Nuovo Portale

Questo portale cessa la sua funzione al 30 Dicembre 2012. Il nuovo portale può essere raggiunto al seguente indirizzo:

www.podisti.it

 da cui è possibile scegliere tra i diversi portali specializzati: Magazine (tutte le news e gli articoli), Calendario (tutte le gare del calendario podistico italiano), Foto (migliaia di foto da scaricare ogni settimana), ClassificheSondaggi

Commenti e Opinioni

Epidemia d’asma a Londra!

Rubriche - Commenti e Opinioni

Logo_Londra_Olimpiadi_2012E’ un’autentica epidemia quella che ha colpito la capitale britannica in occasione dei giochi olimpici, ma rispetto alle caratteristiche classiche, il meccanismo di contagio è abbastanza anomalo. Innanzitutto sta colpendo soprattutto, se non unicamente gli atleti, lasciando in pace gli spettatori.

Il problema è che il contagio non è frutto dalla vita in comune al villaggio olimpico, in quanto molti dei partecipanti si sono presentati già ammalati, o meglio muniti di regolari certificati medici a dichiarare di essere soggetti asmatici.

Prestazioni in calo? Risultati sfalsati? Non crediamo proprio, anche perché secondo quanto riportato dal più che attendibile "British Medical Journal", questo andazzo va avanti da diversi decenni. Detto questo la notizia si può interpretare bene, nel senso che specialmente nelle attività anaerobiche, gli sforzi massimali possono evidenziare maggiormente delle deficienze altrimenti “nascoste.

Al contrario si può pensare male, come diceva Andreotti, il quale aggiungeva che in tal modo si faceva peccato, ma spesso si azzeccava la previsione. Eh si, perché utilizzando le medicine “appropriate”, ovvero broncodilatatori, steroidi ed affini, si ottiene un indubbio miglioramento delle performances, grazie ai benefici che ne derivano non solo alla respirazione ma anche sul cuore.

Comunque la vogliamo girare, il dato di fatto è che a Pechino 2008, circa il 20% dei ciclisti e nuotatori in gara era asmatico. E si è pappato un terzo delle medaglie. Ma lo sport non fa bene alla salute? Di certo gli “asmatici” fanno bene al medagliere.

rodolfo.lollini@podisti.net

Add a comment

Ultimo aggiornamento (Giovedì 26 Luglio 2012 13:32)

 

Incontriamoci al MC doping

Rubriche - Commenti e Opinioni

Vigan_Luigi_225x300_Foto_Roberto_MandelliOgnuno di noi è entrato almeno una volta in quella catena di esercizi commerciali dediti alla ristorazione veloce. Ogni sportivo, se vuole, può accedere alla catena del doping; catena, strutturata nel mondo intero, proprio come l’altra: facilità di accesso, velocità nel servizio, ampia scelta sia in quantità che in qualità, prezzi tutto sommato abbordabili, vetrine che ti ammiccano compiacenti per invogliarti ad entrare e…..consumare. Unica differenza: non c’è il marchio. Mc Doping è pressoché invisibile. Proprio come la mafia. Se qualcosa di tanto in tanto appare, è pronto all’opera il pompiere di turno che con abbondante schiumogeno soffoca l’incendio e copre tutto. Se lo schiumogeno scarseggia, a coprire ciò che ancora emerge provvede l’ignoranza del popolo sportivo. Personalmente mi preoccupa il fatto che tra tutti questi aspiranti pompieri non c’è differenza tra lo sportivo da televisione e quello da campo; tutti schiumano a più non posso. Non credo che tra le migliaia di schiumatori o aspiranti tali, la faccia da padrone la cattiva fede o, peggio ancora, la connivenza. Gradirei essere nel giusto pensando a un pò di buona fede e a tanta tanta ignoranza. Non vorrei che qualcuno si offendesse ed allora chiarisco. Alcuni certamente si ricordano che Lentini (giocatore di calcio in forza al Milan) distrusse la sua sportivissima macchina perché, montato il ruotino di scorta, credette di poter ugualmente andare a 200 all’ora. Ignoranza riferita al contesto sportivo dell’automobilismo. La sua intelligenza calcistica, invece, era nella media dei professionisti pallonari di allora. La fortuna ci mise del suo: nessuno morì e lui si portò a casa la pelle.

