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Daverio (VA) – Trail delle Terre di Mezzo

Lombardia - Primapagina
passeri davideo arturo barbieri daverio2012Due anni son passati, già due anni, dalla mia ultima gara trail prima dell'infortunio ed era proprio il Trail delle Terre di Mezzo, prima edizione.
A due anni di distanza, due settimane dopo una maratona, ci riprovo. Non  avevo subito affaticamenti e non mi sarei perdonato se fossi mancato: iscritto alla lunga, la 35km con 970m di dislivello positivo, 3km in più e dislivello quasi doppio rispetto a due anni fa.
Una scelta pesante, azzardata, però la base c'è, i lunghi sulle gambe ci sono, devo solo anzi, “SOLO”, gestirmi usando la testa: facile a dirsi, ma non a farsi. Sullo sterrato solitamente mi lascio andare e la crisi da appagamento è alle porte e memore della volta precedente, quando la testa mi disse basta a 3km dalla fine, l'obiettivo questa volta è divertirmi. Mi ambiento subito la sera della vigilia nella cena low cost, organizzata prima del breafing, anche per accogliere chi arriva da lontano e dormirà nella palestra messa a disposizione gratuitamente.
Oggi qualcosa è andato nel modo giusto, un repeat di due domeniche fa alla maratona quando c'era la fame di rientro, di esserci ancora, la mia marcia in più.
Terza edizione di questo trail e, come da tradizione, bagnato dal meteo: sarà una caratteristica, ma la trovo ideale anche se, per chi vi lavora, è sicuramente preferibile il sereno; se in una corsa in montagna è indispensabile il bel tempo, per godere dei bei panorami, in un trail quasi, completamente boschivo, in pieno autunno penso che vincente sia la nebbiolina, quel senso di misterioso, di magico che ti assale quando distogli lo sguardo da dove appoggi i piedi per guardarti attorno.
Si parte in circa 300 per la 35km, puntuali alle 9, e dopo qualche km di terreno misto asfalto-sterrato ecco che la pavimentazione si stabilizza sullo sterrato, sempre corribile, talvolta su carrarecce di campagna, talvolta su sentiero in boschi misti o castagneti con brevi tratti in single trek su un terreno che comunque ha tenuto bene alle piogge delle ultime settimane.
Per i primi 10km è un continuo cambiare compagni di viaggio, chi parte più forte e poi scivola nelle retrovie, chi arranca in salita per poi recuperare in discesa, chi viceversa. Si corre da Daverio verso le frazioni che portano alla Piana di Vegonno nel comune di Azzate, la piana dei Poeti, poi attraverso un tratto boschivo ci si porta nel territorio di Caidate dove si dovrebbe avere una vista sulle Grigne e sul Generoso, ma oggi ammiriamo soltanto il castello ben conservato.
Si arriva al primo dei tre ristori completi e abbondanti di liquidi e solidi, altri due saranno occasionali con solo acqua, e mi accorgo di avere poco dietro l'amica Sabina e la vedo un po' affaticata dagli allenamenti, ma per lei è ancora presto essendo una ultratrailer.
Alla ripartenza dal ristoro finalmente si comincia a formare un gruppo fisso per qualche km: un po' tiro io in pianura e salita, con passettino costante ed economico, in discesa invece ci guida un altro. In questo tratto penso a quanto sia bello correre in questi posti, in mezzo alla natura, al silenzio disturbato solo dal rumore dei liquidi che ballano nelle borracce e quello delle piccole gocce d'acqua che cadono dal cielo e faticano a raggiungere terra rimbalzando da una foglia all'altra, il silenzio interrotto dal calpestio delle scarpe sulle foglie bagnate.
Attraverso alcuni tratti pianeggianti tra un bosco e l'altro. Si passa da Mornago e, dopo aver attraversato la provinciale e un ponte creato per l'occasione sul torrente Strona, poi verso Bernate in Casale Litta: cinque saranno i comuni attraversati e sono da lodare gli organizzatori che sono riusciti a ricavare un tracciato di 35km con più del 90% su sentieri in una zona molto urbanizzata.
