Nuovo Portale

Questo portale cessa la sua funzione al 30 Dicembre 2012. Il nuovo portale può essere raggiunto al seguente indirizzo:

www.podisti.it

 da cui è possibile scegliere tra i diversi portali specializzati: Magazine (tutte le news e gli articoli), Calendario (tutte le gare del calendario podistico italiano), Foto (migliaia di foto da scaricare ogni settimana), ClassificheSondaggi

Giazza (TV) - 2° Trail dei Cimbri

Veneto - Primapagina

“All je hén ga-hóart in bint piasan ime bal”. La frase in lingua cimbra, dialetto di origine germanica ancora diffuso in alcune zone montuose del Trentino e del Veneto, dovrebbe significare più o meno: “Tutti hanno sentito soffiare il vento nel bosco”. Io, in verità, più che il vento, ho sentito sbuffare chi arrancava al passo dietro di me nella splendida faggeta attraverso cui siamo saliti, nella prima parte del “Trail dei Cimbri”. Era la seconda volta in vita mia che mi avventuravo a Giazza o Ljetzan, minuscolo paesino annidato all’estremità settentrionale della Valle di Illasi, nonché enclave etnico-linguistica cimbra in un territorio ai margini nord-orientali della provincia di Verona. Ne conservavo un vago ricordo, legato a un lontanissimo, caldo ferragosto di tanti anni fa. Domenica scorsa, invece, le condizioni ambientali erano ancora più primaverili che pienamente estive. La temperatura era infatti piuttosto fresca e un rapido quanto innocuo acquazzone ha fatto da prologo alla corsa. Per non rischiare avevo portato con me un giubbino antivento che poi mi è servito a ben poco e che – come mi aveva avvertito Antonio Rossi – mi è stato solo d’impaccio. Giunti a Giazza verso le sette e mezza del mattino, parcheggiamo l’auto senza alcun problema nel piazzale dove stanno affluendo i concorrenti e provvedo con calma al ritiro di pettorale e pacco gara. Al momento della punzonatura noto subito che non c’è una gran ressa: qui sono quasi tutti “uomini di montagna” (molti i veronesi e i vicentini) e credo che l’unico “uomo di pianura” (un “mantoan”) presente sia il sottoscritto. Probabilmente la concomitanza con l’affollatissima trentesima edizione della Straverona (18000 partecipanti) ha un po’ penalizzato la corsa di Giazza, che si presentava peraltro come “corsa in montagna nazionale”. Sia come sia, al momento della partenza (alle nove in punto), ci ritroviamo in circa un centinaio. Salutati dall’augurio di Fabio Rossi e dallo sparo del trombino (una via di mezzo da un cannoncino e un archibugio), affrontiamo il tratto iniziale del percorso, su strada asfaltata in leggera pendenza. L’ambiente è incantevole: in un silenzio ristoratore risaliamo una valletta dai fianchi boscosi. Dopo qualche chilometro, abbandoniamo l’asfalto per salire lungo un sentiero scosceso, a tratti roccioso, che s’inoltra in un bosco di faggi. La salita non dà tregua e anche i più ostinati, a un certo punto, sono costretti a salire al passo. Pochissimi i tratti in falsopiano che consentono di riprendere fiato. Salendo di quota, la vegetazione boschiva cede il posto ai tipici pascoli di alta montagna. In prossimità del passo Zevola (1800 m. di quota) il paesaggio si fa più aspro e brullo. Fino a questo punto ben pochi sono riusciti a superarmi, ma da qui in poi inizia una lunghissima discesa (circa nove km), lungo la quale sarò superato da almeno una ventina di altri concorrenti, compresa la terza donna classificata. Per quanto faccia, in discesa sono un disastro e non riesco ad allungare il passo, nonostante il gradiente non eccessivamente ripido e il fondo a tratti erboso. Rassegnatomi a perdere posizioni, cerco di godermi un po’ il panorama e il fresco. Si scende accanto a un torrente, sul fondo della bellissima Val delle Fraselle. In questo tratto del percorso incontro molti escursionisti che risalgono la valle in senso contrario al mio, trascinandosi dietro – non so per quale motivo – dei rami di abete. Dopo aver guadato il torrente, la strada sterrata si trasforma in una specie di pista cementificata che mette a dura prova muscoli e articolazioni. Nonostante un dolore improvviso al polpaccio, riesco a mantenere un’andatura discreta e ad affrontare senza eccessivi problemi gli ultimi due km di gara. Sceso nel “centro” di Giazza, affronto un’ultima salitella, risalgo nel piazzale da dove siamo partiti e mi ritrovo – quasi senza accorgermene – a tagliare il traguardo in solitario. Il cronometro segna due ore e quattro minuti: tanto ci ho messo per percorrere circa 19 km, metà dei quali in discesa. Il vincitore, un marocchino, è già arrivato da un bel po’ e tra i tanti che mi hanno preceduto ci sono anche tre donne. Peccato però non aver saputo con precisione il mio piazzamento finale: a tutt’oggi, martedì 12 giugno, non sono ancora riuscito a reperire la classifica ufficiale della gara. Più tardi, osservando la mappa del percorso, noterò che assomiglia all’immagine di un cuore. Un simbolo quanto mai appropriato, per chi ama questo tipo di corse che richiedono davvero un cuore forte e ben addestrato.

Era da tempo che non affrontavo un trail e la corsa di Giazza è servita, per me, a ravvivare un’antica (e forse un po’ insana) passione del trail running.

Qualche nota sull’organizzazione che mi è sembrata discreta ma, francamente, non impeccabile. Riguardo alla segnaletica, personalmente non avuto alcun problema, ma ho sentito che qualcuno ha sbagliato percorso lungo il sentiero all’interno del bosco. Al ristoro finale, io e altri ci siamo ritrovarti improvvisamente senz’acqua da bere, ma qualcuno dell’organizzazione ha provveduto subito a rifornirci di bottigliette. La quota d’iscrizione era ragionevole (20 euro) e assicurava un pacco gara comprendente, tra l’altro, un buon pasto (peccato non aver potuto fermarmi a gustare gli gnocchi di malga) e una bella maglia tecnica, color verde smeraldo, col logo della corsa.

Il mio prossimo appuntamento col trail estivo sarà probabilmente a fine luglio, sul Baldo, sempre in territorio veronese, ma molto più a ovest rispetto a Giazza e alla bella terra dei Cimbri.

 
Ultimi 60 servizi fotografici