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Monza - 52^ Monza - Resegone

Lombardia - Primapagina
Monza_Resegone_2012_squadra_149_foto_Roberto_MandelliTre cuori e un solo battito
Uhh,uhh,uhh,uhh,uhh, silenzio… silenzio… è fiato corto sale, sale il battito, il battito corre..insieme, accelerato, la salita è faticosa, non immaginavo così, non vedo, non vedo, la luce, la luce, la luce, non illumina,  ripeto le cose tre volte, tre volte, tre volte. Tre volte come il fiato per un respiro un respiro, non riesco a fermarmi, il respiro è corto, a calmarmi, che caldo, la terra sotto le unghie, il sudore dalla fronte scende copioso, le caviglie che dolore, le gambe che fatica sollevarle, dammi la mano Alberto, dai la tua mano a Marco, Alberto prendilo stiamo insieme, insieme, siamo arrivati, ce l’abbiamo fatta,  insieme come siamo partiti eccoci insieme.. insieme siamo arrivati, siamo arrivati…. Basta, basta, basta siamo arrivati, siamo arrivati, siamo arrivati.
Ore 22:00 – 23 Giugno 2012 .
“E qui sul palco dell’Arengario a Monza per la 52^ Edizione della Monza Resegone 2012 sale il terzo ed ultimo gruppo di questa società romana del Cral Poligrafico i “Resegone nun Te Temo”, Alberto Donnini, Marco Bombelli, Marcello Perotta..ragazzi perché questo nome?” “ Nome ambizioso, lo ammettiamo, scelto soprattutto per sdrammatizzare“ rispondo al simpatico speaker sul palco.
Due ali di folla ci applaudono mentre partiamo, uniti verso la conquista del Resegone. Dobbiamo tenere un passo intorno a 5 minuti a km, è quello che abbiamo deciso nell’unica riunione tecnica avuta solo la sera precedente. Dobbiamo tenerlo per i primi 32 km fino a Calolziocorte, dopodiché vivere la più grande avventura con le ultime forze che ci rimarranno ancora nelle gambe.
Dopo il bagno di folla applaudente della partenza è un susseguirsi, di incitazioni e partecipazione popolare, nei paesi che incontreremo, lungo le statali, nel buio della notte quando un’auto ti affianca e dal finestrino senti gli incoraggiamenti di un bambino. Questa è la 52^ edizione, questa è la festa d’inizio estate dell’intera Brianza. Ogni paese ha il suo beniamino, il figlio, la nipotina quella che corre, la “Siura delle Poste”. Sono tutti in piazza, anziani, adulti , bimbi fino a notte fonda.
Con passo cadenzato, dopo nemmeno un km, siamo già fuori dall’abitato della città di Monza.
Prima gelida constatazione…il percorso non è chiuso al traffico e siamo già immersi tra le auto nella statale che ci corrono vicino ma con rispetto. Le squadre sono partite con intervallo di 20/30 sec, salvo battute sul palco, l’una dell’altra.  Mi sento bene, mi sono allenato bene, mi offrono di prendere la testa del trio cercando di cadenzare il passo previsto, tagliando l’aria ai miei compagni, cercando di favorirli della mia scia. I passaggi sono perfetti, al 5°km primo ristoro, 25 minuti al decimo 50’, al 15° 1 ora e 15, incredibilmente i km li corriamo tra 4’50 e 5,02.
Fa caldo siamo stati tutto il giorno sbattuti con i nostri bagagli su di una panchina ad aspettare sotto il sole la consegna dei pettorali per la partenza, uno stillicidio che durava da due giorni di attesa, le nostre gambe non vedevano l’ora di partire e correre e si vede dalla bella cadenza che hanno. Eppure sono mesi che aspettiamo questa gara, abbiamo dovuto allenarci nell’obiettivo di non deludere i compagni di squadra. Questa è una Maratona che si corre in tre dall’inizio alla fine, i tre nominativi comunicati per le iscrizioni non potranno essere  sostituiti se non per gravissimi motivi. Ognuno di noi intimamente sa che un proprio infortunio, un proprio ritiro inficerebbe la prestazione degli altri due e squalificherebbe la squadra e butterebbe dalla finestra anche l’esborso economico sostenuto. Si corre soprattutto per i propri compagni, si corre uno per l’altro, come dice il nostro amico Marco Raffaelli si “Si corre in tre ma con un solo cuore”.
Al passaggio della Mezza Maratona, nei pressi di Calco inizia una rapida discesa di due km.