E sempre con un pò di fortuna, finora la nostra tribù non ha subito lutti (almeno sembra). Ma per rinsavire, per essere un po’ meno ignoranti, è proprio necessario dover piangere qualcuno? Non è forse meglio inquadrare il problema per quello che è, cioè riconoscere che prima di tutto il doping è un’aberrazione chimica e come tale va trattato? E che deve essere trattato senza valutazioni soggettive del tipo: questo è un mio conoscente; in quanto tale, non può essere dopato perchè io non posso essere amico di un dopato. Questo strisciante pensiero occupa parecchie righe in troppi commenti. Questo modo di pensare non fa altro che assolvere (quando se ne presenterà la necessità) anche il più marcio dei tapascioni. Di conseguenza vale come un’assoluzione collettiva. E’ questo che vogliamo? Se sì, armiamoci di coraggio e diciamolo apertamente. Però ricordiamoci che il Mc Doping dei professionisti dispone di servizi professionali. Il Mc Doping dei tapascioni è poco più di un self service. Con tutto quello che ne potrà derivare.

Le conseguenze per i professionisti non mi interessano più di tanto. Mi preoccupano invece quelle che potrebbero toccare da vicino il nostro mondo. Che per quanto mi riguarda non è il mondo federale nella sua totalità. Gli atleti assoluti (ormai presunti tali) hanno i loro anticorpi per limitare i danni qualora dovessero andare al Mc Doping a farsi uno spuntino. Mentre quei pochi anticorpi patrimonio del nostro mondo, oltre ad essere pochi non funzionano, proprio perché la s-conoscenza collettiva impedisce loro qualsivoglia strategia di intervento.

Se vogliamo capire il valore della cultura collettiva in un determinato contesto, possiamo prendere ad esempio la donazione di sangue. Ci son voluti decenni di informazione per convincere tutto il Paese che donare il sangue è bello e buono, in ogni senso. Ed è pure salutare. Solo I Testimoni di Geova non si sono convinti ma non disperiamo. Nel terzo millennio quei cittadini italiani che non donano sangue lo fanno per due motivi: o non possono o non vogliono, senza se e senza ma. Per raggiungere questo risultato non si sono fatte campagne pubblicitarie una tantum, non si sono ingaggiati testimonials eccellenti. Si è fatto un lavoro oscuro di convinzione, di informazione, di presenza nei posti più disparati ed insperati, di durata nel tempo, con una struttura “maratoneta”. Ce lo dimostra la storia dell’Avis, anche se qualche volta si è macchiata di più d’una nefandezza.

Il Coni, le Federazioni, la nostra, invece sono completamente assenti salvo alcune iniziative di facciata fatte così, tanto per tacitare i rompipalle di turno oppure per rincorrere una moda. Ricordate dove furono trovate le migliaia di autocertificazioni antidoping che furono firmate dai tesserati di ogni ordine e grado in occasione dell’iniziativa “Io non rischio la salute”? Quintali di carta preda dei topi e dell’acqua, in uno sgabuzzino del Coni. Se ben ricordo, all’Acqua Acetosa.

Non solo. La nostra Fidal, ha impostato tutto il suo progetto di tesseramento esclusivamente sui numeri, senza pensare un attimo alla qualità dei suoi tesserati. Una specie di Equitalia dello sport, basta riscuotere. Non solo, ha in animo di indire anche il tesseramento individuale, così da aggirare le società sportive, ultimo e fragilissimo baluardo per divulgare un minimo di cultura sportiva.

In un futuro molto prossimo, se non succederà nulla di nuovo, saremo tesserati di una Federazione che da una parte (a parole) combatterà il doping e dall’altra, al suo interno, si troverà degli spacciatori. E’ già successo in passato, ma gli spaccia erano professionisti. Nel futuro, saranno apprendisti stregoni. Bella differenza, vero?

.

(Foto di Roberto Mandelli - Podisti.Net)

.

 

 

 

 

Add a comment

Ultimo aggiornamento (Giovedì 12 Luglio 2012 01:32)

 

Olimpiade 2012: inclusi ed esclusi

Rubriche - Commenti e Opinioni

Avevo cominciato col commentare il pezzo del collega Lollini , poi veniva troppo lungo...

Non discutiamo sulle certezze rappresentate dai punti fermi o comunque quelli che rappresentano il meglio della nostra atletica.

Invece i criteri soggettivi nelle valutazioni degli atleti si prestano a molteplici considerazioni, talvolta si ha la (brutta) sensazione che prevalgano ragioni di altro tipo, che sfuggono alla logica di scelte che invece dovrebbero essere legate alle capacità, agli effettivi meriti ed alle prospettive degli atleti stessi. Le scelte sono fatte da persone che sono, o dovrebbero, essere competenti in materia, piacerebbe conoscere le motivazioni e invece poco o nulla sappiamo. Inevitabile venga più di un dubbio.  

Ecco alcune delle scelte che appaiono tecnicamente poco motivate.

La Mastra, sesto velocista, quale sarebbe il tempo che lo rende meritevole di convocazione? Oppure quali credenziali di livello presenta per un Olimpiade? E poi, ce ne vogliono veramente sei?

