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Commenti e Opinioni

La Via della Felicità...

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... e poi... E poi, lungo il cammino nella nostra esistenza, si arriva ad un punto. Un punto nel quale ci si pone delle domande: “Cosa ho fatto?”, “Cosa sto facendo?” e magari: “Cosa farò?”.

Se riuscissimo ad essere un po’ più onesti con noi stessi, senza farci pervadere da un falso buonismo e sopraffare da un falso perbenismo, ci accorgeremmo che gran parte della gente ha vissuto la propria vita, sportiva e non, guardando sempre al risultato personale e al proprio profitto, anteponendo l’ “IO” al “ NOI”.

Da qualche tempo è giunto anche il mio momento; è arrivata l’ora di fare i conti con Ciro Di Palma. Nella mia “carriera podistica”, che ha corso parallela per lunghi tratti alla mia vita, fino a diventarne poi un tutt’uno, c’è stato un punto di svolta nel settembre del 2010 quando ho corso la Spartathlon. Prima di quel giorno gareggiavo e vivevo solo per il cronometro, la voglia di prevalere, per l’ego, insomma per l’apparire più che l’essere, non capendo quella che era l’essenza della corsa e non assaporando il piacere della vita. E’ stata la gara in terra ellenica, “Il Sogno, Il Mio Sogno”, lo spartiacque. Lungo quei duecentoquarantasei chilometri ininterrotti di corsa ho capito cosa avevo fatto prima (poco) e stavo intuendo come stavo cambiando (in meglio) in quei momenti. La notte, sotto un diluvio biblico, l’incontro con atleti in difficoltà, la voglia di aiutarci per uscire da una situazione difficile, il pianto al traguardo, m’avevano detto che i valori erano e sono altri. Cose semplici, talvolta banali, di cui tutti noi siamo a conoscenza e dei quali potremmo essere ambasciatori, ma che purtroppo dimentichiamo rapidamente come un battito d’ali di farfalla.

Ho recepito a Sparta che fosse arrivato il momento di fare anch’io qualcosa per gli altri, magari meno fortunati di me, sfruttando quello che so fare meglio cioè correre e scrivere. Contattai diverse associazioni alle quali non chiedevo niente e ribadisco niente, solo una t-shirt di cotone da mettere prima delle gare oppure far stampare, a mie spese, il loro logo sulla mia maglia da gara. Le risposte furono: “Qual è il tuo curriculum sportivo?”, “Quante apparizioni sui giornali e in televisione hai avuto?”. Nel mio piccolo e con tanta fiducia gli scrivevo... Mai uno che si sia fatto risentire. Molto deluso ho iniziato a pensare che la semplicità, la bontà di certe azioni non bastassero e che altri fossero i parametri per aiutare qualcuno. Con questo sconforto nell’animo ho continuato a correre, a scrivere di gare; emozionandomi, criticando talvolta, ma sempre cercando di trasmettere positività. Grazie a tutto ciò non ho mai smesso di conoscere nuove persone, molte altre storie e una miriade di vite vissute.

Un giorno, un bel giorno mi è arrivata una telefonata: “Ciao Ciro, sono Simone, vorrei proporti un progetto...” Così, dopo avermi spiegato a più riprese e nei minimi particolari il tutto e dopo aver visionato il sito, ho aderito ed insieme a me Giorgio Calcaterra, Simone Leo e Simona Leone. E’ così che ho conosciuto: “La Via della Felicità”.

La Via della Felicità è il primo codice morale basato interamente sul buon senso. La sua prima pubblicazione risale al 1981 e il suo scopo è quello di arrestare il declino morale nella società e ripristinare integrità e fiducia nell’uomo. La Via della Felicità inoltre detiene un record del Guinness dei Primati come il testo secolare più tradotto nel mondo. Scritto da L. Ron Hubbard, riempie il vuoto morale in una società sempre più materialista, e contiene ventuno principi fondamentali che guidano una persona a un migliore tenore di vita. Interamente non religioso, può essere seguito da persone di ogni razza, colore o credo per ripristinare i legami che uniscono l’umanità.

