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Spartathlon 2011: il mio capolavoro!

Ultramarathon - Ultra - Ottobre 2011

Spartathlon_2011_Marco_MazziCon la Spartathlon 2010 ho realizzato un sogno, è tutto vero, eppure, nonostante sia trascorso un anno, tutte le volte che ci penso mi pongo la stessa domanda: “Ma come ho fatto ad arrivare al traguardo in quelle condizioni?” Ricordo, per chi non lo sapesse, che da buon masochista mi inventai di correre questa corsetta di soli 246 km con calze e scarpe nuove di pacca, infatti tolsi le etichette la sera prima della gara. Il mal di piedi era già presente alla partenza dopo pochi metri dal via, sulla dolce discesa dell'Acropoli mi dicevo: “Me la vedo brutta, se tutto va bene sarà un disastro!; poi, se ci mettiamo le tante ore corse durante la notte sotto un terribile nubifragio che ha mieté molte vittime, le prime avvisaglie influenzali giunte con l'arrivo dell'alba… Ad un controllo medico, la dottoressa, dopo avermi controllato i parametri vitali, mi disse che c’era febbre ed era anche abbastanza alta (38.3° C): aggiunse, però, che dopo uno sforzo simile era anche del tutto normale, che non avevo nulla di grave, che era nelle mie mani la voglia di continuare a soffrire e arrivare al traguardo. Quelle parole, unite alla mia grande forza di volontà, fecero si che l'ago della bilancia andasse a posizionarsi verso la parte positiva, mi diedero una spinta incredibile, eppure - nonostante tutto - rimango ancora incredulo. Ricordo perfino che non vedevo l'ora che finisse questo calvario per poter finalmente togliere le scarpe, il traguardo quasi assumeva un significato secondario.

E’ trascorso un anno, sono ancora qui, Acropoli di Atene, venerdì 30 settembre: mi sto misurando ancora con me stesso, rivoglio mettermi in gioco, ma questa volta con più certezze e soprattutto me la voglio godere fino in fondo, il dazio dell’atroce sofferenza l’ho pagato con gli interessi nella passata edizione e perciò mi sento in credito con la buona sorte, molto in credito.

La preparazione di questa gara è stata – direi - più che ottima, soprattutto in questi ultimi quattro mesi ho regolarmente corso un chilometraggio importante ma non esagerato, ho diminuito le uscite portandole da sei a cinque giorni settimanali, ma nello stesso tempo ho allungato le distanze suddivise nelle seguenti modalità: martedì e giovedì, 22/25 km collinari con ultimi 5 km in progressione; venerdì, lungo collinare di 35/40 km; sabato, defaticamento di 10/15 km a ritmo molto ma molto blando; domenica, corsetta non agonistica in gruppo, quelle organizzate dall'UMV in cui andavo a curare la velocità ritmo e media.

Quest'anno, già la data di partenza della Spartathlon ha un significato importante: è il giorno del compleanno di Niccolò, mio figlio, che oggi compie 10 anni. L’ho lasciato dicendogli che il traguardo sarebbe stato tutto per lui , sarebbe stato il "mio regalo più grande".

Ho voglia di far bene, ho voglia di riscattare tutta quella grande sofferenza che ho dovuto sopportare l'anno scorso per coronare "Il Sogno", ma se a priori qualcuno mi avesse pronosticato ciò che avrei combinato quest’anno gli avrei dato del drogato.

Ho voglia di fare bene per onorare il grande sforzo economico che il mio Presidente, unito a tutto il direttivo della sezione Fidas di Valeggio sul Mincio (di cui faccio orgogliosamente parte), ha sostenuto per omaggiarmi di due stupende magliette tecniche personalizzate inneggianti alla Spartathlon; non posso fallire anche perché il sabato successivo alla corsa ricorre la festa del 49° anno di fondazione della sezione, io sarò premiato con la medaglia d'oro per le mie 45 donazioni e a presentarmi con un fallimento non vorrei neanche pensarci, anzi ho detto al mio presidente che se fosse andata male non sarei tornato proprio a casa…

