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L’Heysel e la memoria perduta

Dal Mondo - Cronache

Brussels_1_targa_HeyselMartedì scorso, di buon ora, sessione di running a Bruxelles, anche se, vista la mia velocità, sarebbe meglio parlare di jogging. Era presto, molto presto, considerato che la riunione di lavoro iniziava alle 8.30 e quindi, calcolando l’oretta di corsa, il tempo di prepararsi e gli spostamenti, la sveglia aveva suonato quando fuori era ancora buio.

Sono solito frequentare questa bella città, sede generale della società per cui lavoro e abitualmente dormo in un'altra zona per poi correre al Park de Bruxelles, di fronte al Palazzo Reale. E’ frequentatissimo dai runners a tutte le ore, forse perché più centrale. Stavolta invece mi era toccato spostarmi più verso nord ed ero finito in un un hotel vicino alla zona dell’Expo. Quindi avevo deciso di sgambettare in solitudine nel parco dell’Atomium. La monumentale rappresentazione dell’atomo di carbonio, oltre 100 metri d’altezza, è sempre un bel vedere, se poi si è dei chimici lo è ancora di più.

Inizio e conclusione del tour erano presso lo Stadio intitolato a Re Baldovino. Questo impianto è stato ricostruito non molto tempo fa, anche se le cose non sono state fatte bene, visto che non risponde ai requisiti imposti dall’UEFA per le partite di calcio. Insomma serve giusto per qualche meeting di atletica, come il bellissimo Van Damme, recentemente commentato dal collega Annoscia, ma è chiaro che uno stadio così grande non può vivere una sera all’anno. Andrebbe riabbattuto e ricostruito una seconda volta. Ma non è per questo che ve ne voglio parlare.

Il vero motivo è che una volta si chiamava Heysel.

Brussels_2_atomiumAll’andata le porte erano chiuse, mentre al ritorno c'è un cancello spalancato e riesco ad entrare per arrivare fino al vero obiettivo del giro, ovvero fermarmi qualche minuto in raccoglimento sotto la targa che ricorda quei 39, uomini, donne, bambini. Morti nel 1985, rei soltanto di essere andati a tifare per la loro squadra del cuore. L’effetto che mi fa la lapide non è molto bello. Lì in alto, le scritte quasi illeggibili, non un bel ricordo.

All’uscita trovo un “gendarme” che mi ammonisce, dicendomi che non potevo entrare… Peccato che quando ero passato dal medesimo ingresso pochi minuti prima, nessuno mi avesse detto nulla. Passano gli anni ma la gestione di questo impianto lascia sempre a desiderare.

Che quei poveretti riposino in pace. Una prece.

Ultimo aggiornamento (Giovedì 13 Settembre 2012 14:19)

 
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