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Pistorius, protesi e polemiche

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Pistorius_Oscar_protesiUna posizione curiosa quella presa da Oscar Pistorius, dopo la finale dei 200 metri alle paraolimpiadi. Gara con un esito che ha fatto notizia perché l’atleta sudafricano, campione in carica, è stato battuto dal brasiliano Alan Oliveira, già autore in semifinale di un sensazionale 21”30 (nuovo record mondiale).

Pistorius ci teneva parecchio a questa gara così come alla tripletta 100-200-400, anche perché, salvo sulla distanza più breve, era il favorito della vigilia.

Al termine dei 200 metri Pistorius ha infatti esternato la sua insoddisfazione perché le protesi del carioca lo alzavano di 5 cm, osservazione peraltro confermata dallo stesso staff di Cardoso.

La tesi implicita è che tali “attrezzi” (utilizzati peraltro anche da altri rivali) forniscano una “leva più potente”e quindi un vantaggio che hanno consentito al brasiliano di precederlo sul traguardo sebbene per pochissimi centesimi di secondo. Peccato che i regolamenti non lo impediscano.

Il “problema” è semmai di Pistorius, che non modifica le sue dal 2004, ovvero da quando ha ottenuto dal TAS il permesso di correre con i normodotati, ma utilizzando solo quel determinato tipo di protesi.

Insomma, dopo una vita passata a far valere le sue ragioni al CIO (e modestamente ricordiamo che la nostra testata ha sempre sostenuto la crociata del sudafricano) ci sembra che stavolta, malgrado le successive scuse, il simpatico Pistorius sia scivolato sulla classica buccia di banana. Può capitare.

rodolfo.lollini@podisti.net

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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 05 Settembre 2012 03:19)

 