Da oggi sono un’altra persona.

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Face to Face(book)

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Orrera_Davide_foto_Roberto_MandelliE’ oramai risaputo in che misura i social networks facciano parte del nostro mondo, del nostro quotidiano: si condividono links, interessi, si ritrovano amicizie, ci si appassiona a cose che magari non si prendevano in considerazione, (chi scrive attraverso FB si è appassionato alle scienze applicate alla criminologia….) non è un caso, quindi, che il popolo di Facebook sia il terzo più numeroso al mondo.
Come ogni cosa, naturalmente, non bisogna usarli in maniera compulsiva, come ci hanno insegnato i nostri genitori: “tutto può far bene e tutto può far male, dipende dalla misura” ed io, per rispettare questa regola, tra le altre cose, non do' ne chiedo amicizie a chi non conosco di persona.
Ogni regola però, si sa, ha l’eccezione che la conferma, nel mio caso sono due, ed è di questo che voglio parlare.
Innanzitutto voglio dire che sono due eccezioni perché si tratta di due persone eccezionali, persone di sport, ma la loro eccezionalità non sta tanto nei loro curriculum, sebbene siano soggetti dotati di un talento non comune, tanto che entrambi sognano la prossima olimpiade; sono le loro doti umane  a fare la differenza, a fare in modo che io mi sentissi tanto coinvolto da loro.
Sveliamo ora l’identità dei due personaggi oggetto di tutto ciò: si tratta del nuotatore Paolo Bossini e di un membro della “nostra famiglia”: la maratoneta Valeria Straneo.
Ma, come direbbe il mio amato scrittore Lucarelli, “facciamo un passo indietro”.
Era la scorsa primavera, stavo guardando una delle poche trasmissioni in tv davvero edificanti: “Invincibili” su Italia1. In questa trasmissione si parla di persone che convivono con situazioni non facili, ma che nonostante tutto non mollano, vanno avanti. Raccontano la storia di questo ragazzo, Paolo appunto, che, all’apice della sua carriera, scopre di avere un tumore. Il nuoto è la sua vita, oltretutto è un campione, campione europeo detentore del record continentale dei 200 rana, ma soprattutto è un marito, un papà, insomma una situazione psicologicamente devastante, ma lui non è un fenomeno solo in vasca e che si inventa? Tiene duro? No, va oltre, molto oltre: trova il modo di trasformare questa storia in un viaggio, un’avventura, con un solo ingrediente: la serenità.
E’ debole che non riesce a prendere in braccio la sua bimba? Si inventa dei meravigliosi giochi “da seduto”, va a fare una chemio di 4 ore? Si sceglie con sua moglie i DVD da guardare mentre è nel lettino con l’ago nel braccio.
Che altro vuoi dire di uno così se non che è un trilione di volte più grande di chiunque lo batta in vasca?
Non posso farne a  meno, lo cerco, lo trovo su Facebook e ne chiedo l’amicizia, da lui prontamente concessami. E, con l’umiltà di chiunque è stato messo a dura prova dalla vita ed ha capito quali siano i suoi aspetti che contano davvero, quando interagisco con lui spesso mi commenta, mi manda i suoi “mi piace” come se fossi uno del suo “giro” e non uno qualsiasi del popolo di FB che manco sa che faccia abbia o chi possa essere.
Adesso Paolo è fuori dal tunnel, non sa ancora se la sua vittoria sul male è definitiva, ma ha ripreso a gareggiare. Obiettivo: Londra.
