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Il mio Passatore...

Ultramarathon - Ultra - Aprile 2012

Menna_Antonio_passatore_2012Paura, sì, sì, questa è paura.

La mattina l’hai passata a completare le borse che Laura ti farà trovare al Passo della Colla, ce ne sono tre: una con i cambi per la notte che indosserai al Passo della Colla; una piena di miele, cioccolata, biscotti secchi, succhi di frutta e qualsiasi altra cosa ti è venuto in mente ti potesse aiutare; una con creme, balsami, cerotti, forbici che invece speri proprio di non aprire mai.

Sono le 9:30 del 26, Francesca, tua sorella, è appena arrivata e ti accompagnerà fino a Firenze insieme alla sua bella famiglia. Il viaggio parte da Faenza e lungo la via Faentina arriveremo a Firenze percorrendo la strada che di lì a poco correrai a piedi.

La paura aumenta; cerchi di mandare a memoria ogni curva, ogni pendio, ogni discesa. I cartelli che l’organizzazione ha disposto dalla sera prima indicano chiaramente i chilometri percorsi, il pensiero ricorrente è: “Come starai lì, beh, dopotutto c’è un po’ di discesa, ma non c’è discesa che tenga dopo 80 km”.

Firenze ci accoglie con una giornata calda, poco prima un clima uggioso ci aveva accompagnato fino a Casaglia, la città è veramente in preda ai turisti, pare che del Passatore e dei 2.200 iscritti non vi sia traccia, poi, man mano che ti avvicini alla Chiesa di Santa Maria Nuova, prima un cartello, poi un altro, che caldo che fa, ecco il punto di ritrovo.

Sono tutti indaffarati, insensibili alle parole dello speaker che snocciola dati, i turisti guardano, chiedono e scattano foto.

Ti cambi anche tu; è orami un rito: le scarpe, la fascia del cardiofrequenzimetro, ti ungi le gambe, indossi il pettorale e sei pronto! Ma sei vestito abbastanza? Forse troppo, senti freddo, ma il sole di Firenze rapidamente ti scalda.

Ascolti le parole di chi l’ha corsa varie volte, cerchi di scacciare la paura esorcizzando i due mostri che da li a poco dovrai scavalcare e il solo pensiero anche adesso ti emoziona: la Vetta le Croci e la Colla di Casaglia; pensi che correrai piano, molto piano, se i 42 km di una maratona sono lunghi, 100 km sono il doppio più atri 16 e il mantra che reciti ad ogni partenza mai come ‘sta volta è vero: “Vai piano, vai piano, vai piano”.

Un ultimo messaggio sul telefono, è di Laura che amorosamente ti scrive: “Dai, dai, ti amo” e tu ami lei. Senza il suo appoggio incondizionato non saresti lì oggi, a Firenze, con le scarpe da corsa, e mentre pensi questo l’orologio segna le 14:00, ancora un’ora e si parte. Paura.

Arriva Francesca con Sotero, suo marito, e le bimbe Lucrezia e Ginevra: come sono belle, corrono saltano, scattiamo qualche foto, affido lo zaino con il cambio all’allegra famiglia ed è già ora di prepararsi, sono le 14:40. Paura fredda.

Lo striscione della partenza steso in mezzo a via dei Calzolari ricorda a tutti che è la 40^ edizione e tra i partenti c’è chi ha presenziato a tutte le edizioni, se ce la fanno loro io “devo” farcela. Ancora paura fredda.

Ti siedi in terra, non sei interessato ai turisti che quasi ti calpestano, non ti interessano gli schiamazzi degli altri impegnati in foto e scherzi, tu vuoi ricordare ogni singola immagine di questa avventura, vuoi vedere come va a finire. Le pulsazioni sono scese, non più paura, il respiro s’è fatto lento, i muscoli sono morbidi, il cardiofrequenzimetro dice che il tuo motore adesso è al minimo 54/55bpm, tum, tum, tum. Adesso batte più lento, non hai più paura, sarà quel che sarà!

Le 15:00! Lo sparo, si parte, via!

“Io vado piano, io vado piano”, non senti il caldo, ti senti bene, si va, si corre, lenti ma si corre. Dunque se una mezza la corri a 4:30 al Km, una maratona a 4:50 qui devi andare moooolto piano, diciamo 6:00/km sul piano? Ecco, non devi andare più veloce.