Olimpiadi Londinesi: tra Phelps e Bolt vince Coe

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Logo_Londra_Olimpiadi_2012Tirare le personali somme di questa olimpiade, tra le meglio organizzate delle ultime edizioni non è proprio facile. Non si sa a quali parametri associarsi e non si sa da dove partire tante sono state le emozioni, nel bene soprattutto, e in forma veramente minima, nel male. Inevitabile piazzare, come ad ogni grande competizione sportiva, e le olimpiadi, o meglio i giochi olimpici estivi, sono in assoluto il top, la star dell’evento. Sul podio finale c’è spazio per molti, ma Londra 2012 fra tanti anni sarà inevitabilmente e giustamente ricordata con il nome di un campione. Lo dice la storia e l’abitudine al sentito dire che parte da lontano. E’ sempre stato così, ma prima di mandare sull’olimpo la star e consegnare alla storia dello sport tale profeta, bisogna tornare indietro e ripercorrere le passate edizioni, ricordare le gesta e gli autori. E l’accoppiata nome-città tramandata verbalmente nei tempi e scritta nei testi ci porta ancora a Londra, ma nell’edizione dei giochi olimpici del 1908, la 4^ dell’era moderna dopo Atene, Parigi e Sant Louis nel Missouri. Fu senza dubbio l’olimpiade di Dorando Pietri, del nostro maratoneta squalificato nonostante avesse tagliato il traguardo per primo perché sorretto dai giudici che lo vedevano barcollare. Anche nel 1936 a Berlino un grande campione offuscò le 89 medaglie della Germania che si piazzò prima nel medagliere, tale Jesse Owens nero americano che innervosì non poco Hitler, diventando con quattro ori una leggenda dell’atletica leggera. Per gli italiani furono invece le olimpiadi della nazionale azzurra di calcio che vinse l’oro guidata da Vittorio Pozzo. A Roma, nel 1960, gran parte della meritata gloria se la conquistò Livio Berruti vincendo i 200 metri con il record del mondo, ma la città eterna vide anche nascere il mito di Abele Bikila, l’etiope che si impose nella maratona, correndo senza scarpe, bissando poi il successo quattro anni dopo a Tokyo 1964 nei primi giochi olimpici trasmessi via satellite. A Città del Messico, nel 1968, Bob Beamon fece scalpore con un salto lungo 8 metri e 90 centimetri ancora oggi primato olimpico e seconda miglior prestazione di sempre. A distanza di 44 anni e nonostante l’altezza della capitale centroamericana e le particolari condizioni del vento, quel gesto tecnico viene ricordato tra i più significativi nella storia dell’atletica leggera, lo sport più importante e catalizzatore dei giochi olimpici estivi. Monaco 72, ventesima edizione, invece è tristemente ricordata per la morte di 11 atleti israeliani uccisi da un commando palestinese. L’atto terroristico compiuto in Baviera che da allora ha cambiato le misure di sicurezza dei più grandi eventi sportivi del mondo, macchiò di sangue le emozioni per le sette medaglie nel nuoto conquistate da Mark Spitz e per l’incredibile e assolutamente inaspettata sconfitta degli americani nel basket contro l’Urss. Nel nuoto l’Italia conquista tre storiche medaglie (2 bronzi e 1 argento), mai successo prima sia in campo maschile che femminile con la padovana Novella Calligaris che anticipa di oltre 30 anni l’altra medaglia della veneziana Federica Pellegrini ad Atene 2004. Si arriva quindi a Mosca, l’olimpiade del boicottaggio americano e di molte altre nazioni. L’Italia ci va comunque e vince i 200 metri con Pietro Mennea e il salto in alto con Sara Simeoni, mentre Maurizio Damilano raccoglie la prima medaglia olimpica, questa d’oro, sulla marcia 20km. La Gran Bretagna e l’Europa nel mezzofondo scopre Sebastian Coe che, 32 anni dopo, sarà ottimo organizzatore dei giochi appena conclusi e a oggi uno degli uomini più potenti dello sport non solo inglese. Dopo Montreal, dove l’Italia raccoglie il peggior successo della storia con sole 13 medaglie (tra cui l’ultima delle 5 raccolte dal più grande tuffatore italiano, Klaus Dibiasi ,che le ha vinte in 4 olimpiadi, con il record delle tre d’oro consecutive), unica olimpiade estiva tra l’altro disputata in Canada, che invece ne ha organizzate due memorabili nei giochi invernali (Calgary 1988 e Vancouver 2010), gli Stati Uniti tornano assoluti protagonisti con Los Angeles 84. La Russia ricambia il “favore” rimanendo a casa e gli americani ne approfittano conquistando l’incredibile somma di 174 medaglie. L’Italia, record attuale, vince 14 ori e torna