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Credere nelle fiabe, Vale, Tommy, Dany : no big deal

Rubriche - Commenti e Opinioni

Pavia_Corripavia_2011_foto_Roberto_Mandelli_collage_con_Vaccina_Straneo_ScutiAmo il mio sport, visceralmente. Anche nei momenti difficili della vita la corsa mi è stata amica: di volta in volta è stata fonte di soddisfazioni agonistiche, valvola di sfogo delle tensioni, mezzo di socializzazione, tempo speso a riflettere in movimento, modo per star vicino a delle persone care, modo per allontanarmi in fretta da persone meno care, ricerca dinamica di nuove motivazioni sportive o sentimentali o professionali...

Proprio perchè amo il mio sport, ho BISOGNO di credere che tutti i podisti possano vivere una storia bella, ciascuno la sua, ciascuno la fiaba che sceglie... Ho VOGLIA di credere che ci siano alcune storie belle “esemplari” cui tutti possiamo ispirarci o da cui possiamo trarre un sorriso! 

Prendo a prestito le parole del fu Steve Jobs: “Today I want to tell you three stories from (my) life. That's it. No big deal. Just three stories”. Niente di speciale, solo tre storie. 

La prima storia parla della Regina di Alessandria. 

Venerdì mattina, sono sulla strada per Savigliano, pianura cuneese, dove risiede un'atleta che alleno e il cui risultato di Berlino ci apprestiamo a festeggiare. Vengo da Pavia, dove sono ospite di un fratello ricercatore precario e dove correrò la mezza di domenica 9. Al volante della mia vetturetta so che farò una pausa strategica: voglio incontrare un'altra protagonista berlinese e – complice lo sponsor tecnico comune che ci ha fatti conoscere – ho concordato con lei di vederci in tarda mattinata a casa sua, in un tranquillo quartiere periferico di Alessandria, piuttosto verde e silenzioso. 

Un sole ancora bollente mi accoglie, ma il vento forte lenisce la sensazione di calore; scendo dall'auto, mi ricompongo un attimo (tra atleti non siamo molto abituati a incontrarci in abiti civili...) e suono il campanello “Straneo - ***”.

Il portoncino si apre e dal primo piano della casetta a schiera mi viene incontro un labrador arruffato e giocoso, un po' grassottello e in netto contrasto con l'asciuttissima figura di Valeria. Il cane smentisce lo stereotipo dell'animale che assomiglia al padrone...

Quindici gradini, varco la soglia ed entro in un mondo normale: profumo di forno acceso (le lasagne per la cena di compleanno del marito), i giocattoli dei bambini che spuntano qua e là, una donna in jeans e maglietta, le finestre ancora aperte visto che la stagione lo permette...

Racconto queste cose perchè di Valeria “super atleta” si è detto di tutto e di più: il 99% dei podisti ha detto la propria sugli straordinari miglioramenti di Valeria in questo 2011. Molti l'hanno attaccata; molti l'hanno osannata e difesa; i più spalancano gli occhi – stupefatti – e mantengono un ragionevole equilibrio tra entusiasmo e disillusione; credo che tutti abbiano ripetuto la tiritera ironica (più o meno infelice) del “mi sono già messo/a in lista per l'asportazione della milza” (per i curiosi http://www.fidal.it/showquestion.php?fldAuto=13912&faq=65 oppure cercate la Gazzetta dello sport del 26 settembre o "google-ate").

Personalmente non ho prenotato l'intervento: fortunatamente non soffro di alcun deficit congenito e non voglio restare senza la ghiandola deputata al controllo delle infezioni...

Valeria sa che ora ha “ipotecato” un posto nel terzetto italiano che correrà la maratona olimpica di Londra 2012; sa anche che il suo stato di grazia è una specie di bomba ad orologeria: potrebbe ammalarsi (e ovviamente non glielo auguriamo!) e comunque l'aumento dei suoi valori ematici (emoglobina ed ematocrito) – compatibile con la splenectomia – non è definitivo e dopo un periodo più o meno lungo di adattamento organico i valori potrebbero tornare ad abbassarsi (ha tolto la milza, mica ha debellato la sferocitosi ereditaria che comunque la affligge).

La fiaba è tutta qui. “No big deal”. Riassume la rincorsa di un sogno da parte di un atleta di talento.

Valeria sogna i Giochi della XXX Olimpiade e da “innamorati” (della corsa) le auguriamo di realizzare il suo sogno, di godersi la strada da qui a Londra e di tenere fede a quello che sono sicuro essere un suo altro sogno (a prescindere dall'Olimpiade): far sì che i suoi figli crescano nell'ambiente famigliare gradevole che mi è stato concesso di frequentare per una mattina e di poter dire sempre con tanto orgoglio “che brava la mamma!”.

Certo, vale il principio “Mors tua, vita mea”: per una Valeria che approda a Londra in maglia azzurra ci sarà almeno una maratoneta che non lo farà. Il gioco dell'agonismo è anche questo; l'importante è che chi non andrà a Londra possa sentirsi dire a casa propria: “che brava la mia mamma - mogliettina - compagna -figlia - etc...”.

Il caso di Valeria – senza mitizzarla, ma in concreto – c'insegna a credere in un obiettivo alto, a inseguire un sogno con coraggio e dedizione (e un pizzico di fortuna, senza il quale...). C'insegna a non trascurare i dettagli e a fare tutti i sacrifici necessari. Ecco di cosa abbiamo voglia e bisogno: un buon esempio sportivo. Di cattivi esempi (in tutti gli ambiti) c'è l'imbarazzo – sottolineo “imbarazzo” - della scelta. 