Dicembre 2011, sto leggendo “Correre”, precisamente la rubrica di Saverio Fattori, che spulcia sul web curiosità sul mondo della corsa: parla, nel suo articolo, della polemica sbocciata all’indomani della Maratona di Berlino dove sebbene tre nostre atlete abbiano corso tra le 2h25’ e 2h26’, invece di celebrare l’evento ci si inerpica in una serie di discussioni al veleno, oggetto le varie lepri, leprotti, gabbiani e fauna varia che, secondo alcuni, avrebbero favorito tali prestazioni. Sui vari portali del settore due di queste tre atlete e membri del loro staff (allenatori, DS e cose varie) vanno avanti a frecciate, dichiarazioni non proprio amichevoli e cose così. Di questa Valeria Straneo, nulla, non pervenuta; salvo poi andare sulla sua pagina di Facebook dove il buon Fattori trova post nei quali essa manifesta, con candida semplicità, la propria soddisfazione, ed i complimenti di rito degli “amici”. Parla poi di un viaggio con gara annessa a Cipro, del suo clima, insomma di piccole cose con talmente tanta serenità da rasentare la strafottenza. Perché è così che spesso chi è sereno viene visto da chi non lo è: strafottente.
Piccolo passo indietro: io tifavo il Sic, ora che non è più tra noi lo porto nel cuore e tutto ciò proprio perché era così: sereno, ho sempre visto questa sua leggiadria, il godere di ciò che faceva senza altri fini, la performance conseguenza della sua passione e del suo talento e non l’obiettivo primario da raggiungere a qualsiasi prezzo, anche quello di calpestare principi ed avversari, ho sempre visto queste cose, dicevo, come la prima delle sue virtù ed in Valeria ho rivisto tutto ciò quando mi ha concesso la sua amicizia su FB.
Nei suoi post parla dei suoi allenamenti con una semplicità che neanche uno di noi tapascioni, ma non solo: parla delle sue frivolezze, la corsa ai Saldi, l’ironizzare su parti anatomiche del suo corpo, “la parte della mamma che i neonati preferiscono”
Ma anche su piccoli imprevisti che le succedono in allenamento che, ricordiamolo, è la sua professione. Altri magari si arrabbierebbero, lei invece ci ride sopra, sull'integratore che si trasforma in granita durante un lunghissimo corso a 12 gradi sotto lo zero…
E infine, non disdegna mai un commento o un “mi piace” a chiunque posta qualcosa che la riguardi, ringrazia uno per uno quelli che sono stati su fino a tardi la sera per vedere 10 minuti di un servizio che la riguardava su Italia1…
Insomma, stavolta non è un luogo comune definirla la campionessa della porta accanto, una tapasciona superstar che parla dei suoi risultati con tale leggerezza che quasi sembri che chiunque di noi possa fare ciò che lei fa.
Sono felice di avere come amici virtuali due così e non nego che nutro un pizzico di invidia nei confronti di chi, di loro, è amico vero perché se “chi trova un amico trova un tesoro” chi ha trovato sulla propria strada due persone così, altro che tesoro ha trovato tutto l’oro del Klondyke: il deposito di Zio Paperone.
Il Boss e la Vale sognano l’Olimpiade di Londra: per me la medaglia di platino l’hanno già vinta.
A proposito, peccato che nella Maratona olimpica sui pettorali ora ci scrivono il nome, perché Valeria la vedevo bene con un pettorale numero 58…..