Manuela Gentili, 400hs, sesta staffettista della 4x400 femminile. A che titolo? Corre rarissimamente i 400 ed ha un personale molto più alto di tutte. Perché lasciare a casa Marta Milani, atleta che con la maglia azzurra ha sempre dato il meglio di sé ed è stato un esempio per tutti?

Yuri Floriani, 3000 siepi: minimo corso una sola volta a fronte di un’attività pluriennale un tantino anonima, compresa l’esperienza degli Europei di Helsinki, dove è stato ripescato e dove nella finale, gara più modesta di tutti gli Europei non ha dato il benché minimo segnale di presenza.

Simona La Mantia, è lontana parente dell’atleta che conosciamo; difficilmente ha superato i 14.30 ed è lontana dalle misure di qualificazione che serviranno per essere ammesse alla finale olimpica e da una con le sue potenzialità non ci si dovrebbe accontentare della presenza.

Staffetta 4x100 maschile: dopo Helsinki la delusione è tanta, ora si ripresentano più litigiosi che mai e non hanno centrato il minimo olimpico nel 2012.

Weissteiner e Romagnolo: minimo conseguito per pochi decimi/secondi, prestazioni scadenti ad Helsinki, riusciranno a passare il primo turno? Ovvio che glielo auguriamo però qualche dubbio viene.

Al contrario ci sono delle esclusioni che appaiono poco logiche:

Matteo Giupponi, marcia, è giovane, ha fatto il minimo A ed è un atleta su cui investire, perché rimane a casa? Dopo il no ai mondiali, neanche l’Olimpiade, riusciranno a fargli perdere la voglia?

Claudio Stecchi, aveva conseguito il minimo del CIO e poteva costituire un investimento per il futuro.

Giulia Martinelli, aveva conseguito il minimo A e confermato quello B, meno 1 centesimo; 21 anni appena compiuti, altro investimento perduto

Marta Milani, vedi sopra; nella 4x400 non sarebbe stata il collante necessario in campo e nello spogliatoio?    

Resta un caso “Chesani”, salto in alto: ha fatto il minimo A in inverno, non si è più ripetuto e ha fatto una stagione incolore, ma ha 24 anni e Londra poteva essere uno stimolo importante per la sua crescita.

Forse sono osservazioni di chi vive all’esterno le situazioni, non conosce le dinamiche delle scelte. Forse. Però le perplessità ci sono tutte e sarebbe bello capire di più.

Add a comment

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 11 Luglio 2012 08:47)

 

Londra 2012: convocazioni e polemiche

Rubriche - Commenti e Opinioni

Eccola qua la lista dei convocati per l’olimpiade, insieme alle polemiche che puntualmente fioccano in questi casi: Logo_Londra_Olimpiadi_2012

Uomini Daniele Meucci (5000/10.000); Ruggero Pertile (Maratona); Emanuele Abate (110 hs); Jose Bencosme (400 hs); Yuri Floriani (3000 sp); Marco Tamberi (Alto); Fabrizio Donato (Triplo); Daniele Greco (Triplo); Lorenzo Povegliano (Martello); Nicola Vizzoni (Martello); Fabio Cerutti (4×100); Simone Collio (4×100); Rosario La Mastra (4×100); Davide Manenti (4×100); Diego Marani (4×100); Jacques Riparelli (4×100); Giorgio Rubino (20 km); marcia Alex Schwazer (20/50 km); marcia Marco De Luca (50 km).

Donne Gloria Hooper (200); Libania Grenot (200, 400, 4×400); Elena Romagnolo (5000); Silvia Weissteiner (5000); Nadia Ejjafini (5000/10.000); Rosaria Console (Maratona); Anna Incerti (Maratona); Valeria Straneo (Maratona); Marzia Caravelli (100 hs); Antonietta Di Martino (Alto); Simona La Mantia (Triplo); Chiara Rosa (Peso); Silvia Salis (Martello); Giulia Arcioni (4×400); Chiara Bazzoni (4×400); Elena Bonfanti (4×400); Manuela Gentili (4×400); Maria Enrica Spacca (4×400); Elisa Rigaudo (20 km); marcia Eleonora Giorgi (20 km).

Polemiche che certamente sono fisiologiche quando si fanno delle scelte, quello che ci sfugge, ma non siamo soli, sono i parametri utilizzati.

Howe non ha il minimo: tra gli esclusi eccellenti il capolista è senza dubbio Andrew Howe, fresco campione italiano dei 200 metri che ha ottenuto il minimo A nel 2011. Quello B lo ha solo sfiorato a Bressanone in una gara col vento contro. Lui resta a casa ed a Londra mandiamo 6 (sei) staffettisti per la 4x100, con qualcuno che vanta qualche numero in meno del reatino (almeno dal loro piazzamento in finale…) e forse, sottolineiamo forse, solo qualche conoscenza giusta in più. Almeno così la pensano diverse persone sui social network.

