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Commenti e Opinioni

Pirati, Colori e Giallo...

Rubriche - Commenti e Opinioni

Febbraio 2004, sono all'esordio con la maglia del CUS Pavia, sarà cross lungo. La nostra formazione è Cugusi – Tiberti – Vaccina (ordine alfabetico). Stefano è al top, viene dal 30'16” nei 10000m da junior e da una recente maglia azzurra agli europei di cross.

Siamo in casa, al Parco della Vernavola e c'è il sole. Io e Tommaso non siamo gli atleti di oggi, nessuno dei due ha ancora corso una mezza maratona nemmeno sotto l'ora e dieci minuti... il lavoro collegiale e la capacità di sacrificio, di “stringere i denti” ci porterà ad esiti agonistici allora impensabili (oggi siamo entrambi a 1h06' e nulla vieta che si migliori ancora, nonostante l'anagrafe...).

Ciascuno di noi è a modo suo carico di aspettative, emozioni e piccoli sogni.

Tommy è l'ultimo ad unirsi al gruppo nella mattinata di gare e mi porta la notizia della morte di Marco Pantani.

Visualizzo tre immagini nella mia testa... Sono confuse perché non mi capacito della tragedia, sono sfumate, come i sogni nelle romanze televisive, sono interrotte continuamente da “puntini puntini” concettuali.

La prima immagine è autobiografica e dinamica... la vittoria di Pantani al Tour de France 1998: ero un ragazzo con una bici sgangherata, al mare a Torre Borraco... tirai fuori dal cassetto un pantaloncino tipo ciclista di orrido spandex... ma era GIALLO! Poi presi una maglia da ciclista, vera di una squadra bresciana per cui corse papà... di lana... era fine luglio, in Puglia, erano le 4 del torrido pomeriggio... ma la maglia era GIALLA... inforcai la bicicletta, andai a Campomarino e mi misi a sfrecciare come un ossesso sulla litoranea... il mio percorso da cronometro... dal gelataio “Panna e Cioccolato” nella Campomarino semideserta causa pennichella pomeridiana fino allo spigolo sud-ovest della Torre Borraco... erano poco più di 6 km, ma tanto feci e tanto pedalai che cronometrai il mio record sul percorso... avevo una mountain bike Girardengo rossa, con le “corna” ma per il resto molto spartana... pedalai in posizione “a uovo”, come un pazzo... Ero pazzo. Pazzo di gioia e di ammirazione per il MIO campione GIALLO... Sfinito, con l'acido lattico che mi usciva dalle orecchie, ma eccitato e felice... 38km/h di media, calcolai... e fantasticai di fare il ciclista... lasciare la corsa e mettermi in sella... oppure fare il triatleta! Lascia la bici sulla spiaggia e mi misi a nuotare, a caso nel mio Ionio, proprio di fronte alla Torre...

Capite quale potere possa avere l'esempio di un campione nella crescita di un giovane sportivo? Basta un momento, basta un trionfo, basta uno scatto, basta... un colore!

Sapete cosa accadde quel giorno? Che faticai così tanto da capire fino a che punto sarei stato capace di stringere i denti, nello sport e nella vita. Solo che a volte poi nella vita ti dimentichi di essere capace di stringere i denti. Ma questo è un altro discorso...

Quella mattina mi folgorarono altre due immagini, statiche: Tommy aveva in camera almeno un poster di Pantani, all'Alpe d'Huez mi pare. Io avevo in camera almeno un poster di Pantani: Marco in maglia Mercatone Uno che scattava “in faccia” a Hullrich a Les Deux Alpes e andava a conquistare quel Tour de France, il più eroico del ciclismo moderno. A denti strettissimi, con una smorfia di fatica...

Gli uomini sbagliano. Marco, il Pirata, forse sbagliò, ma non smise mai di faticare. Superò ostacoli e drammi che sportivamente avrebbero “ucciso” chiunque. Anche il più farabutto dei dopati (sì, perché la frase vi sembrerà semplicistica, ma la diatriba su Pantani di questo trattava: punirne uno per educarne cento).

Marco fu immolato sulla croce della battaglia persa dell'antidoping. Magari era uno che sbagliava... Non cerco alibi per lui ma...

...ALMENO LUI ERA UNO CHE SAPEVA STRINGERE I DENTI.

Marco ciclisticamente è stato ucciso a Madonna di Campiglio nel '99, in ROSA e non in GIALLO. Marco umanamente è stato ucciso molte volte, finché quel 14 febbraio 2004 non fu lui a decidere di consegnarsi all'eternità.

Sfinito... senza aver scalato nessun colle mitico, quel dì.

Da quel giorno non mi piace più il GIALLO.

Da quel giorno però, ho ricominciato davvero a stringere i denti.

Posseggo ancora quella bicicletta, ormai quasi inutilizzabile, è là a Torre Borraco e ogni tanto, in un pomeriggio assolato mi porta in spiaggia a Campomarino... ogni tanto le faccio fare uno scatto. Lei cigola ma mi regala assaggi lattacidi. E mi regala due lacrime: la gioia di aver gambe per riassaporare quell'emozione indelebile e il dolore di constatare che gli uomini buoni sanno sempre distruggere i sogni dei bambini.

