tista però pensa ad altro, a giorni abbandonerà Montisola, la regina che regna e divide il Sebino, ma che stavolta non è riuscita né a dividere né a smorzare la sua determinazione. Dopo tre sofferti tentativi, ce l'ha fatta. Con la montagna si è riappacificato, si sono abbracciati senza vergognarsi dei passanti che, incuriositi e meravigliati si sono chiesti: “E’ incredibile come possa nascere un amore così diverso, un amore così grande che da noi non si è visto mai.”

“Non dire niente,” risponde col nodo alla gola Tista, “lo so che mi vuoi bene e anche io te ne voglio, innamorarsi alla nostra età non è facile, ma quando succede si vorrebbe che questo amore non finisse mai. Fra poco partirò, non posso portarti con me, sei troppo, troppo pesante, lasciati rubare almeno una parte di te”. I vecchi rancori del 2009 sono ormai annebbiati, lei si è scusata, non sa nemmeno piangere, sono le foglie dei suoi alberi che lo fanno per lei, il loro sudore si trasforma in lacrime che sorridono di gioia.

Anche Tista è "shockato", le sue pulsazioni sembrano impazzite, non è facile riprendersi, ma lui è abituato alle forti emozioni e sa voltare pagina alla svelta.”E' stato un mese molto contrastato”, dice, “né le bizzarrie meteo né i momenti di alta tensione e né le paure inconfessabili sono riuscite a bloccarmi: sono stato fortunato”, ammette.

Gli dispiace andare via, ma ormai è giunta l'ora, l'abitudine delle solite cose è uno sprone per un ricambio di aria nuova. Agli isolani mancheranno i suoi mille passaggi e a lui mancheranno Loro.

Stanotte l'incontro con Piero Moretti, l'alpino pescatore che, prima di salire in barca, ha voluto stringere la mano al Tista, ha saputo che deve andare via. Solo un attimo, poi Marchesi se ne va, deve stringere i tempi alle emozioni. Insegue le luci brillanti dei catarifrangenti posti al limite della sponda, sul lungo lago. “Devi stare attento amico mio, se inciampi cadi nel lago, ricordati sempre che non sai nuotare. Se sei solo, potresti anche annegare”. Non risponde, non perché sia insonnolito come quella barca che si fa cullare dalle onde infreddolite del lago. Lui conosce questa sponda a menadito, va spedito come il buio fosse chiaro, i suoi occhi aquilini sono la sua lampada per la notte.

Poco dopo Marchesi si blocca al fosco porticciolo di Carzana, è inutile che si guardi attorno, non c'è nessuno, è solo una prova, prova le sue emozioni per quando partirà.

Inverte la rotta e punta la Rocca di Sensole, costruita dagli Oldofredi nel XIV secolo, che dall'alto domina il versante sud-est dell'isola, una tappa che non poteva non vedere.

La bella giornata stimola Tista a parlare, ci spiega cosa mangia, mangia sempre, ogni giro dell'isola (nove chilometri) ritorna al civico 12 di Carzano per i suoi piccoli spuntini, ha imparato a far da sé, lo ha imparato a pagina ventuno del libro le “Giovani Marmotte” dove su una chiosa ci sta scritto: “Chi fa da se fa per tre”.

La scodella del latte non può mancare, segue pane e marmellata, una fetta di “Bologna” con formaggi e persino del buon pesce. Non si fa mancare nulla, cerca sempre la banana, un’arancia con dei kiwi sono sempre ben graditi. Lecca il miele ogni tanto, ma il diabete lui non ha. Ecco aggiunge la nutella, se la mangia con le dita alla faccia del galateo. Insomma, la dieta punti non gli va, quella dei beveroni neppure, e le diete che nascono all'alba e finiscono al tramonto. Mangia sempre tutto il giorno, solo la sera prende il piatto del ristorante e se lo porta a casa sua.

Non controlla solo il suo peso, guarda pure le sue scarpe. “Queste non si consumano mai”, dice Tista, “le avessi avute in America, avrei evitato di incollare sotto quelle scarpe, le pezze di copertoni che trovavo lungo le strade”.

