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Disarmato

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Jutta sorrideva sempre…

A volte faceva il muso del topo e arricciava il naso come per sberleffo. Altre soffiava come un gatto, poi rideva a crepapelle e finiva incrociando gli occhi. Ma Jutta correva anche, e lo faceva per 6 giorni di fila. Aveva 44 anni, ne avrebbe compiuti 45 se il cancro non se la fosse presa. Lo dico così, perché non trovo appigli a un dolore improvviso.

C’è e basta e bisogna chiamarlo con il suo nome. Jutta era di Essen, un posto lontano, che se provi a fare l’itinerario su Guida Michelin, da Crevalcore ti passa la voglia. Costa una cifra perfino il volo, che poi ti lascia a Brema o Colonia e di lì te la devi fare in treno o in autonoleggio. Comunque Jutta l’ho conosciuta in Ungheria, alla 6 giorni sul lago Balaton nel 2011. Pareva in vacanza Smile (come l’avevo ribattezzata). Io sfangavo chilometri di sudore e madonne, mentre lei candida come la neve di Natale, se ne stava a sciogliersi sul prato con una birra ghiacciata a portata di mano. Poi, quando noi comuni mortali si cedeva alle grinfie della notte e al dolore dei tendini dopo qualche centinaio di chilometri, lei si buttava nella mischia e carezzava le nostre afflizioni con i suoi sorrisi buoni.

Non le fregava per niente del risultato, ma si godeva l’ambiente e dispensava buon umore a iosa. Mi ha perfino curato, tentando un estremo bendaggio (era fisioterapista o giù di lì…) quando il mio periosteo aveva deciso di farmi urlare. Poi, quando le cose si sono messe al peggio per me (frattura della tibia) e bye bye risultato, lei mi ha accompagnato più volte nelle notti gelide magiare, dispensandomi parole di assurda simpatia unite a coccole materne. Tant’è che quando la mia mente malata ha deciso di ritentare l’avventura “6 Giorni” anche nel 2012, scorrendo la lista degli iscritti mi sono augurato di vedere nuovamente quel nome tra i partecipanti. E c’era. Ricordo che mi si è infiammato il cuore, memore dell’anno precedente e mi sono chiesto se non fosse un caso che anche lei tornasse proprio dove io cercavo un sogno, e magari il suo, poteva essere quello di chi si diverte a spingere quello altrui.

Ma poi cercando su internet ho scoperto che Jutta aveva un passato di atleta, di ultramaratoneta con i fiocchi. 66 gare internazionali ufficiali, dal 1998 ad oggi. Due presenze con la maglia della Nazionale tedesca: una ai Campionati Europei della 24 ore ad Apeldoorn (Olanda) nel 2001, dove si era classificata 12^ donna e 2^ di categoria e l’altra sempre ai Campionati Europei della 24 ore nel 2002 a Gravigny (Francia), dove aveva ottenuto la 14^ piazza femminile assoluta e la 4^ di categoria. Poi un’infinità di chilometri (7671,122 in gare ufficiali) in 15 anni di magnifica passione. Una delle poche atlete al mondo ad aver partecipato (e concluso) 5 gare ufficiali sulla distanza dei 6 Giorni. Ma questi sono solo numeri e rivestono la permeabilità dell’essere umano, cosi come la statistica ne definisce i contorni. E’ l’essenza che da il colore ai giorni. E quelli di Jutta erano fatti di amore, quel tipo di cura che dipinge ogni cosa con l’allegria del vivere, senza domandare nulla in cambio. Ho visto mettere chili di bene nei sorrisi di questa donna e mi si sono posati sulla pelle come una brezza forestiera che scalda all’alba di un giorno d’inverno. Aveva il bene tatuato nel sangue, e questo, questo, mi ha disarmato. Sì perché nel mio egoistico vivere, non riesco ancora ad aprire la porta ad un così alto sentimento. Jutta era malata da un anno e conosceva la sua scadenza. Sapeva che era a breve.

Ha chiesto un permesso speciale agli organizzatori della 6 Giorni del Balaton, per potervi partecipare anche quest’anno, con un’unica motivazione: “voglio trascorrere le ultime ore della mia vita, là dove ho trascorso le più belle. In mezzo agli amici del sudore, e vedere per un’ultima volta la loro gioia, così che possa essere in parte anche la mia”. Aveva chiesto che nulla sapessimo. Voleva solo regalare un alito della sua vita, senza rumore, senza compassione, solo con amore. Anche quella el 2012 per il sottoscritto è stata un’edizione sofferta, in tema di 6 giorni. Ma quest’anno ho raggiunto il mio obiettivo, e quando questo è successo erano circa le 2 del mattino dell’ultimo giorno. Il circuito di Balatonfured era semideserto e la stanchezza finale aveva vinto buona parte dei concorrenti, mentre io imboccavo l’ultimo rettilineo che mi separava dai quei fatidici chilometri che avevo sognato per 2 anni. Lei era là, seduta accanto al paletto piantato dall’organizzazione, come effigie delle mie fatiche. Ricordo che il mio pianto ha intasato gli occhi e la sua immagine si è fatta nebbia. Ma sorrideva. Smile mi ha abbracciato e mi ha regalato le parole. Le sue, quelle di un qualcuno qualsiasi che si stringe alla gioia di qualcun altro, solo per donare un attimo di amore, mentre tu voli sulla nuvola più alta e sogni ad occhi aperti. “Sei felice, adesso… E io lo sono per te…”

Si può ricevere qualcosa di più grande in una piccola vita…? Io sono disarmato per questo dono e non riesco a trovare il dolore nel mio cuore, per la sua perdita, tant’è immenso il senso di quello che mi ha dato. Ho tatuato sulla mia pelle, al rientro in Italia, quel risultato. Perché le cose vere, quelle che mi hanno fatto crescere, le ho sempre volute incidere sulla pelle. Poi s’era detto che la sofferenza (perché è tanta in 6 giorni), avrebbe lasciato il posto alla gioia della conquista e nessuna replica in futuro, ma solo quel tatuaggio a ricordo di tutto.

Jutta sorrideva sempre. Pardon… Jutta ride sempre, ma corre anche, e lo sa fare per 6 giorni di fila…

La prossima edizione della 6 Giorni di Balatonfured (HU), in programma a Maggio 2013, sarà dedicata alla memoria di Jutta Johring… Ci vediamo là, Smile…

 

 

 
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