in alto. Il nostro paese si fa lustro con tanti atleti, ma il sorriso più contagioso arriva dall’atletica leggera, è quello della veneta Gabriella Dorio che vince senza il ruolo di favorita l’oro nei 1.500 metri. Ma l’uomo di Los Angeles è senza dubbio Carl Lewis, il figlio del vento sale sul gradino più dorato del podio per ben 4 volte. A sorpresa, nel medagliere generale, si piazza seconda la Romania, nonostante il ritiro pochi mesi prima della più grande ginnasta di tutti i tempi, quella Nadia Comaneci che incantò sia a Montreal che a Mosca vincendo in due edizioni 9 medaglie di cui 5 d’oro. Dalla gloria all’infamia con Seul 88. Il doping, che esisteva già prima, ma con meno sostanze e soprattutto meno controlli, la fa da padrone in Corea. L’uomo copertina è il canadese di origine giamaicana Ben Johnson che nel giro di pochi giorni batte Carl Lewis, fa il record del mondo dei 100 metri e viene squalificato per uso di sostanze stimolanti. Fa doppietta nei tuffi l’americano Greg Louganis, il più grande di tutti i tempi, nonostante la paura perché andò a sbattere con la testa contro il trampolino durante un tuffo, ma dopo le medicazioni riuscì a concludere la prova e a centrare la finale, dove vinse la sua quarta ed ultima medaglia d’oro della sua inarrivabile carriera. Per noi italiani è soprattutto l’olimpiade di Gelindo Bordin che vince la maratona superando nel finale i due africani favoriti. Tornano in Europa i giochi olimpici e per la prima volta fanno tappa in Spagna nella solare Barcellona. La novità a livello di nazioni è rappresentata dalla Squadra Unificata, cioè l’insieme di 12 stati vicini politicamente e geograficamente alla Russia che fanno man bassa di medaglie. Alla fine sarà primo posto con 112 metalli di cui 21 dalla sola atletica leggera, sport dove l’Italia invece fa la peggior figura olimpica con un solo bronzo raccolto nella marcia 20km da Giovanni De Benedictis. E’ l’olimpiade dell’exploit delle giovani nuotatrici cinesi che vincono praticamente tutto tra il sospetto generale, mentre a livello di squadre l’impresa la fa la pallanuoto maschile, il Settebello allenato da Ratko Rudic, quello che oggi è considerato il più grande allenatore di pallanuoto mai esistito, capace di vincere 4 volte l’olimpiade con tre squadre diverse. L’ultimo trionfo con la Croazia a Londra battendo in finale proprio l’Italia guidata a bordo piscina da Sandro Campagna suo allievo ed ex giocatore di quel Settebello dorato a Barcellona. All’olimpiade spagnola, anche se in modo completamente diverso, è legata anche la squadra di pallavolo maschile. E’ l’unica competizione in cui la generazione di fenomeni nei 10 anni di supremazia mondiale, non andò a medaglia, piazzandosi clamorosamente al 5° posto e chiudendo poi il bilancio olimpico (Atlanta, Sidney, Atene) con tre medaglie ma senza l’oro. In Catalogna pianse anche il favoritissimo Sergej Bubka, il più grande astista della storia (nessuno è ancora arrivato al suo record di 6 metri e 14 centimetri) che non si qualificò per i salti finali, classificandosi addirittura 11°. E tre anni dopo le lacrime bagnano il mondo del ciclismo che piange la morte di Fabio Casartelli durante una discesa al Tour de France del 95, ma oro a Barcellona nella prova su strada. Lì al sole si chiude l’era trionfale dei fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale con Peppiniello Di Capua che vincono l’argento dopo i due precedenti ori nel Due con di canottaggio conquistati a Los Angeles 84 e Seul 88. Nel 1996 i giochi olimpici tornano a sorpresa in America, sembrava averla spuntata Atene, ma Atlanta si aggiudicò l’organizzazione fortemente appoggiata dall’industria di casa Coca Cola che sponsorizzò l’evento sborsando cifre pazzesche. Ci fu un attentato al villaggio olimpico con 1 morto e oltre 100 feriti, ma lo sport non si fermò e regalò emozioni. Furono i giochi di due velocisti capaci di un primato mai raggiunto prima e che tutt’ora resiste: vincere 200 e 400 metri nella stessa edizione. In campo maschile trionfò l’atleta di casa Michael Johnson, che in parte oscurò il 4° oro in 4 edizioni olimpiche di Carl Lewis nel lungo, e al femminile conquistò l’oro la franco-caraibica Marie José Pérec che fece doppietta come la russa Svetlana Masterkova che salì sul gradino più alto sia negli 800 che nei 1.500 metri. Straordinario fu soprattutto il 19:32 sui 200 metri del texano che prima delle olimpiadi ai trials