Saluta le sue anatre che ha visto per un mese, la barca solitaria che incontra tutte le notti, si ferma varie volte al pontile da dove partirà e tocca il monumento degli alpini a lui molto caro. Al termine della giornata mostra per la prima volta il suo fedele amico e compagno, colui che non lo lascia mai un momento e che per nove mesi lo accompagnerà, è il gps che tiene al polso, l'unico testimone fedele e instancabile.

“Addio mia bella isola, grazie di non avermi respinto stavolta, chissà che a novembre non torni a dirti: grazie!”

Racconto n.13: Battista Marchesi - 19100 km no stop per nove mesi

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Il Passatore? Un viaggio dentro te stesso...

Ultramarathon - Ultra - Aprile 2012

Ad una mia amica che qualche settimana fa mi chiese come fosse la 100km del Passatore, io risposi: “Non posso dirti com’è, posso dirti invece cos’è! E’ una dura e fantastica emozione attraverso gli Appennini, un viaggio dentro te stesso”. Rimase così basita da questa mia affermazione che non proferì parola. Quando, a qualche chilometro dall’arrivo a Faenza, domenica notte ha iniziato a piangere, in quel preciso istante ha capito cosa le volessi dire o, meglio, cosa le volessi trasmettere. Parlare di questa manifestazione, della leggenda e del fascino che l’avvolge è come voler dare un colore ai sogni, una voce ad un ruscello che scorre attraverso i fitti boschi; è un qualcosa di bello che trovar parole per descriver facil non è.

Il Passatore è la storia della 100km, il Passatore è la 100km. Da qui sono passati i grandi, tutti hanno dato e tutti hanno ricevuto da questo cammino attraverso l’Appennino tosco-emiliano che vide le scorribande di tal Stefano Pelloni, meglio conosciuto come Passator Cortese, di cui anche Giovanni Pascoli scrisse. Si sono vissute tante storie, tutte diverse ma con un comune denominatore: la gioia nel tagliare il traguardo a Faenza.

Abbiamo abbracciato l’epopea del grande Calcaterra, visto la leggerezza della Carlin, il volare di Fattore, la potenza della Casiraghi, la saga dei russi e poi ancora Sonia Ceretto, Paola Sanna, il grande Ardemagni, Maria Luisa Costetti, Sartori ed il mito brasiliano Valmir Nunez. Quest’ultimo, ritornato l’anno scorso per festeggiare il ventennale della sua prima vittoria, è arrivato in Romagna in lacrime. Se un uomo, un atleta, un grandissimo atleta come il santista, che ha vinto tra le altre gare la Spartathlon e la Badwater ultramarathon, arriva in piazza del Popolo piangendo, un motivo ci deve pur essere e questo si chiama:100 km del Passatore.

Ho citato dei campionissimi, ma questa è anche la corsa di tutti, degli atleti normali, di chi è alla ricerca di un’emozione, di chi spera di trovare la pace dentro di sé, oppure di chi comunque vuole dimostrare qualcosa a qualcuno o a se stesso.

Quest’anno più di duemila persone si sono radunate a Firenze per la quarantesima edizione di questa 100 km ed a questo punto mi chiedo se è il Passator Cortese che col suo richiamo cerca di sopravvivere dentro ognuno dei partecipanti, oppure se sono gli atleti che giungono e vogliono immedesimarsi nel Pelloni.

Firenze, già piena di turisti, vede già dal mattino presto tutti questi atleti colorati e i loro accompagnatori, li accoglie in grembo e gli mostra le sue grazie. I dialetti si vanno a mescolare alle lingue dei tanti visitatori che guardano divertiti e tutt’intorno un’armonia di suoni echeggia facendo dimenticare il tempo che passa lentamente con qualche goccia di pioggia.

Si vede mezz’ora prima della partenza un campione come Giorgio Calcaterra iniziare il suo riscaldamento, ma subito fermato dal mondo intero che cerca un autografo e magari una foto per immortalare il momento. Lui, con la squisitezza e l’educazione che lo contraddistinguono, non si nega a nessuno ed ha sempre un sorriso per tutti: fantastico!

