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Il podista tassonomico

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Ho visto gente, lungo la propria trionfante carriera, tramutarsi in veri collezionisti d’imprese. Più vanno avanti con i traguardi tagliati e più ampliano la raccolta di oggetti, riconoscimenti, cimeli delle tante gare che poi espongono in diversi angoli di casa e non solo.

Un approccio tassonomico, in cui si ordinano i ricordi in un sistema di classificazione composto da una gerarchia, del tutto personale, ma d’effetto per amici e parenti, ormai stremati dalla compulsiva attitudine del podista in oggetto.

Una volta sono entrato nello studio di un amico, le pareti erano completamente tappezzate di pettorali, tutti con la bella cornice di legno e il vetro. C’è da dire che l’effetto era assicurato, ovviamente su ognuno c’era scritta la distanza della gara e relativo final-time. Neppure le foto del mio matrimonio sono sistemate così bene. Per gli impegni podistici che hanno fatto storia il podista tassonomico ha stampato i diplomi delle maratone, li ha messi tutti in fila, creando un curriculum che fa invidia al primo della classe di quando andava al liceo.

Non contento dei risultati in gara, negli anni ha prodotto una serie lunghissima di agende sportive, dove ha trascritto tutti gli allenamenti, i tempi, i lavori nei periodi di carico e i chilometri macinati nelle settimane di avvicinamento alle maratone da fare. Le agende adesso hanno occupato il posto dei libri di cucina nella libreria del disimpegno, ogni tanto le riapre, cercando la ricetta migliore per tornare ai vecchi ricordi e, magari, l’indomani, inanellare la stessa sequenza di 1000 in pista, per l’invidia dei ragazzi del campo.

Passiamo invece all’oggetto più esposto di tutti: il medagliere. Appeso in salone, o in un punto di passaggio di casa, “Uuauuu, ma che sono tutte le medaglie che hai vinto?”, chiedono gli amici ogni volta che passano davanti alle reliquie, e tu con aria trasognata e dissacrante: “Beh, sì alcune ….” . Farlo suonare, con il tintinnio delle patacche, nei momenti in cui devi trovare ispirazione in vista di un 10,000 veloce è musica per le tue orecchie…

Poi ci sono i poster delle maratone, specie quelle internazionali, sistemati lungo i corridoi di casa. Manco fossimo al MoMa, ovviamente la Maratona di NY apre la collezione…e se non trovi più posto in casa, si passa alle pareti dell’ufficio, per la felicità dei colleghi che ormai subiscono in silenzio e rassegnati.

Veniamo allo strumento principe del podista: le scarpe. Quella del tuo personale, della prima maratona, il modello usato nella trasferta della vita, tutte rigorosamente esibite o in balcone per fare uscire la bile al vicino di casa che in balcone ci va solo a fumare quale unico rifugio concesso dalla moglie ex fumatrice, oppure, hai preferito non rischiare che il tempo le potesse segnare più dei tuoi passi e hai preferito la teca di vetro, posta accanto ai vini buoni nel tinello.

C’è gente che ha conservato la cuffia del suo primo triathlon, il chip ricordo della prima NY marathon, cimelio pagato a caro prezzo visto il refund imposto di 30 dollari, “ma chissene frega e quando la rifaccio NY …”, due anni dopo per la cronaca. Ci piace avere le nostre manie, piccoli gesti compulsivi, attenzioni verso fatiche che con il tempo sbiadiscono come i pettorali abbandonati nel cassetto della scrivania o peggio ancora lavato e stirato con la vecchia divisa sociale che non usi più.

 
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