americani fece cadere il 19:72 di Pietro Mennea che durava da 16 anni. Quel tempo, marziano per l’epoca, ancora oggi il terzo di sempre, è durato finché non si è presentato in pista un certo Usain Bolt, 12 anni dopo. Ma Johnson è ancora oggi il migliore della storia sul giro di pista con quel 43:18 che nessuno ha ancora battuto. Atlanta vide anche l’oro della splendida bulgara Stefka Kostadinova con 2,05 nel salto in alto, attuale record olimpico dell’ancora primatista mondiale. L’Italia chiuse benissimo con l’ottimo 6° posto nel medagliere (tra gli ori, indimenticabile quello del ragioniere Alberto Cova nei 10mila metri e agli anelli di Jury Chechi) ben rappresentata e incentivata negli anni dall’italiano Primo Nebiolo potente presidente della IAAF (la federazione mondiale di atletica leggera) dal 1981 fino alla morte avvenuta nel 1999. Cambia il millennio e la planetaria scena sportiva si sposta in una delle città meglio vivibili al mondo, a Sidney nella grande Australia. E’ il 15 settembre del 2000 quando l’aborigena maori Cathy Freeman passa alla storia accendendo come ultima tedofora il braciere olimpico in mondovisione nello stadio più costoso e grande del mondo. In pista vestita con una tuta spaziale che le copre anche il capo vince invece l’oro nei 400 metri, mandando in estasi non solo l’olimpico Stadium Australia riempito da 110mila spettatori, e un continente intero, ma la comunità mondiale dei disadattati. E’ lei l’immagine simbolo delle più belle Olimpiadi della storia dove tutto ha funzionato alla grande. L’Italia porta a casa tanto, ma è nel nuoto che strappa molti applausi con 6 medaglie raccolte da Domenico Fioravanti che va a prendersi l’oro sia nei 100 che nei 200 rana e con Massimiliano Rosolino che fa tripletta conquistando un podio per metallo. In piscina però la parte del leone la recita in assoluto l’atleta di casa Ian Thorpe che diventa 5 volte campione e fenomeno da copertina dentro la stessa vasca dove esordisce un 15enne di Baltimora di nome Michael Phelps che a Londra 2012, passando per Atene 2004 e Pechino 2008 diventerà mito vivente. In campo femminile dentro la pista vince tutto una delle più belle velociste, l’americana Marion Jones che va sul podio 5 volte tra 100, 200, staffette e lungo, ma sette anni dopo deve restituire gloria, medaglie, denaro e primati per doping. Sempre a Sidney è legata una delle finali dei 100 metri più veloci della storia senza giamaicani. Si aggiudica l’oro il piccolo americano Maurice Greene assoluto dominatore della velocità nel mezzo tra gli anni di Carl Lewis e Usain Bolton prima e dopo il 2000, davanti a Ato Boldon di Trinidad e Tobago e a Obadele Thompson delle Barbados che anni dopo diventerà il terzo marito proprio della Jones. Più di 100 anni dopo, la fiaccola illumina ancora Atene che batte Roma e Città del Capo e si aggiudica l’edizione numero 28 dei giochi olimpici. Per la prima volta partecipano tutti gli stati del mondo che hanno un Comitato Olimpico per un totale di 201 nazioni e 10.625 atleti. Tra i paesi che prendono parte ci sono anche le sconosciute isole Kiribati dell’Oceania e le Timor Est nell’area indonesiana. Il doping torna pesantemente e tre neo campioni olimpici devono restituire la medaglia pochi giorni dopo averla conquistata, il segnale è forte. Non fila tutto liscio, la macchina organizzativa non è delle migliori, ci sono problemi e anche proteste, il popolo greco è già in crisi economica e la grande vetrina mette in luce anche grandi preoccupazioni. A livello di squadre è l’olimpiade dell’Argentina che per la prima volta vince l’oro sia nel calcio (terza l’Italia) senza subire neanche una rete, sia nella pallacanestro battendo in finale la nostra nazionale che invece arriva prima nella pallanuoto femminile. L’Italia invece fa cappotto nella scherma conquistando ben 7 medaglie, due in più rispetto a Sidney. Ma è dal nuoto che arrivano i record: 8 medaglie per Michael Phelps, con 6 ori e 2 bronzi, la leggenda vivente inizia a mettere firme pesanti sulle pagine di questo sport. Nei 200 metri stile libero inizia a farsi notare la nostra Federica Pellegrini che si prende l’argento all’età di 16 anni e porta una medaglia all’Italia 32 anni dopo Novella Calligaris. Nella ginnastica italiana arrivano tre medaglie: una d’oro per Igor Cassina alla sbarra, l’argento per la ritmica a squadre e il bronzo per il signore degli anelli Jury Chechi. La manifestazione si