Alberto prende il comando, glielo concedo volentieri. Il mio Garmin si è rotto di nuovo nonostante la mia riparazione fatta prima di partire, la fascia sul braccio che mi tiene documenti, cellulare e soldi non fa che scivolarmi sul braccio sin dall’inizio gara, recuperare per qualche minuto e mettermi dietro ed essere tirato dagli altri lo accetto di buon grado anche per risolvere sto problema del portacellulare senza dovermi fermare. Qui Alberto, indole competitiva, fa correre le gambe, 4,30 a km, forse anche meno il mio Garmin è defunto non posso verificare, ma il ritmo è troppo veloce nonostante sia discesa, le gambe si imballano, con le mie anche quelle di Marco. Arriviamo al 25° ancora in orario, vediamo Marco affaticato, siamo e corriamo l’un per l’altro. Anche io dopo le lunghe discese corse veloci sento le ginocchia lamentarsi ma sto bene. Incitiamo Marco a prendere il comando e a dettare il suo ed il nostro passo.
Tra il 25° e il 30° km perdiamo il ritmo che avevamo finora tenuto, ma non c’è nessun problema ci si adegua al ritmo di chi sta meno meglio nel trio. L’importante è arrivare in cima al monte Resegone siamo a 237mt di altitudine,  Coloziocorte,  di qui in 10km si raggiungerà la vetta di 1173 della Capanna Alpini Monzesi.
La maratona è spietata sempre, non sai mai cosa ti possa riservare, oggi è il nostro Super Bomba ad accusare gli sforzi e la fatica di questi giorni e della gara. Ma ci siamo noi con lui e cerchiamo di assisterlo per come possiamo, quando una parola in questi casi può essere poco e due possono essere troppe.
Durante questi primi 30 km abbiamo dispensato saluti e ringraziamenti ad ognuno che ci salutava, abbiamo speso preziose energie, ma non puoi non essere riconoscente ad un territorio che ti applaude e incita come tu fossi un loro beniamino. Gira un foglio con l’elenco delle squadre, il loro nome, il nome dei componenti. Ad ogni paese trovi chi ti chiama per nome.
La tensione sale, Marco è nervoso di questa sua condizione, lo capisco, uno si allena seriamente per mesi e quando te la devi godere inizi a soffrirla. Ma gli esempi incontrati lungo la strada, i tanti ritirati, i corridori piegati in due dai dolori di una congestione piuttosto che di un malore, una botta di calore ci hanno mostrato come possiamo ancora ritenerci fortunati ad essere ancora in gara.
Durante il percorso spesso venivamo verificati dal personale di vigilanza della gara in modo del tutto casuale. Durante tutto il percorso si deve essere in tre e sempre in tre pena la squalifica. Da Calolziocorte si sale lungo tornanti e scalette di montagna fino a Rossino a 406mt. E’ qui che troviamo la nostra auto parcheggiata venerdì come deposito bagagli. E' qui che incontriamo Daniele che sta aspettando la moglie Antonella del Turbacci Team. E’ qui che ci fermiamo a cambiarci gli abiti leggeri usati finora per indossare gli abiti più pesanti per affrontare il freddo della montagna.
Sarà l’una e mezza di notte è buio pesto, indossiamo le lucine sul capo, ci cambiamo, chiudiamo la macchina e ripartiamo. Siamo perfetti ed organizzati.
Tra Rossino e Erve corriamo lungo le gole della montagna che ci porteranno ad Erve, ultimissimo check prima dell’incognito.
La strada stringe sempre più, camminiamo e corriamo, per ridare fiato a Marco, un po’ di cammino e un po’ di corsa.
All’ingresso ad Erve ci facciamo una foto, l’ultima che ci vedrà per un po’ ancora sorridenti.
Alla verifica di Erve, ennesimo ristoro gara, incontriamo Alessia e Valeria la moglie di Stefano, siamo accolti con baci e abbracci, che bello! Incontriamo la squadra di Liliana, non è riuscita ad entrare in gabbia oraria nel tempo previsto. Siamo dispiaciuti per l’accaduto. Cavolo arrivare quassù per scoprire che sei fuori gara non è giusto, che senso ha un cronometro in una gara così dura con il 30% di ritirati? Ci concediamo un ristoro più tranquillo, due chiacchiere e non solo Marco ne trarrà beneficio. Ripartiamo, siamo al 36°km, è buio pesto abbiamo già 4km impegnativi di tornanti e scale sulle gambe, nonché i 32 di corsa su strada, ma ci aspetta un dislivello di 600mt in 6 km di sottobosco e roccia in montagna e siamo, soprattutto, stanchissimi.
Subito attacca una rampa di cemento per circa 600mt interminabile ripida come una scala, al fianco corrono dei gradini che decidiamo di camminare.
Mentre finora hai mandato le gambe ed i passi uno di fronte all’altro, ora devi cambiare il movimento ed alzare alternativamente una gamba dopo l’altra. Faticosissimo!