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(Foto di Roberto Mandelli - Podisti.Net)
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Ultimo aggiornamento (Lunedì 27 Febbraio 2012 03:08)

 

Torna presto tra noi, Pietro!

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Laera_PietroOgni giorno affrontiamo le normali gioie e difficoltà della vita quotidiana.

Ogni giorno ci alleniamo cercando di poter migliorare anche di un centesimo di secondo.

Ogni domenica a disputare la nostra gara, sperando sia “quella della vita”.

Poi, di colpo, la luce si spegne: un ictus ti allontana dalla tua vita, come sarà, cosa succederà?

Tutto ciò è capitato al mio caro amico Pietro Laera, attualmente tesserato per la Nadir on the road di Putignano, fratello di Franco, presidente della Dof Amatori Turi.

47 anni ancora da compiere, Pietro, da bravo runner, ha subito reagito. Dopo la normale degenza, ha abbandonato la sedia a rotelle, è passato al girello, poi al treppiedi, ora cammina con una stampella.

A breve, sono convinto, riprenderà a camminare in piena autonomia.

Io, da parte mia, gli ho già dato appuntamento per la sua prima, nuova, gara: la correremo insieme, bestemmiando alle nostre sfortune.

Pietro, da parte sua, mi ha chiesto solo di salutare tutti gli amici corridori.

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Ultimo aggiornamento (Giovedì 23 Febbraio 2012 02:48)

 

La nostra cultura sportiva

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Roma_2020_logoIeri sono stato alla conferenza stampa di presentazione della Roma Ostia. Nella sala della Protomoteca in Campidoglio, tanti amici e personaggi dello sport romano, amministratori locali inclusi.

Volevo vedere cosa ci attenderà il 26 febbraio. Capire, se mai ce ne fosse ancora bisogno, come una gara da trentotto anni è il punto di riferimento per tanti podisti in Italia, perché in molti hanno nella Roma Ostia la loro prima gara importante. Forse era pretenzioso, ma poteva essere una buona occasione. Luciano Duchi è una pagina fondamentale del podismo romano e non solo, la sua emozione durante la conferenza era tangibile. Tutto questo non è stato rispettato dal parterre di ospiti invitati a parlare.

E' stata la conferenza stampa della non assegnazione della candidatura per Roma 2020. Autorità che indicavano nel 14 febbraio 2012 una giornata nefasta per l’Italia e lo sport italiano.

Questa gente dove vive? Sanno cosa sta avvenendo in Italia? I cinque cerchi non sono la soluzione ai problemi endemici di Roma. La disciplina sportiva non la importi da un regolamento CIO. Ha fatto più bene allo sport un piccolo cambiamento di percorso della Roma Ostia, come quello del 2011, portando altri atleti in strada, che le promesse mai mantenute dai nostri amministratori. Le tante gare della domenica a Roma sono il miglior investimento nel futuro e di questi tempi non è poco.

I nostri politici locali e non solo, sanno che Londra costerà 24 miliardi di euro, pari all'ultima manovra Monti. Sanno che ormai le Olimpiadi stanno diventando uno spreco di risorse pubbliche e un ottimo affare solo per le speculazioni private. Roma in passato ha generato casi che hanno fatto scuola nel mondo del male affare in ambito sportivo organizzativo. Chi è scappato con il bottino ha fatto un doppio danno al paese, non solo in termini economici ma, ancora più grave, è stato il furto della cultura della legalità, del rispetto della cosa pubblica, hanno tradito intere generazioni. Non crediamo più a nessuno siamo disillusi e senza più voglia di dare fiducia a chi ci promette una nuova Roma Olimpica.

Mi dispiace che tali commenti si prendano il nostro spazio, anche quello di una conferenza stampa. Il podismo della domenica è fuori da tutte le dialettiche politiche ed economiche. Non le voglio le Olimpiadi a tutti i costi. Roma è una città con il 20% del patrimonio artistico mondiale, se sfruttati bene, sarebbe come avere un’Olimpiade al giorno, per sempre. Io voglio piste di atletica in ogni quartiere, piscine comunali che siano degne dei nostri ragazzi. La cultura sportiva nasce dalle scuole, come in tutto il mondo, ma noi oggi siamo dietro di tutti. In infrastrutture, servizi e budget economici, c’è la mancanza di menti in grado di poter gestire, in modo trasparente e onesto, una nuova Roma 60. Io non mi fido più di nessun comitato promotore, con nomi che leggi ovunque e sfilano sempre quando la torta è bella ricca.

Buona Roma Ostia a tutti.