chiude come al solito con la maratona e lì l’Italia abbraccia il suo campione Stefano Baldini che il 29 agosto manda in estasi la nazione, tagliando per primo il traguardo dei 42,195 metri nella stessa terra dove nacque la corsa podistica più importante e affascinante del pianeta. Sull’impresa di Baldini contribuì non poco la drammatica vicenda di Vanderlei de Lima. Il brasiliano di Paranà era in testa da metà gara, con il nostro Baldini secondo, ma venne spintonato e spaventato al 35° km da Neil Horan (il folle teologo irlandese che un anno prima era entrato in pista durante il Gran Premio di F1 a Silverstone), perdendo così preziosi secondi e finendo terzo in classifica dopo Baldini e l'eritreo di Asmara naturalizzato statunitense Mebrahtom Keflezighi che dopo la guerra nel suo paese si rifugiò in Italia. Baldini si prese la fama e a oggi è ancora il miglior maratoneta italiano con il primato italiano di 2:07:22 realizzato a Londra nel 2006. Finita l’euforia greca che ha lasciato un paese alla deriva economica, dove le spese per l’olimpiade non saranno mai più ripianate, quattro anni dopo la macchina olimpica si sposta a Pechino (Beijing 2008) nell’immensa e poco conosciuta Cina. L’inaugurazione trasmessa in tutto il mondo con immagini per la prima volta in alta definizione è datata 8/8/2008 alle ore 20:08, un numero fortunato per il popolo cinese che ospita le olimpiadi più costose della storia con l’incredibile investimento di 41 miliardi di dollari. Fiore all’occhiello è lo Stadio Olimpico, il “nido d’uccello” per la sua particolare forma disegnato dagli architetti svizzeri Herzog & de Meuron, che qualche anno prima hanno dato vita anche allo stadio Allianz Arena a Monaco di Baviera, per tanti il più bello e avveniristico del pianeta, sede della finale del mondiale di calcio del 2006. A Pechino, oltre al problema sicurezza, qui secondario, c’è il problema inquinamento. Si varano misure pazzesche per pulire l’aria di una delle città più invivibili del mondo sotto questo punto di vista. Si ritirano auto vecchie, si chiudono le fabbriche, il governo le studia tutte, arrivando persino a soffiare il cielo sopra agli impianti con enormi ventilatori. Molti atleti prima di partire si lamentano, alcuni minacciano di disertare l’evento, ma poi una volta giunti sul posto si dimenticano tutto e pensano alle gare. Sono 28 gli sport in gara, esordiscono la Bmx e in pista i 3mila siepi al femminile. Nel nuoto si aggiunge la maratona dei 10km sia in campo maschile che femminile. La Cina ovviamente stravince e fa record su alcune discipline molto tecniche come la ginnastica (18 medaglie, di cui 11 d’oro) e i tuffi con l’altro record di 7 medaglie d’oro su 11 totali. La Cina delude invece le attese nel nuoto perché vince sette medaglie ma solo una è d’oro. Alla fine saranno 100 le medaglie cinesi totali (record) di cui 55 del metallo più pregiato. In piscina non deludono invece gli Stati Uniti che scrivono la storia. Arrivano perfino a spostare per la prima volta gli orari delle gare del nuoto: finali al mattino e batterie al pomeriggio per permettere agli americani di guardare nel migliore orario serale le bracciate del più grande di tutti i tempi. Tutto per Michael Phelps che non delude le attese e il suo stesso pronostico e si mangia tutti i rivali, vincendo da solo 8 ori, uno in più di Spitz a Monaco 72. L’Italia fa bene e consegna alla storia il padovano Rossano Galtarossa che vince l’argento a squadre nel canotaggio con il record di salire sul podio in 4 olimpiadi. Meglio negli ultimi 20 anni hanno fatto solo Valentina Vezzali e Giovanna Trillini nella scherma e Josefa Idem nella canoa. Ma Pechino è legata soprattutto a Usain Bolt che fa impazzire il mondo vincendo 100, 200 e staffetta 4x100 con tre record del mondo. Dei tre primati che issano anche la sua Giamaica al primo posto nella velocità, dopo un dominio lunghissimo degli americani, è stratosferico quello dei 100 con il cronometro che si ferma a 9:69 con Bolt che rallenta gli ultimi 30 metri per festeggiare. Gli ultimi giochi olimpici si sono appena conclusi e hanno consegnato alla storia sportiva altri indimenticabili momenti. E’ luglio del 2003 quando 9 grandi città del mondo presentano la loro candidatura per ospitare la 30^ edizione dei giochi estivi del 2012. Sono L'Avana, Istanbul, Lipsia, Mosca, Londra, Madrid, New York, Parigi e Rio de Janeiro. Due anni dopo a luglio del 2005, rimangono