Io sono giunto a Firenze in mattinata, ho raggiunto gli amici dell’associazione “La Via della Felicità” di cui sono testimonial e, mentre loro distribuivano, gratis, i libricini con i ventuno precetti per un buon vivere (alla fine tra Firenze e Faenza ne saranno stati distribuiti circa cinquemilacinquecento), illustravo agli amici che mi raggiungevano quale fosse il segnale che cercavamo di dare.

Sono andato dopo un po’ a ritirare il pettorale e, a dir la verità, qualcosa di meglio si poteva organizzare visto l’elevato numero di partecipanti. Verso le 13.30 ho iniziato a girovagare per le stradine antistanti via dei Calzaiuoli cercando la tranquillità, ma questa rimaneva una chimera perché, anche con immenso piacere, si materializzavano tantissimi amici che leggono i miei articoli e mi seguono sui social network. E’ stata tutta una festa,uno scattare di foto interminabile, un divertimento assoluto.

Alle 14.50 ormai siamo tutti li, sotto lo striscione della partenza, ci si rende conto che l’avventura sta per iniziare, qualcuno prega, altri ascoltano musica. Le autorità cittadine ci danno il loro saluto e tre, due, uno... si parte.

Ognuno col suo ritmo, ognuno col proprio modo di correre. Io, come sempre in questo tipo di gare, che svolgo come allenamento per altre più lunghe, corro ad un ritmo tranquillo e chiacchiero con tutti. Il mio sguardo presto si posa sullo spettacolo che da Fiesole si gode guardando verso la città.

Mi fermo a tutti i ristori e riparto molto tranquillamente. Dato il mio incedere non velocissimo, tanti amici mi sopravanzano, ma i chilometri passano anche per me. Il tempo scorre ed arriviamo a Borgo San Lorenzo, il passaggio al traguardo volante mi vede felice e sorridente con la mia amica interista Rossella mostrare insieme una bandiera nerazzurra tra l’ilarità degli astanti e la gioia dei fotografi.

Ancora un po’ e poi s’inizia a salire verso il passo della Colla, cima Coppi della gara. La corsa si alterna a brevi tratti di passo e così fino al quarantottesimo chilometro. Lì una festa ci aspetta, tantissimi spettatori applaudono, tanti clacson suonano. Mi fermo un po’ per il ristoro ed il cambio indumenti.

Dopo una decina di minuti riprendo il mio passo verso Marradi, ci sono da correre una quindicina di chilometri e vengono superati con molta facilità. Prossima tappa San Cassiano e poi Brisighella.

Il buio ha sopraffatto la luce, la notte ha inghiottito il giorno e la stanchezza inizia a prendere il sopravvento sulla freschezza. Le luci dei paesi lontani, le lucciole e qualche animale non meglio identificato sono i compagni di strada di tutti noi, ormai assorti nei nostri pensieri. Le luci prima lontane e poi vicine dei borghi, insieme al calore dei volontari ai ristori, sono come manna scesa dal cielo per noi. Ci danno coraggio, ci incitano e ci fanno capire che siamo anche noi i protagonisti.

Accuso un po’ di stanchezza, non fisica, ma mentale. Un grave lutto, due giorni prima, aveva messo in discussione la mia gara. Questo pensiero, il buio e la solitudine mi stavano facendo camminare un po’. All’improvviso però, giunge dalle retrovie, Luisa, una toscana con un carattere molto tosto dietro quella sua faccia d’angelo. Mi chiede di correre un po’ con lei... Inizio a farlo e poi, come m’accade sempre, comincio a stare bene, dopo qualche chilometro non regge il passo e mi sprona ad andare.

Ormai mancano diciotto chilometri e vedo solo Faenza. Come lo squalo col sangue, così io col traguardo... Arrivo ad un chilometro dalla piazza, cinquecento metri e si materializza la figura del grande Emiliano che insieme alla Simonetta hanno seguito gli amici lungo il percorso, si complimenta e vado a tagliare il traguardo guardando il cielo, dedicando questa mia gara alla mia cara nonna che ha deciso di correre verso lidi più tranquilli proprio all’antivigilia della partenza.

Ristoro tranquillo e complimenti agli amici che sono arrivati prima di me. Una delle cose più belle è stata quando mi ha raggiunto la moglie di Max che, felicissima e con una lacrima che le solcava il viso, mi ringraziava perché il marito aveva fatto una splendida gara, avendo dato ascolto a qualche mio piccolo consiglio.