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Ultimo aggiornamento (Giovedì 16 Febbraio 2012 12:45)

 

Tabelle si, tabelle no, il running dei caki

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Vignetta_Carlo_Grimoldi_15.02.2012_CachiHo letto e riletto l’intervento di Marco Fantozzi e mi è parso di capire (e se ho capito male l’Autore mi corregga) che in tale intervento c’è soltanto un generale invito a porre molta attenzione all’uso (e all’abuso?) delle tabelle. Ed il necessario e salutare surplus di attenzione è causato principalmente da due fattori: il primo da una strisciante ignoranza tecnica (scusate la franchezza) di gran parte dei fruitori ed il secondo da una certa eccessiva presunzione da parte degli estensori di tali tabelle. Alcuni dei quali - bontà loro - le completano con qualche informazione aggiuntiva. Credo non ci siano altri modi per leggere l’istantanea che Fantozzi ha scattato al Movimento. Quindi certi commenti che si sono aggiunti li ritengo troppo individualisti e, a mio avviso, fuorvianti rispetto al tema.

Anch’io voglio peccare di individualismo e ammetto che non ho mai fatto uso di tabelle. Però, nella mia testa la tabella c’era, eccome! Era costruita da me, per me, con un po’ di buon senso e altrettante buone, ripeto buone, letture. Questo modo di operare l’ho appreso dalla frequentazione della montagna. Che ho affrontato come allora facevan tutti: con nello zaino i libri/guida editati dal Club Alpino Italiano, autorevolissimo ente preposto. Parole chiare ed inequivocabili. I tiri di corda allora erano di trenta metri, le tracce di sentiero ti invitavano all’attenzione, i gradi di difficoltà non davano adito a dubbi. Un passaggio di IV° era tale, se lo sapevi affrontare bene, altrimenti sceglievi un altro itinerario di salita. Come pure i tempi di percorrenza. Se non leggevi quelle paginette (ma nessuno dei”tapascioni” della montagna si concedeva tale lusso), era opportuno leggere quelle con le preghiere. E infatti, erano pochissimi i lutti tra i “normali” frequentatori della montagna. Morivano in proporzione molti più grandi alpinisti. Ma loro potevano permetterselo perché i traguardi che si prefiggevano erano per pochi, ovvero per i “campioni”. E’ proprio vero che i processi del “campionismo” (quello vero) sono uguali in tutte le discipline sportive.

Ritornando a noi, Il problema è far capire alla massa che non è la tabella che fa il campione, nemmeno quella fatta dal supertecnico . Al massimo, se ci tieni ad esserlo, ti farà un po’ più figo. Le tabelle in circolazione hanno lo scopo di farti andare più forte. Ma possiamo avere il dubbio che in origine la loro funzione non era questa? Che ai loro albori, servivano a costruire la macchina per andare più forte e poi, fatta una buona macchina, la velocità più elevata che veniva espressa era un fatto logico e conseguente? E’ un pensiero che viene da Marte o è terraterra? Possiamo avere il dubbio che la modernità non può e non deve scavalcare questo passaggio? Possiamo avere la convinzione che questo modo di “tabellare” la massa non produce campioni, che certamente produce qualche buon atleta degno di questo nome ma che senz’altro produce molti nani ed altrettante ballerine?

Questi sono gli interrogativi che mi sono stati posti dallo scritto di Fantozzi.

In merito al pagamento delle tabelle, non ho alcun particolare rovello. Ritorno alla montagna. Bonatti, a parer mio il più completo esponente dell’alpinismo moderno, oltre alla patente di “campione” aveva anche quella di “Guida Alpina”. Interrogato sui vantaggi economici che ciò gli aveva comportato, rispose: “Non mi sono mai legato con dei “clienti”. Solo con degli “amici”. E gli amici non ti pagano. Ci stava, al massimo, un calice di ringraziamento.”

E se qualcuno pensa che questo pensiero viene da Marte, credo abbia ragione

 

 

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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 15 Febbraio 2012 22:06)

 
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