Come l'anno scorso, anche in questa trasferta voglio sottolineare l'importanza del volontariato e di sacrificare un po’ del proprio tempo libero da mettere a disposizione verso chi ne ha bisogno, io sono orgogliosamente attivo nella Fidas. Il mio messaggio e il mio pensiero è sempre questo: “Si può essere donatori generosi ed allo stesso tempo praticare attività sportive o lavorative ad elevato dispendio energetico senza che la prestazione ne risenta”. Questo è il mio personale modo di sensibilizzare le persone verso il grande bisogno di sangue che serve, serve il sangue di tutti. Io nel mio piccolo cerco di promuovere e diffondere la pratica della donazione anonima, volontaria, gratuita e informata del sangue e dei suoi componenti, quale atto di umana solidarietà partecipando con passione a queste estreme competizioni, perciò se io sono un donatore , tutti possiamo e dobbiamo esserlo. C’è bisogno del sangue di tutti.

Ore 07,00 in punto, si parte; l'olandese Lantiniek è già in fuga, dopo il tremendo ceffone preso l'anno scorso quando già pregustava di salire sul gradino più alto del podio e che invece dovette accontentarsi del secondo posto e cedere la gloria al terribile Ivan Cudin: Ivan con la sua umiltà - ad una decina di km dall'arrivo - gli aveva proposto persino di giungere al traguardo insieme, l'olandese come risposta si prodigò in uno scatto dicendo che voleva vincere da solo, a quel punto il suo destino fu segnato in modo inesorabile perché il nostro Cudin tirò fuori la sua incontrollabile cattiveria agonistica che la portò dritto dritto al traguardo, lasciandosi alle spalle l'attonito olandese.

Quest'anno Lantiniek si ripresenta per la rivincita e soprattutto per vincere, imprime fin da subito un ritmo elevato, dietro di lui vedo i miei amici Andrea e Stefano, pian piano li raggiungo e mi assesto alle loro spalle, ci compattiamo con il gruppo di italiani, si aggregano Andrea Z., Alessandro con Carmelo, ed il nostro capitano Ivan Cudin. Fino a poco prima della maratona, Ivan rimane con noi, è la sua tecnica, parte sempre cauto a differenza dell'olandese, per poi andare in progressione costante fino alla fine. Tra una battuta e l'altra, gli diciamo: “Oh, guarda che l'olandese è già a Corinto!”, Ivan ricambia con un sorriso sornione che la dice lunga sul suo stato di forma, lui che si è presentato dichiarando di non essere proprio in splendida forma e di essere indietro rispetto alla concorrenza agguerrita che c’è quest’anno, sono parecchi, infatti, i top runners che hanno notevoli credenziali di vittoria finale.

Si corre in scioltezza, “passiamo” la maratona intorno alle 3h30’, minuto più, minuto meno, sta andando tutto bene, il caldo però inizia a farsi sentire, la temperatura sale fino ad oltre i 35°C. Intorno al 50esimo km, subisco le peggiori conseguenze: accuso un repentino calo di pressione, ossia il classico colpo di calore , inizio a preoccuparmi, mi si induriscono le gambe, l'allegra brigata degli italiani la vedo scomparire al mio orizzonte e, con lei, anche l'invidiabile posizione di classifica fino a quel momento guadagnata , saremo stati tra i primi 15-20 in classifica, ma questo è l'ultimo dei miei problemi… Il primo è, invece, che forse oggi non arrivo neanche a Corinto (81 km): mi fermo a sedere sul marciapiede per togliere i famigerati gambaletti contenitivi, lentamente riprendo a camminare, ai ristori cerco disperatamente sale, solo e semplice sale da cucina, eppure sembra introvabile, neanche a pagarlo si trova, passeranno almeno quattro ristori prima di trovarne e da lì in poi inizio la mia terapia, ingurgito manciate intere di sale con coca cola che ha il duplice effetto di neutralizzare il ph nei muscoli e di tirarmi un po’ su la pressione, nei prossimi ristori che incontrerò farò sempre così, finché finalmente mi sarò ripreso. Mi ero prefissato alla partenza che, se fossi arrivato a Corinto più o meno come l'anno scorso, da lì in poi avrei solo potuto migliorare e anche alla grande, perché nel 2010 a Corinto ero gia un cadavere che cercava di correre. Questa crisi me la porto appresso per circa 25 Km e, nel frattempo, vengo superato da frotte intere di podisti, un po’ mi dispiace, ma neanche più di tanto, siamo solo all'inizio.