Da lodare sono anche i 56 volontari della società organizzatrice e delle varie protezioni civili che per ore sono stati appostati nei bivi strategici per dare la giusta direzione ai podisti. A loro un saluto e un grazie più che meritato per la pazienza dedicata per garantire lo svolgimento di un evento di uno sport che magari, a loro, non dice nulla.
Nella parte centrale del percorso resto al comando di un gruppetto di cinque persone e insieme facciamo una decina scarsa di km, fino al terzo ristoro del 26° km circa  dove ci servono due valbossini vestiti da elfi.
In questa fase lentamente recuperiamo un buon numero di posizioni e mi sembra di interpretare il ruolo di Caronte, il traghettatore che raccoglie le anime affaticate in questo inferno che ti si crea attorno se non sei stato in grado di dosare le energie e ti presenta il conto, con le fiamme interpretate dalle foglie che in questa stagione ne prendono appieno i colori e te le ritrovi che ti avvolgono ancora appese ai rami e sia in terra mischiate ai tanti ricci delle castagne che, finalmente, sono tornate dopo due anni di magra causa malattia da cinipide.
E queste anime che per un po' si attaccano alla locomotiva, poi si staccano e fanno da elastico. Quando mi giro mi sento felice perchè sento di stare ancora bene e mi diverto anche in un paio di discese, un pochino tecniche, in cui ripasso le tecniche di frenata dello sci di fondo.
Per un attimo il silenzio è stato interrotto da uno stridulo del sottoscritto dopo una “scavigliata” in un breve passaggio in single trek in fondo a un vallone con terreno un po' fangoso ed erba alta intorno: qualche passo zoppicando poi, a caldo, ho ripreso subito a correre con buona postura.
Dopo il ristoro con l’elfo sopracitato, chi ha animo ultratrail dimostra di avere scaldato i motori come Sabina, e con un ritmo decisamente superiore va per la sua strada, o meglio sulla stessa mia strada, ma con velocità superiore. Qualcuno si stacca e io me ne resto a correre solo con me stesso  per l'ultima ora di gara concentrandomi sul dosaggio delle ultime energie e recuperando qualche altra posizione ai danni di chi cominciava ad accusare i crampi.
Riesco sempre a correre abbandonandomi al passo solo in brevi tratti delle tre salite della parte finale dove il terreno non aiutava per il fango o il fondo sconnesso. Questa è la parte più impegnativa, già percorsa anche da chi ha partecipato alla 14km, con il 60% del dislivello che si  affronta dopo il ponte sul torrente Strona al km16 e le salite sono in genere non più lunghe di 500m, ma secche e si guadagnano 100-150m di dislivello alla volta.
A 3km dalla fine comincio, finalmente, a sentire la fatica, la stanchezza che non avevo sentito durante la maratona, il segnale che il fisico ha dato e ha bisogno di un pochino di pausa. I rettilinei sembrano infiniti ed infinita sembra anche la gincana tra i campi di grano, all'ultimo km, usciti dal bosco in direzione arrivo.
Ultima salitella, si sente la musica e si vede l'arco gonfiabile e, come un ciclista che si invola sul traguardo al termine della fuga, mi tolgo la mantellina e la metto nel taschino sul retro della maglietta. Si gira intorno alla palazzina della cultura, qui gli amici mi incitano invitandomi a muovermi perchè la polenta è già in tavola, e si entra dal retro evitando anche l'ultimo tratto di asfalto.
Alzando le braccia al cielo e mostrando la maglia con l'aquila disegnata sulla schiena, taglio felice il traguardo dopo 3h48 immortalato da Arturo. Poi mi aspettano la canna dell'acqua per lavare il fango da scarpe e gambe, una veloce doccia e un fantastico terzo tempo con polenta, salamino e formaggi.
Tutto perfetto.
Davide Passeri is back in trail-running's world, ora c'è solo da divertirsi

Ultimo aggiornamento (Martedì 06 Novembre 2012 16:52)

 
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