Sei rilassato, saluti i vari concorrenti che conosci, i ragazzi della Podistica Solidarietà di Roma, alcuni del gruppo AVIS di Forlì, tanti altri volti che ormai fanno parte di quel mondo di cui sei parte.

Il ritmo s’è fatto costante, potresti correre per anni adesso, il motore è ai minimi giri, non sudi, saluti i vari spettatori sparsi lungo il percorso, e, tra applausi e battute, scorrono via i primi 5 km.

Inizia la prima salita quella ti porterà prima a Fiesole, poi alla Vetta le Croci, ti senti bene, puoi correre, lento ma puoi correre, e non ti risparmi, tu vai. Ed ecco che, come previsto, dopo la Vetta le Croci una dolce discesa si snoda sotto i piedi, si può continuare a correre; il panorama è bellissimo le colline di Fiesole con sotto Firenze sono uno spettacolo impagabile, così come il pubblico fiorentino che in continuazione incita: “Vai! Bravi, ragazzi!! Il cuore è gonfio di gioia, le gambe girano morbide e senza spigolature, si può andare; con giudizio, ma si può andare.

Borgo San Lorenzo, sono 30 km e sembra di essere partito da pochi minuti, sei felice, ora ti aspetta la gloria del primo traguardo intermedio, rallenti, ti fermi al ristoro, un po’ d’acqua, ti ungi le gambe, i muscoli devono rimanere morbidi.

Chiedi aiuto ad una passante perché non riesci a riporre l’ampolla dell’olio, un nuovo incitamento e via, si riparte.

Sai bene che da lì a poco dovrai rallentare: il primo mostro si è rivelato un topolino, ma il secondo sta arrivando, dovrai rallentare, camminare, ma è così che hai deciso di affrontarla e così l’affronterai, ma non prima di averlo sfidato!

L’immagine del paese in mezzo al primo strappo è davanti a te! Panicaglia lo attraversi con una corsa lenta ma inesorabile, piccoli passi, uno via l’altro senza fretta e senza paura, ma intanto bruci…..

Panicaglia con i suoi 35km e spicci è alle spalle, le colline sono inondate di sole, puoi distinguere i singoli suoni della natura, gli spettatori, prima presenti, ora sono via via spariti, nessun incitamento, non c’è più il ristoro delle discese e le gambe diventano dure! Pensiero ricorrente: dovevi camminare, il primo mostro non ti ha fermato, non ti ha rallentato, ma ti ha prosciugato le forze, ha messo a dura prova polpacci e tendini e adesso come fai? Rallenti, rallenti, sei al passo!

Non è un problema, è così che avevi deciso ed è così che devi fare, cammina, spedito ma cammina.

La salita si fa ancora più dura, lo sapevi, quindi cammini. Le gambe sono diventate spigolose, l’anca sinistra ti punge, il ginocchio destro ti morde e i crampi stanno arrivando, l’aria s’è fatta più fredda e la temperatura più bassa ti avvolge.

Ristoro di Ronta, sono quasi 4 ore che sei sulle gambe, il dolore ai polpacci assomiglia sempre più ad una tagliola che, prima lacera la pelle, poi affonda i sui denti nelle fibre dei muscoli, non ne puoi più, come correrai per atri 62 km?

La tenda della Protezione Civile con il servizio massaggi; ti trascini fino all’ingresso, chiedi ad un ragazzo del servizio come devi fare e ti indica una ragazza dallo sguardo dolce, ma anni di massaggi decontratturanti ti hanno insegnato a guardare le mani del massaggiatore e la ragazza avrà anche uno sguardo dolce, ma le sue mani sono grosse e callose, è esattamente quello di cui hai bisogno! Qualcuno che riesca a togliermi quelle due tagliole dai polpacci.

Detto, fatto, in 10’ la ragazza mi mette in piedi, sto bene, appena esco dalla tenda quasi svengo; un brivido, un terremoto di muscoli, tendini, pelle e ossa mi scuote dal basso verso l’alto, non riesco a tenere fermi i denti; mi vede un medico del servizio assistenza e mi invita a tornare indietro; rispondi che devi andare, devi correre, su quella strada c’è una persona da scoprire. Batti ancora i denti mentre fai i primi 100 metri.