Prima di passare sul ponte dello stretto di Corinto, uno tra gli innumerevoli e bellissimi scorci per cui vale la pena di essere alla Spartathlon, raggiungo Stefano, è allo stremo delle forze, lo si vede perché sta camminando e neanche con un buon ritmo. Mi fermo sul ponte per ammirare questa grande opera di ingegneria, mi aggrappo alla ringhiera e sporgo lo sguardo in profondità: nonostante la protezione, il senso di vertigini è molto accentuato, c'è il fotografo dell'organizzazione che mi scatta parecchie foto, una la ritrovo poi nel video ufficiale, ritraggono la parte posteriore della mia maglietta con mappa e data della corsa. Arrivo a Corinto in pieno recupero e vi transito alle 15.18 con sette minuti di vantaggio rispetto al 2010, un’inezia rispetto a come sono passati i miei compagni, con quella crisi ho buttato oltre mezzora ma va bene lo stesso. Passo sul tappeto elettronico, non degno neanche di uno sguardo la postazione massaggi dove l'anno scorso il maniscalco mi diede il colpo di grazia mettendo in serio pericolo la possibilità di arrivare a Sparta, passo oltre e vado diretto al tavolo ristoro, mi prendo riso e coca cola e mi siedo e mangio con calma. Mi rialzo e riprendo la mia via: sono le 15.25, ora ho 40 minuti di vantaggio.

Sto bene con le mie care scarpe da quattro soldi (le 1160, gli esperti del settore inorridiscono quando dico per cosa le uso), ma io ci corro che sono una meraviglia, neanche una vescica, ormai queste scarpe fanno parte di me. Al diavolo gli esperti, l'anno scorso mi sono lasciato infinocchiare come un pivello optando per un altro modello che sono la versione top e ne ho dovuto pagare le estreme conseguenze, troppo rigide e pesanti e poca duttilità; da allora avanti a modo mio.

Corro sono in continuo recupero, i ristori li faccio come fossi in una maratona (praticamente al volo), al CP 30 Km 105 mi fermo per cambiare maglietta e prepararmi per la notte, anche se è ancora chiaro: il sole sta calando ma la temperatura si abbassa notevolmente, riparto con la frontale al viso anche se è ancora giorno, però sono coperto ed evito di beccarmi un colpo di freddo.

Prima del Cp 35 Km 124, raggiungo altri due connazionali, i due Andrea, arrivo al controllo e, come prima cosa, accendo il telefono per fare una sorpresa a Niccolò: gli telefono per fargli gli auguri di buon compleanno, parlo con tutta la famiglia, in diretta mia moglie mi dice che sono transitato in 56esima posizione e che sono in pieno recupero, mi sento ancora più euforico e galvanizzato, dico che sta andando tutto bene, nonostante ciò che mi è capitato in mattinata quando credevo di dover finire anzitempo la corsa, ora però è acqua passata. Cambio calze e pantaloncini, mi prendo ancora riso in bianco e lo mangio cammin facendo, a metà gara transito con oltre 1 h di vantaggio rispetto al 2010 che, tradotto, significa avere un vantaggio di oltre 2h30' sul cancello orario.

Ho virtualmente diviso la guerra in duelli rappresentati dai singoli CP, a loro volta li raggruppo in battaglie che sono rappresentate dai cancelli orari principali, cosicché le battaglie sono rappresentate dai CP10-22-35-43-53-60-69 e l'ultimo, la fine, 75. Dunque ogni CP raggiunto è un duello vinto e al raggiungimento del CP principale una battaglia vinta ,di conseguenza per decretarmi vincitore di questa guerra dovrò vincere 75 duelli e ben 8 battaglie.

Riprendo la mia corsa, ora vado incontro alla prossima battaglia “CP43”, nel frattempo raggiungo Alessandro, ora sono secondo degli italiani, era ciò che nel mio cuore mi prefiggevo, lo sentivo nelle mie possibilità, ritenevo un grande onore essere preceduto solo da Ivan, un atleta che ho eletto come mio personaggio sportivo preferito, l’ho scritto anche nella mia pagina di Facebook.