Comunque le regole sono regole e se non hai ottenuto il minimo, ti puoi chiamare Howe, è giusto che tu resti a casa. Molto bene, ma allora perché non partono Silvano Chesani (alto) e Anna Giordano Bruno (asta)? “Per motivi tecnici, così come previsto dai regolamenti federali” sentenzia il sito del CONI… Beh, allora se passiamo ai motivi tecnici, credo che sia difficile uscire da questo “cul de sac”.

Tra l’altro a noi i conti non tornano nemmeno sul numero degli esclusi, in quanto se non ci sbagliamo, gli esclusi sono un pochino di più. Ai summenzionati vanno aggiunti l’ostacolista Gentile ed il marciatore Giupponi, di cui vi avevamo già parlato in un’intervista con il suo coach Michele Didoni e già allora sentivamo puzza di bruciato. Se abbiamo ben capito le motivazioni, Giupponi ha conseguito il limite “troppo presto” (non parliamo del secolo scorso, ma nel 2012…) mentre per la Giordano Bruno “la sua condizione fisica non è ottimale”. Forse doveva fare il record del mondo e non solo il minimo A.

Quindi a casa i campioni come Howe, a casa quelli col minimo A, cosa fare con le giovani promesse? Emblematico il caso di Giulia Martinelli, minimo A nel 2011, quest’anno le è mancato un centesimo. Quindi a casa anche la siepista, tanto faremo come al solito il pieno di medaglie e l’importante è trovare come scoraggiare qualche giovane alla pratica dell’atletica. Non se ne può più di queste maree di giovani che intasano piste e pedane. Speriamo di riuscire a dirottarne qualcuno verso il calcio o le selezioni di Veline, anche lì, se non sei convocata, passa circa un quadriennio prima della prossima chance.

rodolfo.lollini@podisti.net

 

Add a comment

Ultimo aggiornamento (Giovedì 26 Luglio 2012 13:20)

 

Recensioni: “Cinque cerchi e una stella” di Andrea Schiavon

Rubriche - Commenti e Opinioni

Libro_Cinque_cerchi_e_una_stella_Andrea_SchiavonCinque cerchi ed il sogno olimpico. La stella di David e tutto quanto questo simbolo ha significato negli ultimi ottantanni. La vita del marciatore Shaul Ladany ruota attorno a questi due simboli a cui aggiungeremmo volentieri un logo accademico, in omaggio alla sua lunga carriera universitaria, che si è sviluppata, come la sua esistenza, in giro per il mondo. 

Andrea Schiavon, in “Cinque cerchi e una stella” (Add Editore – 176 pagine – 14 €) ci narra la storia di questo marciatore partendo dalla sua infanzia e da tutte le peripezie che ha dovuto subire durante la repressione nazista, fino all’internamento nel campo di concentramento di Bergen Belsen, lo stesso inferno che ha inghiottito la povera Anna Frank e tanti altri compagni di sventura.

Fame, orrori, miserie umane. Pensiamo che siano passi del racconto molto istruttivi, da non dimenticare mai. Finita la guerra, non è che le cose siano andate molto meglio per la famiglia Ladany, ritornata a casa in una Belgrado dove al potere è salito il Maresciallo Tito.

L’avventuroso viaggio verso la terra promessa d’Israele è un altro dei tanti passaggi dove la vita di Ladany resta in bilico. Non sarà certo l’ultima volta. Dei tanti conflitti che hanno caraterizzato il medio-oriente, il protagonista non se ne perde uno, sempre pronto a ritornare a casa, come volontario e a sue spese, pur di difendere la patria.

Shaul è un uomo che non si ferma davanti a nessuna difficoltà, pronto persino a comprarsi il fucile per andare al fronte come a scrivere col pennarello “Israel” sulla maglia, visto che la federazione non gliene fornisce una…

Figurarsi se poteva spaventarsi nello sport, malgrado la lunga serie iniziale d’insuccessi sia nella maratona che nella marcia. Capace di allenarsi anche 14 volte alla settimana, coprendo distanze incredibili, si conquista meritatamente il biglietto per il Messico nel 68, ma sarà la rassegna del 1972, quella del massacro dei terroristi palestinesi di Settembre Nero nel Villaggio Olimpico di Monaco, l’esperienza che lo segnerà di più e durante la quale muoiono 11 suoi compagni di squadra. Lui, anche questa volta, ne esce miracolosamente indenne, come quando un tumore bussa alla sua porta. Troppo forte il marciatore Shaun Ladany per arredersi di fronte alle avversità della vita, sempre superate con perseveranza ed un filo d’ironia. 

rodolfo.lollini@podisti.net

Add a comment

Ultimo aggiornamento (Sabato 07 Luglio 2012 17:33)

 
Altri articoli...
Ultimi 60 servizi fotografici