Il racconto di una mattinata in casa della Regina di Alessandria (reginetta di maratona, diciamo), prosegue con un'intervista. L'abbiamo concepita come una “Talk as you run”: semplicemente abbiamo corso una decina di chilometri in campagna con un registratore in mano (e in calzoncini e canotta, come al solito)...

Audio (compreso il breve racconto dell'altura a Sankt Moritz in tenda!), link a molti approfondimenti e interviste su/con Valeria e qualche foto, unitamente al presente pezzo su www.titotiberti.it/blog

La seconda storia è quella di un ragazzo di pianura...

Tommaso è un padano, non di quelli con la camicia verde. È uno con idee ben ancorate alla realtà sociale: ben consapevole di cosa sia un contratto a tempo determinato e di cosa voglia dire allenarsi alle 7 di sera a dicembre nella nebbia pavese, ben consapevole di cosa ci voglia a comprar casa con un lavoro da fisioterapista ospedaliero e di quanto sia difficile correre forte in montagna quando la tua città offre sporadici cavalcavia e nessun dislivello importante...

Tommaso è stato privato di una maglia azzurra in questo 2011, per i capricci di un ometto che – ahinoi – fa il selezionatore della nazionale. Ma non ha tradito la sua quasi proverbiale calma: Tommy insegna che ci si deve indignare, ma senza perdere l'educazione e rispondendo con i fatti. Ha vinto tutto quello che desiderava vincere quest'anno, compreso il concorso per il posto a tempo indeterminato.

Sulle ali dell'indignazione per la mancata convocazione ha rivinto il Mapei Day, sullo Stelvio, stracciando il record di Vasyl Matviychuk.

Con spregiudicatezza ha vinto la Ivrea-Mombarone; con intelligenza è stato il miglior italiano al Memorial Partigiani Stellina a Susa; con sfortuna e meritando la vittoria ha perso la Monza-Resegone; con caparbietà è stato il primo pavese nella storia a vincere la Corripavia (half marathon).

Tommy è un amico, uno di quelli che non vedo più tutti i giorni ma con il quale mi sento di condividere le storie della mia vita. A Pavia nella mezza maratona c'ero anch'io; volevo aiutarlo a tenere il ritmo alto per mettere in difficoltà l'etiope (di passaporto svizzero) in gara, ma non ci sono riuscito perchè domenica 9 ottobre Tommaso era imbattibile e non ha avuto bisogno di me. Quando in un controviale l'ho visto prendere vantaggio sull'avversario, ho creduto che ce la potesse fare. Così è stato, ha aperto un gap incolmabile sull'avversario ed è arrivato solo sul rettilineo finale. E io mi sono emozionato, mi è passata subito la sensazione di fatica e ho gioito con lui per quella piccola rivendicazione di forza espressa “coi fatti”. Tommaso ha subito un torto e non si è messo a piagnucolare. Si è rimboccato le maniche (anzi, ha allacciato le scarpette!) e si è messo a macinare chilometri.

Questa è la fiaba di Tommaso: la storia di chi ha la coscienza limpida e non si perde d'animo. La storia di chi sa andare oltre le bassezze umane e “correre” oltre. E' un'altro racconto positivo esemplare...  

La terza fiaba è la storia di “due minuti”

Daniela (Scutti) è stata la quinta italiana a Berlino, è la ragazza che alleno e con cui ho festeggiato la sera dell'intervista a Valeria. Con lei e i suoi migliori amici “di corsa” ci siamo presi una salutare e italica pizza in un locale carino del centro di Savigliano. Un bel brindisi, ma niente che renda davvero giustizia a quel 2h59' che ritengo ottimo per una 39enne (auguri Dani, è il 16 ottobre!) iniziatasi alla corsa ben dopo i 30 anni. La sua è la storia di una che sfida gli anni che passano e si mette in gioco, di una donna che ha lavorato un anno intero nell'attesa ansiosa di quell'unico traguardo. La sua è di nuovo un esempio positivo che insegna a tutte le donne che con la buona volontà si può partire da “zero” e togliersi delle soddisfazioni, abbattere dei “muri” cronometrici o chilometrici. O più semplicemente psicologici...

Due minuti: il tempo che le è bastato per realizzare un pensiero umano, prima del via della Berlin-Marathon...

Mentre nell'aria si diffondevano le note della colonna sonora di “Momenti di gloria”, lei non pensava più alla corsa, pensava ai cari che non ci sono più e che le mancano, che pur mancando le sono stati vicini. Il 27 settembre Dani scrisse: “Rewind... questo e il momento della maratona di Berlino che rimarrà più impresso nel mio cuore: mancavano due minuti alla partenza e avevamo come sottofondo questa canzone. Ringrazio tutti, uno a uno, quelli che mi sono stati vicino, in particolare mio papà e Ale [...]”.

La storia di Daniela c'insegna che la maratona è un'avventura profondamente umana: una sfida con se stessi, un matrimonio con l'ambiente esterno (urbano o naturale), qualcosa da condividere...

Daniela è su: www.titotiberti.it/hope-team-amatori

 

 

Ultimo aggiornamento (Domenica 16 Ottobre 2011 03:38)

 
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