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Lignano S. (UD) - European Master Games

Friuli Venezia Giulia - Primapagina

Campione M60 sui diecimila metri

Siamo in venticinque dagli M60 agli M 80 in questo caldissimo pomeriggio di sole di metà settembre allo stadio Teghil di Lignano per i campionati europei master, provenienti da una decina di nazioni europee. I russi in particolare fanno un pre-gara frenetico, con strani esercizi di stretching e riscaldamento. Tutti magri, scattanti, espressione determinata, nonostante i segni del tempo colpiscano equamente sotto tutte le latitudini.

Mi dico: “Quo vadis Brunello? Riuscirò a fare una figura dignitosa?”

Allo sparo il russo Gannedy Marmuschev scatta come morso da una tarantola, tutti gli altri dietro. Io mi piazzo in centro gruppo ma al rettilineo opposto trovo una posizione ottimale al quarto posto dietro a un ucraino alto e dalla falcata elegante e un ceco dall'aria ingrugnita. Inutile ricordare che i capelli sono tutti più o meno dello stesso colore, atleti fin che si vuole, ma abbiamo tutti sessanta o più anni.

Intanto, Gannedy fa corsa a se, là davanti. Seguo l'ucraino e il ceco per due giri, a 1'38" al giro, mi accorgo che posso fare di meglio e supero. Sono secondo. L'ucraino mi risupera, ma ritorna dietro subito dopo. Penso: questo o vuole fare come il gatto col topo, sfinirmi e pugnalarmi alla fine, oppure è proprio più debole. C'è un solo modo per saperlo. Così allungo e, meraviglia delle meraviglie, resta indietro, dieci venti metri ma si allontana, lentamente ma costantemente. Lo rivedrò all'ottavo chilometro, quando lo doppierò.

Così la partita è tra il russo e me, insomma l'argento è assicurato; oltre le più rosee aspettative. Dopo il terzo chilometro comincia lo show dello speaker: la sagra dell'ottusità. Con un professionale vocione metallico al microfono conclama che il russo Gannedy viaggia a 3'45" di media, poi a 3'50", 3'55" eccetera. A ogni giro il Nostro, con sicura professionalità declama il tempo e la media del dominatore della gara. Gli altri ventiquattro non corrono, no, proprio non esistono. Tra loro certamente c'è il prossimo campione europeo M65, M70, M75, M80, ma non conta, conta solo il primo della gara. A proposito di M80, il francese Christian Larcher è una star nazionale, recordman della sua categoria dai 1500 alla maratona, addirittura una èquipe televisiva è volata da Parigi a Lignano solo per lui. A un passaggio grido: "Guarda che corrono anche gli altri, eh?". Non so se ha sentito. Comunque mi accorgo dalle parole dell'ottus-speaker che il russo sta alzando parecchio la media, ora è sui quattro minuti al chilometro, io sono sui quattro zero cinque, siccome non pareva uno sprovveduto gli starà succedendo qualcosa. E, infatti, poco dopo dagli altoparlanti sento questa semplice notizia: il russo Gannedy si è ritirato.

Segue un imbarazzato silenzio. Povero ottus-speaker, deve allargare il suo campo mentale e passare a un altro nome da declamare e pontificare a ogni giro. Sì, perché gli altri continuano a non correre e a non esistere. Trovato, lo ha trovato! " Passa in testa... Brunello Pagavino!". Negli ultimi quattro chilometri il protagonista sono io, passaggi, media e tutto. Mi dispiace per gli altri ma non posso farci niente, devo gestire al meglio i miei ultimi giri. Fa un caldo atroce ma non mi dà fastidio, corro sulle ali dell'entusiasmo e dell'orgoglio. Sto davvero vincendo.

Ultimo giro, campanella, apoteosi. Nel rettilineo finale, per arrivare sorridente a braccia alzate in corsia centrale perdo alcuni secondi, quelli che potevano far segnare un tempo finale di 40'50", così taglio il traguardo in 41' netti. Sono campione europeo M60. Beh, la vita è proprio strana a volte.

Nell'intervista che segue, non manco di sottolineare l'importanza di una sana alimentazione, non è vero che è la carne a dare forza e grinta, sono frutta e verdura gli elementi fondamentali. Io che sono vegano ho appena vinto una gara a livello europeo, dunque chi vuole può anche trarre qualche spunto di riflessione.

