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Battista Marchesi all'attacco degli ottomila

Ultramarathon - Ultra - Aprile 2012

Scalare un ottomila, la montagna più alta del mondo, sarebbe il desiderio di tanti alpinisti. Tista lo è, i suoi ottomila però sono chilometri, lui è un alpinista diverso che ha scalato tante montagne in passato, questa volta le ha chiesto di inchinarsi e lei lo ha fatto solo per lui. Proprio domani il suo gps ne conta oltre settemila che, percorsi in ottantotto giorni, significa un risultato di tutto rispetto e, come avrebbe detto Michele Lubrano, noto giornalista Rai, “la domanda giunge spontanea: c'è qualcuno che ha fatto meglio?”.

Tista però pensa ad altro, a giorni abbandonerà Montisola, la regina che regna e divide il Sebino, ma che stavolta non è riuscita né a dividere né a smorzare la sua determinazione. Dopo tre sofferti tentativi, ce l'ha fatta. Con la montagna si è riappacificato, si sono abbracciati senza vergognarsi dei passanti che, incuriositi e meravigliati si sono chiesti: “E’ incredibile come possa nascere un amore così diverso, un amore così grande che da noi non si è visto mai.”

“Non dire niente,” risponde col nodo alla gola Tista, “lo so che mi vuoi bene e anche io te ne voglio, innamorarsi alla nostra età non è facile, ma quando succede si vorrebbe che questo amore non finisse mai. Fra poco partirò, non posso portarti con me, sei troppo, troppo pesante, lasciati rubare almeno una parte di te”. I vecchi rancori del 2009 sono ormai annebbiati, lei si è scusata, non sa nemmeno piangere, sono le foglie dei suoi alberi che lo fanno per lei, il loro sudore si trasforma in lacrime che sorridono di gioia.

Anche Tista è "shockato", le sue pulsazioni sembrano impazzite, non è facile riprendersi, ma lui è abituato alle forti emozioni e sa voltare pagina alla svelta.”E' stato un mese molto contrastato”, dice, “né le bizzarrie meteo né i momenti di alta tensione e né le paure inconfessabili sono riuscite a bloccarmi: sono stato fortunato”, ammette.

Gli dispiace andare via, ma ormai è giunta l'ora, l'abitudine delle solite cose è uno sprone per un ricambio di aria nuova. Agli isolani mancheranno i suoi mille passaggi e a lui mancheranno Loro.

Stanotte l'incontro con Piero Moretti, l'alpino pescatore che, prima di salire in barca, ha voluto stringere la mano al Tista, ha saputo che deve andare via. Solo un attimo, poi Marchesi se ne va, deve stringere i tempi alle emozioni. Insegue le luci brillanti dei catarifrangenti posti al limite della sponda, sul lungo lago. “Devi stare attento amico mio, se inciampi cadi nel lago, ricordati sempre che non sai nuotare. Se sei solo, potresti anche annegare”. Non risponde, non perché sia insonnolito come quella barca che si fa cullare dalle onde infreddolite del lago. Lui conosce questa sponda a menadito, va spedito come il buio fosse chiaro, i suoi occhi aquilini sono la sua lampada per la notte.

Poco dopo Marchesi si blocca al fosco porticciolo di Carzana, è inutile che si guardi attorno, non c'è nessuno, è solo una prova, prova le sue emozioni per quando partirà.

Inverte la rotta e punta la Rocca di Sensole, costruita dagli Oldofredi nel XIV secolo, che dall'alto domina il versante sud-est dell'isola, una tappa che non poteva non vedere.

La bella giornata stimola Tista a parlare, ci spiega cosa mangia, mangia sempre, ogni giro dell'isola (nove chilometri) ritorna al civico 12 di Carzano per i suoi piccoli spuntini, ha imparato a far da sé, lo ha imparato a pagina ventuno del libro le “Giovani Marmotte” dove su una chiosa ci sta scritto: “Chi fa da se fa per tre”.

La scodella del latte non può mancare, segue pane e marmellata, una fetta di “Bologna” con formaggi e persino del buon pesce. Non si fa mancare nulla, cerca sempre la banana, un’arancia con dei kiwi sono sempre ben graditi. Lecca il miele ogni tanto, ma il diabete lui non ha. Ecco aggiunge la nutella, se la mangia con le dita alla faccia del galateo. Insomma, la dieta punti non gli va, quella dei beveroni neppure, e le diete che nascono all'alba e finiscono al tramonto. Mangia sempre tutto il giorno, solo la sera prende il piatto del ristorante e se lo porta a casa sua.

Non controlla solo il suo peso, guarda pure le sue scarpe. “Queste non si consumano mai”, dice Tista, “le avessi avute in America, avrei evitato di incollare sotto quelle scarpe, le pezze di copertoni che trovavo lungo le strade”.

Saluta le sue anatre che ha visto per un mese, la barca solitaria che incontra tutte le notti, si ferma varie volte al pontile da dove partirà e tocca il monumento degli alpini a lui molto caro. Al termine della giornata mostra per la prima volta il suo fedele amico e compagno, colui che non lo lascia mai un momento e che per nove mesi lo accompagnerà, è il gps che tiene al polso, l'unico testimone fedele e instancabile.

“Addio mia bella isola, grazie di non avermi respinto stavolta, chissà che a novembre non torni a dirti: grazie!”

Racconto n.13: Battista Marchesi - 19100 km no stop per nove mesi

 
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