In pullmino verso la palestra, doccia e un bel sonno rigenerante fino al mattino quando Massimo, al settimo cielo, mi raggiungeva e mi ringraziava per quello che avevo fatto per lui, dimenticando forse che a correre fosse stata la sua persona. Anche la mattinata con le premiazioni e la distribuzione degli altri opuscoli de La Via della Felicità passava tranquillamente, poi un sereno ritorno a casa.

Qualcuno vuol sapere il crono finale? Per me è poco indicativo perché giudico la gara dal grado di piacere che provo nel correrla, comunque 10 ore e venticinque minuti. Un tempo alto? No, un buon allenamento e tanta felicità.

Vorrei ringraziare tutti quelli che rendono questa gara speciale, dagli organizzatori ai volontari, da chi sfida la notte per regalarci un applauso a chi monta dei ristori non ufficiali ma comunque pieni di leccornie, dagli atleti ai loro accompagnatori, anche se qualche volta sono indisciplinati e mettono a repentaglio l’incolumità altrui.

Forse il troppo smog e la poca scorrevolezza le uniche due pecche.

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Il Passatore che non piace

Ultramarathon - Ultra - Aprile 2012

100km_Passatore_2012_foto_gruppoEra l’ora che ai naviganti intenerisce il core, ed avevo superato la distanza della maratona. Camminavo solitario sul Colla all’altezza delle cime più alte dei monti circostanti, che mi preannunciavano lo scollinamento imminente. Mi sentii chiamare per nome. Era Hans Drexler che, vistomi da lontano, accelerava il passo per raggiungermi. Non ci vedevamo da un anno, e fummo felici di ritrovarci. Mi presentò gli altri due tedeschi che erano con lui, Bettina Keelan ed Andreas Braun, poi rimanemmo soli. Continuammo a salire l’aspro colle, raccontandoci le ultime avventure. Hans è un medico ricercatore di Braunschweig che si occupa di ematologia oncologica. Ha viaggiato molto ed è poliglotta. Ha corso più di 400 maratone, molte delle quali in Italia. “Questa è l’ottava gara che faccio in Italia, quest’anno”.

Il discorso non poteva che cadere sul Passatore, da lui portata a termine più volte. “Bella gara, percorso interessante, grande sforzo organizzativo con dispiego di volontari e mezzi. Però non rispetta le norme internazionali”. Come non dargli ragione!

Il traffico automobilistico locale è scarso. Il maggior fastidio lo danno le macchine degli accompagnatori, che vanno ripetutamente avanti ed indietro. Quando superano un concorrente, gli iniettano nei polmoni una scarica di CO2; quando sopraggiungono davanti, lo accecano con i fari, rischiando di farlo precipitare nella cunetta.

Il Passatore è bene organizzato, e mette a disposizione tre bus per il cambio indumenti, un’infinità di ristori, un ineccepibile sevizio sanitario ed un folto gruppo di fisioterapisti. Non c’è proprio bisogno di un’assistenza integrativa, proibita dalle norme FIDAL e IAAF, che altererebbe i valori in campo. Tutti i concorrenti vanno trattati allo stesso modo. Proibire l’accompagnamento con la macchina serve anche a ridurre al minimo certe tentazioni.

Altre disposizioni sono discutibili, come il divieto di gareggiare con apparecchi alle orecchie e l’obbligo di indossare la maglia della società di appartenenza o maglia bianca senza sponsor, ma sempre leggi sono. Negli Stati Uniti, permettono l’auricolare ad un solo orecchio, però i sorpassi devono avvenire dal lato dell’orecchio libero!

Dovrebbe essere la sensibilità degli atleti a garantire il rispetto delle regole.

Ma se gli atleti non hanno questa sensibilità, l’Organizzazione non può limitarsi a consegnare al centista un foglietto in cui vengono rammentati i regolamenti. Deve, soprattutto, farli rispettare. Questo manca al Passatore per diventare una grande gara internazionale. Quel salto che non gli riesce da quarant’anni.

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Ultimo aggiornamento (Venerdì 01 Giugno 2012 14:02)

 
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