Capisci che stai meglio, ma non devi esagerare e ti metti al passo, iniziano i tornanti con pendenze che a tratti raggiungeranno il 18%.

42,195 metri, quel cartello che ti indica che hai concluso il tratto della maratona lo avevi visto in macchina e adesso lo vedi da vicino, sono 5 ore che sei sulle gambe e ti manca un’ora per l’appuntamento con Laura alla Colla di Casaglia dove avrai completato i primi 48km, ed è con questo pensiero che arrivi lì! Tanta gente, tante macchine, lampeggianti blu, arancioni, tappeto di rilevazione, tenda del pronto soccorso, e tu corri, corri perché la crisi è alle tue spalle, hai avuto rispetto per la salita della Casaglia e inconsapevolmente ti sei ricaricato, sei pronto ad affrontare i 58 km che mancano per Faenza.

Passo il posto di controllo della Colla di Casaglia dopo 6:07’:29”, sono le 21:07, in tabella avevo indicato una forcella di mezzora tra le 21:00 e le 21:30!

Ecco Laura, amore mio bello, quasi mi metto a piangere, mi fotografa, passo dal ristoro dove una ragazza mi suggerisce un bicchiere di brodo caldo, “perché, eh, ti fa bene” mi dice in toscano, lo bevo, è buonissimo; Laura mi accompagna alla macchina, mi cambio, la maglia che ho indosso è bagnatissima, le spille da balia del pettorale hanno lasciato il segno della ruggine introno ai buchi come un’aureola, cominci ad avere freddo. Freddo, il nemico nelle prossime ore si chiama freddo. Quindi maniche lunghe, giacchetta antivento, guanti, monti la lampada notturna e via, si parte!

Laura mi passa qualche informazione prima di darci appuntamento a 5 km più avanti; Alan e Luca non arriveranno a causa del traffico, li vedrò a Marradi. Marradi, ancora manco riesci a dirlo, Marradi, ci sono un numero incredibile di chilometri da cavalcare per Marradi, ci penseremo più avanti.

Adesso è iniziata la lunga notte del Passatore, la discesa, il buio, i vestiti asciutti, il silenzio, il bosco, tutto è con te e ti spinge, ti rende leggero. Gli occhi spaziano dentro l’immensità del firmamento, una porzione di luna rischiara la pece della notte, sei felice e piangi la tua gioia. Proprio adesso, mentre la tua corsa è leggera, ti senti di far parte di qualcosa di molto più grande di te, e questa consapevolezza di coccola, ti culla e rende la tua marcia fluida, anzi diventi ora acqua, ora sibilo di vento e non ti fermi, mentre i chilometri scorrono come le ore. Tlin, tlin, il tuo orologio ti avverte che tra pochi minuti avrà esaurito la batteria, non importa, giusto il tempo di dirigere il fascio della lampada frontale su di lui, leggere gli unici dati importanti: Km 60,02 ore 7:38’17” e il gps mi lascia definitivamente. Ora sei proprio solo!

Sei solo oltre le tue Colonne d’Ercole che erano i 50 km di Romagna. Sei nella terra di nessuno, “hic sunt leones” pensi e, mentre lo pensi, ti ricordi della professoressa di Filosofia che quando ti trovava impreparato lo diceva spesso, e ridi.

Intanto, ogni 5 km, Laura ti supporta ti rifornisce e ti meravigli di quanto ti è semplice mangiare: ora frutta, ora barrette, ora biscotti, piadina, parmigiano, insomma tutto quello che trovi mangi. Questa è una cosa buona, Laura è contenta e mi trasferisce serenità, insieme a caffè e amore! Intanto, manca poco a Marradi.

Ma quella macchina la conosco, è mio padre che non ha potuto resistere, ma come avrebbe potuto, fu lui che mi portò adolescente a Faenza per vedere quelli del Passatore, era il 1979 o giù di lì, che mi sia rimasto qualcosa attaccato? Ma, dopotutto, penso che certi amori fanno giri incredibili e poi ritornano! Lo chiamo: “Ehi, papà! Mi hai passato da pochi secondi, torna indietro”, e dopo poco eccolo lì di fianco a me; sono felice che ci sia anche lui e ci diamo appuntamento a Marradi.