il lizza solo 5 città e alla fine dopo la 4^ votazione avvenuta a Singapore se la giocano solo Parigi e Londra. E’ una sfida di potere prettamente politico tra Jacques Chirac e Tony Blair e alla fine per soli 4 voti la spunta Londra. Quello che abbiamo potuto ammirare dal 27 luglio al 12 agosto, per la prima volta anche in 3D, è stato sicuramente l’evento sportivo più umano nella storia, l’olimpiade più “sportiva” di sempre per il grande fair play manifestato dagli inglesi sugli spalti e dagli atleti in gara. Si sono rotti muri granitici e superati confini impensabili fino a non molti anni fa. Ha vinto lo sport questa volta, che piace ancora di più quando è umano. Tante le imprese, ma pochi i record del mondo, alcuni scontati, altri imprevisti. Tra le sorprese ci sono ori incredibili e assolutamente impronosticabili: quello dell’americano David Boudia nei tuffi dai 10metri che si lascia alle spalle il favoritissimo cinese Qiu Bo e dove i cinesi perdono anche dai 3 metri dove avevano sempre vinto. Il lancio del giavellotto che porta a vincere lo sconosciuto Keshorn Walcott atleta di Trinidad e Tobago dove non c’è traccia di predecessori praticanti. Sempre nell’atletica la 4x400 maschile vede il trionfo delle Bahamas contro gli Stati Uniti primatisti. Il Brasile strafavorito perde la finale di calcio contro il Messico, ma si rifà, chi l’avrebbe mai detto, nella ginnastica agli anelli che regala all’Italia il bronzo grazie a Matteo Morandi, con il podio più alto conquistato da Arthur Nabarrete Zanetti. Va alla medaglia d’oro nello Judo femminile (categoria 63kg) battendo cinesi e giapponesi la slovena Urska Zolnir, dove la nostra Rosalba Forciniti (52kg) ci regala il bronzo. Stupiscono, ma sono tutte meritate le 7 medaglie d’oro del Kazakistan che fa 13 in totale classificandosi 12° nel medagliere olimpico di Londra grazie ai muscoli dei sollevatori di peso che fanno cappotto (4 medaglie) e al pugilato. Le sorprese sono diluite, ma la più grande arriva in chiusura con l’ugandese Stephen Kiprotich che vince la maratona in mezzo ai favoriti keniani e brasiliani. Sono tutti momenti inaspettati, come quello, ecco l’emozione nel male, che arriva il 6 agosto che annuncia la positività all'eritropoietina di Alex Schwazer. L’ex campione olimpico di Pechino non è ancora a Londra e il Coni gli stoppa subito l’arrivo al Villaggio Olimpico. L’11 agosto la 50km di marcia non lo vedrà al via, per lui carriera e gloria rovinata per sempre. E’ il momento più basso per la spedizione azzurra in questi giochi, ma gli altri, pur scossi, non si fermano e tornano a regalarci emozioni. Alla fine il bottino sarà importante: 28 medaglie (8 d’oro, 9 d’argento e 11 di bronzo). Bene come sempre la scherma con la Vezzali che fa il record di medaglie e la Idem di partecipazioni, male il nuoto e l’atletica, dove vanno applauditi invece la timida Martina Grimaldi nella 10km di fondo e il mai domo Fabrizio Donato nel triplo. Chiudono con il bronzo, ma mettono d’accordo tutti per sacrifici e dedizione. Tra chi luccica d’oro e ci fa sentire un popolo sicuro e forte Niccolò Campriani nella carabina e Daniele Molmenti nella canoa, si distinguono. La calma del toscano e i bicipiti del friulano sono armi contagiose forse più della scherma che ancora una volta porta in dote la bellezza di 7 medaglie. “Siamo nel G8 dello sport” dice il presidente del Coni Gianni Petrucci che aveva pronosticato 25 medaglie, ma ancora una volta, chiusi i giochi, per molti nostri medagliati il rischio anonimato è alto. Impariamo quindi che Molfetta non è solo la città in provincia di Bari, ma è anche il nostro Carlo che ha vinto l’oro nel Taekwondo, che Rossi, Jessica, non è una delle tante Rossi del nostro paese, ma è la nuova campionessa olimpica di tiro a volo, con 99 centri su 100 (record mondiale). Nei momenti magici di questa splendida olimpiade oltre a alla velocità di Bolt e al torace di Phleps ricordiamoci di questi nostri portacolori. Ci sono le gesta (olimpiche) e gli autori. Momenti e Molmenti. Sorrisi e lacrime. Primati battuti e sogni infranti. Ma tra tutti ha vinto lui, lord Sebastian Coe che da sportivo prima e da dirigente poi, ha organizzato una splendida olimpiade spendendo meno dei cinesi a Pechino. A due passi da casa nostra e prima di consegnare alla brasiliana Rio de Janeiro, oneri e onori. Ha vinto lui, prima di ogni sfida e dopo la chiusura. Londra 2012, l’olimpiade di Coe.