Medaglia di legno sulla 20 km

Perfetta la temperatura, alle 9 di mattina del giorno 18 di questo caldissimo settembre 2011. Il circuito prevede lo start dallo stadio, poi passaggi a Lignano Pineta, Riviera, una volta arrivati al Tagliamento, tornare verso Sabbiadoro costeggiando il canale, via per la ciclabile con panorami struggenti sulla laguna fino alla darsena, giravolta a U e finish-line allo stadio.

Della categoria M60 siamo in 8. Il portoghese Josè Ribeiro e il russo Anatoli Romanov li conosco già, li ho visti ieri nei 5000 metri e mi sono superiori. Cercherò di lottare per il terzo posto, poi, come i saggi insegnano, ogni gara è a se.

Si parte, un centinaio in tutto tra uomini e donne, uno spettacolo piuttosto modesto per un EMG, corso per le strade nella totale indifferenza della città. Vado sui 4'10" al km e raggiungo un gruppetto di cui fanno parte anche Josè e Anatoli. Al quarto-quinto km sento di poter allungare, vado in fuga, superando anche alcuni giovanotti di categorie più giovani. Uno di questi, un simpatico furlanàt, sentendomi arrivare con il mio passo pesante (un difetto che non sono mai riuscito a togliermi), mi dice:" Dì, moh, tu coris cu lis dalmimis?" Mi fa ridere di cuore; no, non corro con i pesanti zoccoli di legno friulani, ma proprio non riesco a correre diversamente. Così lo supero e vado oltre, se non altro per non continuare a dare fastidio alle sue delicate orecchie. Prendo duecento-trecento metri sul portoghese, spero di aumentare il distacco invece alle svolta a 90 gradi del canale noto con preoccupazione che Josè sta rinvenendo. Piano piano mi raggiunge. Quando siamo al cimitero e quindi alla pista ciclabile sulla laguna siamo diventati amiconi, corriamo all'unisono affratellati dal comune amore per la corsa. Facciamo alcuni chilometri insieme a un buon ritmo, ma al quattordicesimo ci raggiunge il russo Anatoli.

Beh, mi dico con speranza, vediamo come va a finire, ma almeno terzo arrivo (naturalmente “sotto sotto” spero nell'oro, non sono ancora stanco, ho ancora delle frecce al mio arco). Ma Josè dice che c'è un altro M60 davanti, e di stare attenti a un altro russo che infatti sta transitando in senso contrario verso la darsena, a circa 500 metri da noi che, dopo il giro di boa, stiamo tornando verso lo stadio. Dunque tutto è ancora da giocare.

Al 15° km l'ultimo ristoro, un goccio d'acqua al volo e a questo punto il portoghese decide di rompere gli indugi, mette la quinta e se ne va. Anatoli gli è dietro per un centinaio di metri, poi lentamente si stacca anche lui. Quanto a me, risento moltissimo della fatica del triathlon vinto l'altro ieri. Vado sempre a 4'15" al km, non riesco a cambiare ritmo, le gambe dure. Anatoli è sempre lì davanti, a un centinaio di metri, ogni tanto si volta, anche lui sta dando tutto per tenermi dietro. Si arriva al traguardo in un'ora e 25minuti, ci abbracciamo. L'unico dubbio è: ma questo fantomatico M60 di cui parlava Josè, c'è o non c'è?

Sì, c'è. Si chiama Alexander Tsukonov, arrivato un minuto prima di Riberiro.

Dunque mia è la medaglia di legno, ai piedi del podio. Anatoli, forse vedendo nella mia espressione un po' di delusione (sarei giunto secondo sia tra M55 che tra gli M50), mi fa :" I am sorry". Poi, alle premiazioni, fa l'atto di togliersi dal collo la medaglia per consegnarla a me. Lo abbraccio e lo tengo stretto stretto, questo russo sessantaquattrenne dagli zigomi alti, faccetta scavata e espressione intensa. "Anatoli, questa medaglia è tua, te la sei guadagnata, sei un grande..." E torniamo ad abbracciarci, quasi piangendo di commozione.

Penso che settant'anni fa un russo e un italiano, poveri fantocci strumentalizzati nelle mani di ottusi e ambiziosi tromboni della guerra, si sparavano addosso ed erano costretti ad odiarsi nel gelo dell'inverno sovietico.

Caro Anatoli, fratello mio.

 
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