Sto sempre meglio, ho una corsa costante senza forzare, mi sento veramente da re, sento che finalmente sto facendo la corsa della vita, il giorno perfetto nel giorno più importante, nella corsa più importante della stagione.

Al Cp 43 trovo Emanuela, alias la presidentessa del comitato Italiano Pro-Spartathlon, la moglie di Alessandro, che mi dice: “Certo, che ci stai dando dentro!”, le rispondo che mi sento veramente bene e voglio approfittarne senza esagerare ma in modo costante. Il tempo di vantaggio sul cancello orario è di circa 3h30', riparto, ora c'è la lunga discesa che mi porterà alla base della lunga salita, affronto quest’ultima con un buon passo, finalmente posso camminare consapevole del fatto che, seppur camminando, non perderò né posizioni di classifica né media oraria. Affronto l'ultimo strappo, quello di circa 3 km su sentiero di montagna, stando molto attento: alcuni passaggi li faccio a carponi per sentirmi più sicuro, non sono infatti abituato a questi scenari, arrivo in cima e recupero altre due posizioni di classifica. Lassù tira un vento bestiale, forte e gelido, classico di quando di giorno fa molto caldo e di notte l'escursione termica diventa notevole: i volontari del servizio ristoro fanno per mettermi una coperta addosso, ma la rifiuto, non mi fermo neanche per un the caldo e riparto di corsa, voglio assolutamente abbassarmi di quota per togliermi da quel gelido vento. La parte di questo versante non è più su sentiero ma su carrareccia, cosicché posso iniziare a correre ed abbassarmi di quota; fatti solo alcuni tornanti, la situazione è già più sopportabile, il freddo è ancora presente ma, se non altro, non sono più investito dalle raffiche di vento.

Arrivo sotto al CP52, 172Km con 3h45' di vantaggio sul cancello, in 26esima posizione, sto scalando la classifica a dismisura, qui l'anno scorso mi ero fermato per riposare, quest'anno non ho alcuna intenzione, sono ancora vigilie ed in forze, sto guardando cosa scegliere di mangiare al ristoro… Una gentile donzella mi porge un piatto fumante di patate al forno a dir poco squisite, lo arraffo ringraziando mille volte, me le mangio strada facendo accompagnate da un sorso di birra, saranno l'equivalente di una botta di doping da paura, recupero ancora posizioni ora sono 22esimo. Dopo una decina di km, però, dato che anch'io sono umano, perché fin lì pensavo di essermi tramutato in un robot, mi si irrigidiscono un po’le gambe, provo a camminare, il guaio è che, come inizio a camminare, comincio a barcollare, vado in crisi profonda di sonno, riprovo a correre, ma niente non riesco più a stare sveglio. Nei due ristori seguenti mi vedo costretto a coricarmi su sacco a pelo per una decina di minuti per riprendermi; nel frattempo, con queste soste, perdo delle posizioni in classifica, ma non mi preoccupo.

Arrivo al CP60 in 27esima posizione, vado subito al posto massaggi e mi faccio prendere in cura, sono le 07.27 di mattina, ne approfitto per chiudere ancora gli occhi per qualche minuto, lascio al deposito la frontale e mi cambio ancora maglietta, mi rimetto quella del mio gruppo Fidas con cui orgogliosamente arriverò al traguardo.

Riparto che sono le 07.37, mi sembra sia passata un eternità da quanto mi sento rinvigorito da quei pochi minuti di massaggio e di dormiveglia su un lettino vero.

Ora è la volta della lunga salita che mi porterà al 206esimo Km, ho a tiro tutti quelli che mi hanno superato nell’ultimo tratto, io cammino, qualcuno lì davanti tenta quella che io definisco la mossa dei disperati, si mette a correre su una salita impegnativa con lo scopo di difendere con i denti la posizione in classifica, da come si muovono capisco che ormai sono alla frutta. Io, nonostante tutto, sono ancora in uno stato divino, li lascio sfogare, supero alcuni anche camminando e credo che ciò abbia lo stesso effetto di un calcio nei “maroni”. Prima dell'ultimo cancello CP69 Km 224, dove transito in 26esima posizione, ho il tempo per fermarmi altre due volte per riposare alcuni minuti prima della cavalcata finale.