Logo_RunitalyRiccardo Solfo - segretario regionale Ussi Veneto e giornalista di Tuttosport

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Ultimo aggiornamento (Lunedì 20 Agosto 2012 00:12)

 

Una tabella per Arese

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Vigano_Luigi_2012_Monza_Parco_Foto_Roberto_MandelliMa chi la redige? Questo il problema. Viste le dichiarazioni after London del nostro Presidente, è chiaro che soffre di una eccessiva produzione di acido lattico che gli annebbia certamente la vista e, forse, anche la testa.

E’ evidente che l’apparato Federale nel suo complesso non è stato capace di redigere al suo Lider Maximo una tabella che lo avrebbe aiutato a mantenere i piedi per terra, che gli avrebbe mantenuti aperti gli occhi, che gli avrebbe permesso di non prendersi in giro pensando che anche come dirigente è stato quel grande campione che è stato da atleta e, soprattutto, di non prendere in giro la base federale tutta. La sua visione è condivisa solo da coloro che gli hanno “confezionato” la tabella sbagliata, quella che non è riuscita a ridurre la produzione di acido lattico e in seconda battuta, accelerarne lo smaltimento. Poi, è ovvio, nessun tecnico ammette di aver sbagliato la tabella (chi di voi ne conosce uno?) ma, il fallimento (o la colpa) è sempre in carico all’utilizzatore finale. A pensarci bene, questo parallelismo potrebbe essere applicato anche al caso Schwazer…….

Ma non usciamo dal seminato. E allora mi rifaccio a una paginetta pubblicata da PN nella quale illustravo criticamente la preparazione e la divulgazione/vendita delle tabelle. E scrivendo mi chiedevo: “ Possiamo avere la convinzione che questo modo di “tabellare” la massa non produce campioni, che certamente produce qualche buon atleta degno di questo nome ma che senz’altro produce molti nani ed altrettante ballerine?”

Temo di aver commesso un grosso errore se debbo riconoscere, a distanza di pochi mesi, che non è solo la massa ad essere intossicata da modi spannometrici e farlocchi di metterla in tabella. E’ colpito anche il vertice Federale, cioè quell’Ente che per Statuto, deve percorrere strade se non contrarie, almeno diverse.

E la parte intermedia della Federazione? Se nessuno farà sapere al Presidente che lui ci ha descritto un’altra Olimpiade, se nessuno gli dirà che il re è nudo, ebbene, credo proprio che anch’essa sia in uno stato di acidosi al limite della cronicità. Che spera di risolvere tra qualche mese, attraverso una tornata elettorale che già fin d’ora presenta sintomi evidenti di intossicazione.

Riassumendo: credo sia possibile parlare di epidemia se partendo dalla base (tesserati e società sportive), passando, con livelli di intossicazione tra di loro molto diversi, alla parte intermedia della federazione (comitati provinciali e regionali, gruppo Giudici, apparati tecnici e medici), per giungere al Consiglio Federale, notiamo una più o meno accentuata esondazione di acido lattico.

Qualsiasi epidemia non si cura con l’aspirina, ovvero con tabelle farlocche. E qui si ritorna daccapo. Chi è in grado di redigere la tabella della guarigione? Dal mio modesto osservatorio non riesco a vedere alcuna via d’uscita. Però sono ugualmente fiducioso perché anche le epidemie più virulente hanno in sé un antidoto che entra in funzione se abbinato all’esercizio della quarantena.

Presidente, uso con te il “tu” sportivo in omaggio e riconoscenza al tuo grande passato: pensaci. La quarantena, per essere efficace, deve essere fulminea. Quindi pensaci in fretta. E ci pensino anche molti di coloro che avrebbero dovuto preparartela, la tabella.

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(Foto di Roberto Mandelli - Podisti.Net)

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Ultimo aggiornamento (Martedì 14 Agosto 2012 11:12)

 

