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Tabelle si, tabelle no, il running dei caki

Rubriche - Commenti e Opinioni

Vignetta_Carlo_Grimoldi_15.02.2012_CachiHo letto e riletto l’intervento di Marco Fantozzi e mi è parso di capire (e se ho capito male l’Autore mi corregga) che in tale intervento c’è soltanto un generale invito a porre molta attenzione all’uso (e all’abuso?) delle tabelle. Ed il necessario e salutare surplus di attenzione è causato principalmente da due fattori: il primo da una strisciante ignoranza tecnica (scusate la franchezza) di gran parte dei fruitori ed il secondo da una certa eccessiva presunzione da parte degli estensori di tali tabelle. Alcuni dei quali - bontà loro - le completano con qualche informazione aggiuntiva. Credo non ci siano altri modi per leggere l’istantanea che Fantozzi ha scattato al Movimento. Quindi certi commenti che si sono aggiunti li ritengo troppo individualisti e, a mio avviso, fuorvianti rispetto al tema.

Anch’io voglio peccare di individualismo e ammetto che non ho mai fatto uso di tabelle. Però, nella mia testa la tabella c’era, eccome! Era costruita da me, per me, con un po’ di buon senso e altrettante buone, ripeto buone, letture. Questo modo di operare l’ho appreso dalla frequentazione della montagna. Che ho affrontato come allora facevan tutti: con nello zaino i libri/guida editati dal Club Alpino Italiano, autorevolissimo ente preposto. Parole chiare ed inequivocabili. I tiri di corda allora erano di trenta metri, le tracce di sentiero ti invitavano all’attenzione, i gradi di difficoltà non davano adito a dubbi. Un passaggio di IV° era tale, se lo sapevi affrontare bene, altrimenti sceglievi un altro itinerario di salita. Come pure i tempi di percorrenza. Se non leggevi quelle paginette (ma nessuno dei”tapascioni” della montagna si concedeva tale lusso), era opportuno leggere quelle con le preghiere. E infatti, erano pochissimi i lutti tra i “normali” frequentatori della montagna. Morivano in proporzione molti più grandi alpinisti. Ma loro potevano permetterselo perché i traguardi che si prefiggevano erano per pochi, ovvero per i “campioni”. E’ proprio vero che i processi del “campionismo” (quello vero) sono uguali in tutte le discipline sportive.

Ritornando a noi, Il problema è far capire alla massa che non è la tabella che fa il campione, nemmeno quella fatta dal supertecnico . Al massimo, se ci tieni ad esserlo, ti farà un po’ più figo. Le tabelle in circolazione hanno lo scopo di farti andare più forte. Ma possiamo avere il dubbio che in origine la loro funzione non era questa? Che ai loro albori, servivano a costruire la macchina per andare più forte e poi, fatta una buona macchina, la velocità più elevata che veniva espressa era un fatto logico e conseguente? E’ un pensiero che viene da Marte o è terraterra? Possiamo avere il dubbio che la modernità non può e non deve scavalcare questo passaggio? Possiamo avere la convinzione che questo modo di “tabellare” la massa non produce campioni, che certamente produce qualche buon atleta degno di questo nome ma che senz’altro produce molti nani ed altrettante ballerine?

Questi sono gli interrogativi che mi sono stati posti dallo scritto di Fantozzi.

In merito al pagamento delle tabelle, non ho alcun particolare rovello. Ritorno alla montagna. Bonatti, a parer mio il più completo esponente dell’alpinismo moderno, oltre alla patente di “campione” aveva anche quella di “Guida Alpina”. Interrogato sui vantaggi economici che ciò gli aveva comportato, rispose: “Non mi sono mai legato con dei “clienti”. Solo con degli “amici”. E gli amici non ti pagano. Ci stava, al massimo, un calice di ringraziamento.”

E se qualcuno pensa che questo pensiero viene da Marte, credo abbia ragione

 

 

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 15 Febbraio 2012 22:06)

 
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