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16 dicembre, un giorno molto particolare

Rubriche - Commenti e Opinioni

Data da ricordare – 16 dicembre 1994

Nel 1994 fa pensavo a correre e a divertirmi il più possibile.

Niente progetti particolari, niente pesi da portare.

Avevo un lavoro da svolgere al meglio, due genitori che adoravo e tutta una serie di amici/che con cui correvo e facevo festa. Tutto semplicissimo, favoloso e morbido.

La “Città della Speranza” è una fondazione nata il 16 dicembre di diciassette anni fa con lo scopo di costruire un nuovo reparto di Oncoematologia Pediatrica nell’Azienda Ospedaliera di Padova e di sostenere la ricerca sulle neoplasie infantili. Tale impegno si è concretizzato nel 1996 con la nascita del nuovo reparto diretto dal Prof. Luigi Zanesco e nel 1998 è sorta la seconda ala comprensiva di laboratori di ricerca e Day Hospital.

L’elevato livello raggiunto dalla Clinica di Padova, e la convinzione che solo la ricerca scientifica può garantire l’aumento della percentuale di guarigione delle neoplasie infantili hanno portato, dal ’99, la Fondazione a impegnarsi a destinare almeno un milione di euro all’anno (per dieci anni) a favore della ricerca scientifica.

La Fondazione delega la scelta e la valutazione dei progetti scientifici finanziati ad un Comitato Scientifico Internazionale del quale fanno parte i più autorevoli scienziati italiani ed europei. Dal 2003 a oggi sono stati finanziati più di 100 progetti. I bilanci sono facilmente consultabili nell’appostita sezione del sito, assieme a dati statistici ed informazioni di ogni tipo.

Purtroppo, praticamente sempre si finisce con il rapportarsi con queste associazioni onlus soltanto se colti in prima persona dalla cruda falce del destino, oppure se qualcuno di vicino a noi ne subisce l’insensata brutale violenza.

Il mio piccolo Alberto è stato vittima di una delle temibili malattie che la fondazione “Città della speranza” cerca di studiare e rendere curabili e anche se lui non è stato fortunato, in ogni istante sembra voler indicare la strada da percorrere e il traguardo da provare ad acchiappare.

La corsa, la mia corsa, è un umile atto di ribellione, di sfogo, di costante tentativo di rivalsa nei confronti di un qualche cosa di invisibile e tremendo, di inafferrabile ed assassino, di estremamente brutto ma comunque affrontabile. Niente scappatoie, gambe in spalla, cervello e cuore accesi.

Ho toccato con mano la consistenza, la grande umanità e la preparazione dei vari professionisti della salute che all’epoca curarono il mio principe malato e ho scambiato milioni di pensieri e parole con infermieri meravigliosi, volontari incredibili, medici fantastici ….e a distanza di oltre 5 anni ogni pensiero ad un attimo vissuto sembra essere sempre una novità. Nonostante la sofferenza si perpetui inalterata, ancora oggi non trovo parole adeguate per ringraziarli per quanto hanno fatto per Alberto e per noi.

Ma il dolore più innaturale e inamovibile del mondo ha solo un senso: dare una parte di sé per cercare di regalare una vera speranza a chi sta vivendo un presente terrificante. “La grande corsa della speranza”, “Stragiaxà Race 2011”, canotte gialle, amici di corsa……sono tutti piccoli (ma grandi) espedienti che aiutano a srotolare l’inspiegabile pergamena dell’esistenza, cercando di fare qualche cosa di variopinto e profumato. Magari dolce e anche utile.

Ah,.. dimenticavo: il Natale non c’entra niente.

 
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