Alzo lo sguardo e nel buio pesto della notte si vede il serpentone di lucine illuminare quale sarà la via da percorrere sul fianco della montagna. Alcuni passaggi sono letteralmente mani a terra, a cercare l’appiglio dove tirarsi su con le braccia, dov’è l’appoggio per il piede nella roccia.
Qui Marco ritrova una inaspettata forza e grinta, quel piccolo malessere o stanchezza che aveva accusato sembra essere passato. Adesso è fatica vera per tutti.
Una ragazza davanti a me, urla di dolore. Ha dei crampi al muscolo tibiale anteriore. E’ ferma e i suoi amici più su. La parete è talmente verticale che il suo piede è all’altezza dei miei occhi. Le dico stai tranquilla aspetta un attimo, non vedo nemmeno il suo viso dalla mia visuale, le massaggio 20 secondi la tibia. I crampi li devi comprimere. Ne trae sollievo, mi ringrazia e tutta la cordata riprende la risalita. Sono interminabili questi ultimi chilometri. Il fiato è corto e la fatica tantissima. Scivolo sulla massicciata, con la lampada a led illumino il pericolo ai miei compagni, siamo al 40°km. Si sale ancora ne mancano solo due. Il percorso non sembra migliorare, finalmente un ristoro, un bicchiere di provvidenziale acqua ci ritempra. Ripartiamo quasi subito non ne abbiamo più. Siamo sfiniti, stremati e si affaccia sulle espressione dei nostri volti quel fatidico ghigno del “Ma chi ce l’ha fatto fare….”.  Siamo tutti in fila non è possibile superare ne pensare di correre in questi ultimi km.
Alberto in tutto questo ultimo percorso non ha fatto altro che deliziarci con i suoi sonetti romani dal “Fiorin Fiorello l’amore è bello…al Fatece largo che passamo noi” che nel bel mezzo del silenzio della montagna, rotto solo dalla cadenza dei respiri corti di chi la sta scalando, nei volti provati dei podisti padani non fanno che sostenere il desiderio che finisca tutto, sonetti compresi, subito e presto!
Si esce dal bosco gli occhi si alzano al cielo, si sente il vociare sempre più forte. D’improvviso lì su di noi, la sagoma del Rifugio degli Alpinisti Monzesi, la Capanna, il traguardo della Maratona più faticosa finora percorsa.
Ci prendiamo per mano sono gli ultimi passi, siamo lassù in cima. Siamo arrivati e lo speaker ci da il benvenuto “I Resegone nun te temo” conquistano il Resegone!
Felici di aver compiuto una vera impresa, una piccola avventura ci abbracciamo e con questo cancelliamo le parole, le parolacce le tensioni che ci hanno messo alla prova per 42 km.
Ritiro lo zaino che avevo spedito da Roma per ritrovarlo all’arrivo della gara contenente un cambio pulito da indossare per ogni componente della squadra. Ci cambiamo e ci sdraiamo sulle rocce della montagna, esausti. Dopo circa un’ora arrivano gli altri amici del Birra Turbacci team sempre della nostra squadra, Marco, Stefano e la fortissima Antonella, alla sua prima prova sulla distanza della Maratona ci salutiamo e con le  prime luci dell’alba affrontiamo il percorso a ritroso su percorso meno ripido e tecnico ma più lungo, almeno 6km, che, dopo la fatica della notte precedente, è la colazione che ti regala la Monza Resegone
Una gara unica, di tradizione, la festa di un territorio, un’impresa unica, difficile a tratti drammatica. Un’avventura che segna l’inizio dell’estate e con questa l’ultimo impegno agonistico, che aprirà le porte ad un periodo di recupero e di spensierato correre per ville, parchi e luoghi di vacanza, dimenticando, consapevolmente, di indossare un cronometro al polso.
Una gara che mentre scorri le mani sul terreno per cercare di tirarti su maledicendo il giorno che hai spedito l’iscrizione, già pensi che l’anno successivo la correrai forse con gli stessi compagni, forse con altri, ma sicuramente di nuovo su quella cima arriverai.
Una gara chiusa, nonostante i guai, con un dignitosissimo 4ore 53 minuti e 54 secondi, 95^ assoluti.
Un ringraziamento ai miei compagni di avventura Alberto Donnini e Marco Bombelli che di questa impresa, con me, ne hanno voluto far parte con gioia, impegno, reciproco affiatamento ed affidamento.
 Al prossimo anno, di nuovo, su quel palco all’Arengario!

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(Foto di Roberto Mandelli - Podisti.Net)  SERVIZIO FOTOGRAFICO

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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 27 Giugno 2012 01:17)

 
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