Arese: abbiamo fatto il nostro dovere

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Arese_Franco_2012_foto_Roberto_Mandelli“Per prima cosa voglio fare i complimenti al Comitato Organizzatore dei Giochi, ed in particolare a Sebastian Coe. Da quando sono nel mondo dell’atletica, non avevo mai visto così tanta gente assistere ad un nostro evento. Lo stadio ha fatto registrare sempre il tutto esaurito, al mattino e al pomeriggio. Un lavoro davvero straordinario”. Comincia così, con un elogio all’organizzazione “Made in UK”, l’analisi olimpica del presidente della FIDAL, Franco Arese. “Noi abbiamo vissuto giorni molto difficili, e non credo sia necessario spiegare il perché. Sono felice del fatto che la squadra, dopo lo choc iniziale, abbia saputo reagire bene, ed in particolare che Fabrizio Donato e Daniele Greco abbiano saputo interpretare la loro gara in quel modo. Come avevo detto alla vigilia, con una medaglia avremmo fatto il nostro dovere, con due sarebbe stato un successo. C’è mancata la seconda medaglia, è vero, ma devo dire che il livello delle competizioni è stato davvero eccezionale. Ed in più, il mondo avanza: sempre nuovi paesi si affacciano alla ribalta, e sono in grado di conquistare successi anche in specialità tecniche, come è successo ieri sera nel giavellotto, vinto da un atleta di Trinidad”. Arese elogia gli azzurri che hanno conquistato un posto nei primi otto: “Triplisti a parte, voglio congratularmi con Nicola Vizzoni: andare in finale alla quarta Olimpiade non è cosa da tutti, e credo siano state molto, molto brave, anche Valeria Straneo ed Elisa Rigaudo. In generale, mi pare che i ragazzi, pur con qualche eccezione, abbiano fatto ciò che era nelle loro possibilità. Sono però consapevole delle difficoltà che vive il nostro movimento, ed è per questo che credo che il futuro dovrà impegnare l’atletica italiana nella ricerca di strade nuove. Inutile, però, pensare a progetti faraonici, i tempi sono tutt’altro che maturi. E’ possibile che arrivino nuovi tagli di bilancio, e dunque non ha senso immaginare che, per toccare uno dei principali problemi dello sport italiano, la scuola possa fare dei passi verso di noi. Anzi, da primo settembre verranno revocati anche gli ultimi distacchi degli insegnanti di educazione fisica di cui ci avvaliamo”. Sulla via tecnica da disegnare per il prossimo quadriennio, interviene il DT Francesco Uguagliati: “La vera sfida dell’atletica italiana è quella di completare il grande lavoro fatto con i giovani in questi ultimi anni, portando i migliori di loro ad inserirsi stabilmente al vertice. Dietro a quelli che avete visto qui, per fare qualche nome, Bencosme, Tamberi, la Hooper, ce ne sono tanti altri che possono diventare i Greco della prossima edizione dei Giochi Olimpici”. Nel frattempo, però, vanno tutelati gli atleti già affermati. Con i quali, la sottolineatura è inevitabile, più di un problema è emerso negli ultimi tempi. Perché? Il presidente Arese non ha dubbi: “Mi pare che la Federazione abbia fatto tutto quel che era possibile. Sempre, in ogni caso. Antonietta Di Martino è un’atleta molto corretta, che ha sempre seguito le indicazioni della FIDAL; ma se interviene un infortunio, che cosa possiamo fare? Per quanto riguarda Howe, abbiamo fornito assistenza continua, in tutte le forme possibili: e per l’Olimpiade di Londra, gli è stato chiesto di far parte del gruppo della staffetta, seguendone ovviamente il programma di attività. Diciamo che per loro due, semmai, l’obiettivo è rimetterli nelle migliori condizioni in vista del Mondiale di Mosca del prossimo anno. E poi, consentitemi, includiamo nel discorso anche le società: le responsabilità, come i meriti, vanno suddivise in parti eguali, altrimenti non è possibile andare avanti”. Il discorso tocca anche il rinnovo delle cariche elettive della Federazione. “Sì, mi ricandiderò. In dicembre andremo alle elezioni, e se non sarò eletto, pazienza. Non ne ho mai fatto una questione personale, e ho la coscienza a posto”. Lavoro sui giovani, impianti d’avanguardia. Il Presidente rilancia: “Il CONI ha ristrutturato la pista della scuola di Formia, e ne siamo felici. Adesso, va completata la zona lanci, perché il Centro diventi il vero polo dell’atletica italiana. Io i nostri migliori atleti li immagino lì, ad allenarsi con le migliori condizioni possibili”.
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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 15 Agosto 2012 13:24)

 

Alex Schwazer: le domande dell'uomo della strada...

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La vicenda di Alex Schwazer fa schifo, come tutte le altre in cui un atleta arriva a doparsi, ma, come dicono altri, a me Alex Schwazer fa tanta pena.

Dalla sua storia nascono delle domande alle quali, noi tutti appassionati di sport, pretendiamo delle risposte.

Come si fa a comprare l'EPO su internet e chi l'ha fornito a Alex Schwazer?

Se sarai l'unica probabile medaglia tricolore in atletica a Londra ... E' possibile isolarsi da una federazione fino a fare ciò che vuoi?

In un paese che non investe nei suoi campioni, la solitudine di Alex Schwazer è la conferma di questo stato di cose. Chi doveva proteggerlo?

Lasciarlo cosi solo non c'è il rischio di un altro Pantani?

Come fa un allenatore a non sapere perché il proprio atleta migliora dopo una fase negativa?

Come faceva la notte Alex Schwazer ad alzarsi e correre senza destare sospetti?

Chi ha allertato la Wada?

Il Coni non poteva anticipare le mosse della Wada?

Se fosse arrivata la medaglia...tutti allegri e contenti, vero?

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