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Il ruggito del coniglio

Rubriche - Commenti e Opinioni

Vigano_Luigi_450x338_Monza_2010_foto_Roberto_MandelliSfogliando Correre sono incappato in una paginetta in cui Saverio Fattori racconta il grande successo della Maratona Azzurra (però rosa) a Berlino, le polemiche che tale successo ha acceso in Italia e racconta pure la post maratona della Straneo. Post maratona da tapasciona (certamente non da campionessa), che lo ha colpito in quanto portatrice di leggerezza e serenità. Leggerezza e serenità traspaiono anche nell’articolo e mi ricordano quei momenti simili che godevo ogni volta che mi capitava di ascoltare in radio “Il ruggito del coniglio”, amena oretta di svago a cavallo di argomenti seri metodicamente banalizzati e dissacrati, appunto con leggerezza e serenità, dagli autori.

Ritorno con il pensiero alla settimana di putiferio e delle fazioni createsi pro o contro l’uso (l’abuso?) delle lepri alle quali, nella pratica quotidiana, si aggiungono pure i gabbiani. E rilevo che il tutto è stato trattato e discusso abbastanza superficialmente, intendendo con ciò rilevare che si è affrontata solo la parte visibile della questione ma non si è andati in profondità ad affrontare la parte non visibile: quella psicologica. Per la verità, il risvolto psicologico affiorava qua e là ma veniva affondato come se fosse disdicevole parlarne. Credo, invece, sia la parte più negativa della vicenda. Tento, non essendo psicologo, di spiegarmi.

Siamo sicuri che tale pratica non indebolisce la “capacità di solitudine” che ogni atleta deve possedere per essere tale? Nel velocista questa capacità deve essere allenata per la pratica di qualche secondo o di qualche minuto. Mentre nel maratoneta la cosa si complica perché deve essere capace di essere “solo” anche per un’ora o più. Ma, nell’un caso o nell’altro, si tratta di una capacità necessaria alla pari di altre per fare un passo in avanti nella costruzione dei risultati, a qualsiasi livello siano.

Certo che disporre di una lepre, di un gabbiano, di un pace maker è una bella scorciatoia nel raggiungimento del risultato, ma certamente non aiuta nella costruzione del carattere competitivo complessivo. E non vale la scusante che non sei in scia dietro una bici, che se sei abbrancato dietro la maglietta giusta devi comunque far fatica. Rimane il fatto che, se non ti alleni alla “solitudine” avrai sempre bisogno della vicinanza del compagno di squadra, dell’allenatore e persino, se necessario e paradossalmente, anche dell’avversario.

Di questo argomento se ne parla troppo poco, nessuna scuola te lo insegna e men che meno chi allena.

Forse è questo il motivo che ha portato il Prof. Ticali a considerare la critica possibile solo tra “pari”, ovvero tra …..Professori. Forse non si è accorto, visti i risultati, che il sapere dei nostri professori rispetto agli altri sparsi nel mondo non è poi così eccelso. E poi, basta ricordargli che i piedi degli atleti puzzano tutti allo stesso modo……

Se proprio dovessi tornare a tapasciare (cosa impossibile) e avessi bisogno di un…… aiutino, mi rivolgerei al gabbiano Jonathan Livingstone.

Lui, nella sua splendida solitudine e con un puntiglio inossidabile (per forza, viveva in mare!) ha appreso la perfezione del volo in ogni minimo movimento. Proprio come un grande atleta. Sono certo che oltre all’aiuto, mi passerebbe conoscenza. Scusate se è poco.

Buone sudate e Buone Feste a tutti.

 

PS. Nelle gare di Formula Uno ve l’immaginate un Alonso che chiede un aiutino a….Bip Bip? E Massa che corre con Speedy Gonzales nel taschino della tuta?

 

 

Ultimo aggiornamento (Sabato 17 Dicembre 2011 03:36)

 
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