Urlo di gioia attraversando il traguardo di Marradi, sono 8 ore e 13 minuti che corro, ma sto benissimo, Laura l’amore mio, Luca, Alan e mio padre sono li per me, foto, pacche sulle spalle complimenti per l’ottima forma, e mi sento in forma, un bacio a Laura, un appuntamento per un’improbabile birra a Brisighella e posso fare quello che voglio, quindi riprendo a correre e mio padre che mi accompagna per qualche centinaio di metri, sto bene si va avanti!

Con Laura ci vediamo ancora a Sant’Adriano, i ristori si susseguono e non smetterò mai di ringraziarla per il suo instancabile lavoro fatto di assistenza, amore e caffè, tanto caffè. Sono 70 km adesso, comincio ad essere un po’ stanco.

Mi rifuggo nei pensieri più belli, penso ai miei bambini, alla mia famiglia e questa è immediatamente energia per la mente e le gambe non tardano ad allinearsi e girano costanti, io metronomo, io toro!

Lampeggianti blu, auto medica, spero nulla di grave, io vado, io corro, io gambe, io muscoli, io strada!

Attraverso il confine tra la Toscana e la terra di Romagna, gioia e festa, Alan e Luca sono lì, incitano, spingono e io sono una batteria che si ricarica e volo via verso Brisighella!

Laura, poco prima di Brisighella, mi chiede: “Come va?”, inizio a far fatica a mandare giù qualsiasi cosa, questo è male, se non mangio mi fermo e io non mi devo fermare, io devo arrivare prima a Brisighella e poi a Faenza.

Le ripartenze dopo gli stop sono sempre più difficili, sono quasi 11 ore che corro e i muscoli non ne vogliono più sapere. Le cose si fanno un po’ più confuse, ma devo reagire e reagisco! Mentre elaboro questo pensiero, entro a Brisighella: 88 km e 11:28’10”, allora esiste ‘sto Paese, riesco a bere e mangio uno spicchio di mela, un paio di pacche sulle spalle con uno come me e via, riparto, discesa piccola, ma discesa, proprio non ci voleva, ogni falcata è una frustata che ti lacera i tendini, i muscoli sono marmo e io sono dolore.

Dopo 2 km, prima di Errano, a circa 10 km da Faenza, Laura è preoccupata, mi chiede in continuazione come sto, non devo avere una bella faccia, i pensieri non sono più lineari, devo resistere alla tentazione di accovacciarmi, i crampi mi salterebbero addosso come un branco di iene, e non posso, non voglio, a 8 km da Faenza non posso assolutamente fare errori. Chiedo a Laura di passarmi l’olio, voglio ungere ancora le mie gambe e mentre lo faccio mi sembra di essere di fronte ad un atlante di anatomia, i tibiali sono usciti dalla loro sede naturale e, partendo dal basso, delineano prima una riga sottile e, poco sotto lo stinco, si allargano fino a diventare quasi il retro di un cucchiaio da brodo, mamma mia che roba! Riparto, devo andare a Faenza, ma prima con Laura definiamo un strategia: ci vedremo ogni chilometro e definiremo di volta in volta cosa fare.

Faenza, 5 chilometri, dice un cartello dell’organizzazione, da qui in avanti i chilometri mancanti verranno scanditi uno ad uno, questa consapevolezza mi dona nuova energia. Affronto la prima rotonda, prenderò per il centro!

Proseguo ancora e faccio l’ultimo stop, Laura, al 98° chilometro, mi dice che ormai è fatta e guardandomi compassionevole e mi dà appuntamento all’arrivo, io l’amo e riparto.

La corsa, da quasi 10 km, non è più un gesto atletico, è diventato qualcosa di metafisico, i passi si susseguono incessanti all’unico scopo di raggiungere Faenza, 99° chilometro; il centro storico, manca veramente poco, le gambe si allungano, è finita penso, 1.000 metri, 900 metri, 800 metri, 500, 300, 200, 100! Passo l’arco del traguardo, urlo di gioia!

Sono partito il 26 maggio alle ore 15:00 da Firenze e sono arrivato a Faenza il 27 maggio alle ore 04:10. Ho percorso 100 km in 13:08:37!

Grazie Laura, amore mio, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza di te, grazie alla mia famiglia, grazie ai miei amici, grazie Passatore!

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 30 Maggio 2012 09:55)

 
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