Vezza d'Oglio (BS) - 7^ Red Rock Skyrace
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Let There Be (Red) Rock!
Mai come in questo caso il riferimento al rock, musica che amo pazzamente, si addice. Mai come in questo caso la mia partecipazione era di conseguenza doverosa. Mai come in questo caso la mia doverosa partecipazione è stata decisa all’ultimo momento… direi quasi all’ultimo minuto.
Avevo una mezza idea di ripropormi ai nastri di partenza di una competitiva dopo un mese dalla splendida maratona del Ventasso, ma le mie condizioni fisiche mi lasciavano con la pagina aperta del calendario sky di agosto senza il definitivo “click” che mi avrebbe portato sulla relativa home page e di conseguenza nella consueta pratica dell’iscrizione. Orobie Skyraid? No: dislivello importante, ma soprattutto la paura del caldo con la partenza alle nove. Acqua, Terra, Cielo? No, troppi chilometri: il mio ginocchio mi avrebbe definitivamente mandato a donnine di facili costumi. Roncobello? Nemmeno per sogno: non mi piace il percorso e anche lì avrei fatto i conti con il caldo.
Non avevo onestamente mai sentito parlare della RedRock Skymarathon ma, dopo essere sceso dal Resegone con gli amici di PB e dopo averne sentito parlare da loro, mi informo. Maratona: e qui non è trippa ma… una sky di circa 28km per 1500 di dislivello? In compagnia? Partenza h. 7.50? Beh: sono dati che quantomeno mi portano ad approfondire il discorso. Telefono e la gentile signora già mi prende i dati: cominciamo bene! Poi mi informa che c’e’ un buon pasta party all’arrivo ed inoltre con un’offerta libera, se porto il letto da casa, mi fa dormire in un comodo vano con bagno ed acqua calda. Ne parlo con Sabrina giusto quei 30 secondi per essere già con il borsone chiuso e sigillato nel bagagliaio posteriore dell’auto. Si parte!
Arrivati a Vezza d’Oglio, alta Valle Camonica, ci attende la gentile signora e un ragazzo che ci accompagna al vano: enorme, anche se non proprio pulitissimo. Ma va bene e mentre ci sistemiamo, sentiamo il vociare degli amici di PB che giungono a destinazione. Cena, chiacchiere (tante, “grazie” a tal Mario) e via a nanna. Nanna? Nemmeno per sogno: a posteriori potrei affermare che la parte più dura del weekend è stato condividere quello stanzone con una persona, giunta dopo di noi, che tossisce e russa. Russa e tossisce. E russa tanto, ma tanto, che copre addirittura i tuoni e l’incessante acquazzone notturno che si abbatte sulla valle, un rumore tale che avrebbe coperto anche i riff di chitarra di Angus Young! Praticamente una notte in bianco.
La mattina i temporali lasciano spazio ad un cielo terso, qualche bianca nuvola ed una frizzante arietta: tutto perfetto per una bella gara! Ci portiamo in zona partenza per vedere gli arditi della maratona e puntuali, ore 7.50, inizia la nostra avventura.
Sabrina farà gioco di squadra con le tostissime ragazze di PB (citiamole: Paola, Nadia, Dany e Paola), mentre io mi adagio nella “pancia” di un plotone formato da circa 150 elementi. I primi chilometri, tutti in salita, si dividono tra strada asfaltata e mulattiera sterrata. Larghe entrambe ed entrambe comode, anche se non donano certo al percorso una caratteristica da sky. Il tutto però si sviluppa in un ampio bosco di larici; il che fa sì che si corra, sempre e costantemente in salita, senza particolari problemi climatici. Al termine di questi sette chilometri quasi tutti percorsi correndo, mi imbatto nei primi skymaratoneti partiti venti minuti prima di noi.
Tra di loro vi sono Luca e Luca, che supero prima di un lungo pianoro, e Daniele, che raggiungo all’attacco del Monte Pagano. Tra di loro, appunto, questo lungo pianoro che gira intorno al monte e che ci apre la vista ad una spettacolare valle, il cui termine coincide con una visuale meravigliosa: il lago d’Iseo! Rallento, un po’ per godermi il panoramico tratto e un po’ per via di un sentiero così stretto che la pianta larghissima del mio piede fa fatica ad incastrarsi. Ma va bene così: mi faccio superare da due atleti, che riprendo tranquillamente nel primo tratto di discesa, e mi lascio cullare da cotanta visione. Poi si gira, repentinamente, e si attacca il Pagano: cima Coppi della gara. La vista da lassù è impareggiabile e il cielo terso ci aiuta anche a scorgere, nemmeno troppo in là, la vetta dell’Adamello e i suoi ormai piccoli nevai. Una tecnica cresta fa da preludio alla discesa, dapprima ripida e poi comoda, il cui inizio coincide con la divisione dei percorsi. Chi farà la lunga andrà su, chi farà la più corta scenderà ed è quello che farò io, nuovamente inghiottito dal bosco e da una lunga picchiata prima tecnica ed un po’ fangosa, poi più comoda, ma ricca di saliscendi che spezzano ritmo e fiato. E, in uno di questi “mangiaebevi”, scorgo la filiforme sagoma del Rossi, che ormai stufo di scendere e soprattutto stufo di non vedere mai la fine, si lascia andare ad un’andatura meno cattiva e più turistica. Lo prendo quando ormai il sentiero lascia spazio alla lunga strada che ci proietterà all’arrivo. E questo è il mio pane: scendere e calpestare l’asfalto, anche se è una pratica che, nonostante favorisca la mia prestazione, non mi diverte.
E non mi diverte anche il fatto di avere un ginocchio, il solito ginocchio, che si è svegliato e mi chiede di finirla, al più presto e senza sconti! Nonostante ciò supero un altro atleta e mi fiondo al traguardo, contento, ma dolorante. La mia priorità, ora, è quella di munirmi di un qualsivoglia pezzo di ghiaccio (naturale, secco, spray) che possa lenire il dolore. Ma l’ambulanza di turno ne è clamorosamente sprovvista e dovrò arrangiarmi con un tuffo fuori programma in una vasca gelida. Questa inusuale pratica lenisce comunque la sofferenza, abbastanza per portarmi in zona docce: altrettanto gelide.
Ma non è un problema e risveglio i sensi assopiti in vista del roboante arrivo delle tostissime ragazze di PB: che avviene tra gli applausi di un ancora numeroso pubblico e tra i fotografi che mai si sarebbero aspettati tanti soggetti, e che soggetti, da immortalare in un sol colpo.
Finisce così la Red Rock Skyrace ma è ancora lunga la “recita” degli arditi che hanno deciso di cimentarsi nella versione “strong”. Arrivano alla spicciolata, chi contento per la propria prova e chi, purtroppo, per aver fatto i conti con il cronometro e soprattutto con cancelli obiettivamente un po’ strettini.
Ma la festa coinvolge anche i “cancellieri” in un clima abbondantemente bagnato non da un nuovo acquazzone, ma dalle tante birre stappate per onorare al meglio una domenica in compagnia, mentre l’altoparlante nella zona arrivo spara ancora rock’n’roll a forte volume, ma così forte che forse (ma non ne sono certo) sarebbe stato l’unico modo per non udire, nella notte appena trascorsa, quella “falciatrice umana” che mi ha tenuto sveglio per tutta la notte.
L’anno prossimo, se mai troverò un’ugola altrettanto robusta, saprò come difendermi. I-Pod, cuffiette e Angus Young: e il potentissimo riff di Tunder Struck sconfiggerà il “male”, magari anche quello al ginocchio!