Ora sono pronto per affrontare la lunga discesa e nel vero senso della parola me la “bevo”, anche per una sorta di rabbia e di nervoso che nutro nei confronti di un atleta, il 107, un greco: lo supero, lui ormai è in estrema difficoltà, mi giro e c'è il vuoto assoluto, poi, improvvisamente, dopo un ampio curvone spunta l'auto rossa che gli fa da assistenza e si ferma, non scende nessuno, sto lì a vedere cosa succede, l'auto sta ferma, mi immagino qualcosa, ma non ne ho le prove materiali anche se ne ho la certezza perché, subito dopo, dal curvone spunta questo tizio che si sta trascinando, eppure mi ha raggiunto… E’ impossibile, io ho sempre corso in maniera costante, credo che abbia fatto il furbo e lui lo sa bene, mi lascio superare poi mi francobollo dietro il suo culo e gli urlo: “Tu, ora, se vuoi arrivare al traguardo ci arrivi con le tue gambe, se no te le spezzo, non fai più il furbo a montare in auto”, credo che capisca l'antifona e mi fa un sorriso, sono incazzato nero, il problema è che è completamente piantato a terra e non va avanti, gli altri dietro stanno recuperando, non mi va di perdere la mia 22esima posizione che nel frattempo ho acquisito, ora c'è un gruppetto e lo marcheranno loro, riprendo il mio ritmo e divoro la discesa fino agli ultimi 4 km pianeggianti che mi conducono alla statua. In questa discesa completo il mio capolavoro: il mio vantaggio sui cancelli orari era sulle 4 ore che, tradotto in tempo, significava avere una proiezione finale di circa 32 ore, tanto è vero che i connazionali che volevano assistere al mio arrivo si erano preparati per giungere verso il traguardo intorno a quell'ora, solo che ho disatteso le loro aspettative andando a sfondare il muro delle 31 ore (per la cronaca, gli ultimi 23 km li ho corsi in 2h06', è vero, tranne gli ultimi 4 sono in discesa, ma nelle gambe ne avevo 220 e oltre, grazie greco del c…o, il nervoso che mi hai fatto venire l'ho scaricato tutto in energia cinetica).

In classifica generale sono 22esimo assoluto, secondo degli italiani, sono preceduto solo da Ivan Cudin, che tra l’altro ha bissato il successo dello scorso anno.

Tempo finale: 30h57'46 che equivale alla nona prestazione italiana di sempre, se si tiene conto che i primi tre tempi appartengono al mostro sacro Cudin, che attualmente è il più forte ultramaratoneta al mondo sulle lunghe distanze, beh credo di aver fatto qualcosa di straordinario.

Te l’avevo promesso Niccolò che questa Spartathlon sarebbe stato il mio regalo più grande, credo di aver fatto il possibile e anche l’impossibile per onorare la promessa. Ti aspetto, prima o poi la Spartathlon la faremo insieme.

Un grande ringraziamento va alla sezione Fidas di Valeggio sul Mincio, rappresentata dal presidentissimo Silvio Franchi e a tutto il direttivo per avermi sempre moralmente sostenuto ed incoraggiato, ma soprattutto per il prezioso dono.

Una dedica anche alla mia società sportiva di appartenenza, il G.P. Villafranca, che ha vissuto nel 2011 un’annata transitoria e dolorosa per una serie di vicissitudini,con l’augurio che dal 2012 ritorni ad essere una delle società più prospere floride e gloriose del Veronese come negli anni passati. Faccio qui una promessa e mi impegno fin da ora ad onorarla, con la nuova stagione mi renderò più partecipe con la disponibilità a mettermi in campo per dare una mano in modo concreto e costante.

Ultima, ma non per questo meno importante, dedica, è per te che troppo presto te ne sei dovuto andare, ricordo con commozione e nostalgia l’anno scorso, sei stato il primo che mi ha cercato per complimentarti e chiedermi di scrivere un resoconto da pubblicare sul sito del GPV. Ciao Davide, questo mio piccolo grande capolavoro è anche per te.

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 19 Ottobre 2011 23:46)

 
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