No, il GIALLO non mi piace più.

E – purtroppo – diffido ogn'istante degli uomini “buoni”, dei salvatori della patria e dei custodi della moralità collettiva. Della purezza.

Sapete cosa? Quegli uomini sono sempre GIALLI, mentre i sogni, la purezza e la felicità hanno il colore che noi scegliamo di dar loro...

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A proposito di tabelle e allenamenti...

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Questo mio pensiero non vuole essere contro nessuno, ma spero debba servire a tanti a far riflettere. Non credo di aver mai fatto parte dei podisti forti e veloci, non credo di essere stato un vero runners, ora poi, con il tempo e l'età che cresce e la velocità di corsa che rallenta, mi sento un tapascione, uno che, insomma, alle corse se la prende comoda.

Sono uno di quel tipo di corridori che ha avuto e ha poca dimestichezza con tabelle, programmi, allenatori e discipline ferree.

Sono e mi sento uno spirito libero, ormai è più di 30 anni che corro a piedi, quando iniziai mi allenavo anche 6 giorni alla settimana, oggi per diversi motivi mi alleno 4 volte a settimana considerando anche la domenica che o gareggio o mi alleno.

Personalmente credo che i preparatori sportivi servano, come possono essere utili le tabelle, i programmi, ripetute, ecc., per fare dei buoni allenamenti.

La cosa che mi dà da pensare è che ormai molti preparino tabelle e programmi senza la dovuta preparazione e accortezza.

Oggi molti podisti anche dell'ultima ora si mettono a fare tabelle e programmi di allenamento per altri corridori, il più delle volte chi fa questi programmi non tiene conto della persona a cui viene fatto il programma di allenamento.

Non viene chiesto se chi si sottopone a questi programmi ha qualche problematica fisica, o di altro tipo, vengono fatti programmi senza tenere conto di quale tipo di atleta è colui che andrà a svolgere tali allenamenti.

Per esempio, spesso, chi fa il programma molte volte non si informa da quanto tempo corre l’atleta in questione, come ha iniziato, che faceva prima di correre, a quanto va e quante sedute di allenamento effettua; se ha problematiche di salute, che tipo di lavoro svolge.

Poi sarebbe bene e auspicabile anche fare qualche seduta di allenamento insieme, tra chi propone la tabella e chi la esegue, per avere un idea del tipo di atleta che si allena, del suo andamento, del tipo di corsa, ecc.

E' vero che oggi basta fare dei corsi per essere in grado anche di fare una tabella o un programma, o di allenare; però chi li fa dovrebbe anche avere molte più conoscenze del corridore che si troverà a seguire il suo programma, anche perché lo stesso programma o tabella o allenamento non va bene a tutti e per ogni persona ci vorrebbe un allenamento più specifico.

Ai podisti, sia maschi che femmine, consiglierei di stare accorti: se vogliono seguire un programma lo facciano pure, però devono anche ascoltare se stessi, se sentono che il programma intrapreso è troppo pesante, o è troppo blando, o non va per nulla, devono affrontare l'argomento con chi ha fatto il programma in modo da modificarlo e renderlo più digeribile e consono alle proprie possibilità.

Ho sentito di programmi fatti da maschi riciclati alle donne, forse non ci sarà differenza tra uomini e donne riguardo alle prestazioni degli uni e delle altre, però il problema del ferro che si ripercuote sulle atlete femminili causa mestruo, pone dei diversi tipi di allenamenti e dei diversi periodi di allenamenti tra maschi e femmine, problematiche che vengono seguite più specificamente anche dalle federazioni e dai preparatori nazionali.

Oggi, poi, notiamo che vi sono allenamenti diversificati anche tra gli uomini, perché anche tra loro stessi vi sono differenze.

La diversificazione degli allenamenti è un tema che sempre di più porterà ad avere diversi periodi di allenamenti e con sedute diversificate e personalizzate per ogni atleta, sia nei periodi stagionali, che per quanto riguarda il sesso degli atleti; ecco, quindi, che dar da svolgere una tabella preconfezionata ad altri che nemmeno si conoscono è sempre un rischio per l'atleta che le adotta.

Preciso che questa è una mia semplice costatazione e basta.

Grazie per l'attenzione

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L’abominevole runner delle nevi

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Esiste. Non è una figura leggendaria e ieri è stato il giorno del contatto. Ma andiamo per gradi, cominciando da quando, abbandonando casa, ci siamo messi in moto per il solito giro notturno sulle ciclabili e per le stradine meno battute vicino a casa.

Da soli, perché coach Loris era a casa con la febbre e quanto ad Antonio, sempre bravissimo a trovar scuse, con l’imminente matrimonio ha giustificazioni da vendere per saltare l’allenamento.

Clima ovattato, pedoni che ti guardano con un grado di compatimento maggiore del solito, mentre arrancano verso le loro dimore. Bello correre con la neve. Quando non è ancora ghiacciato si viaggia che è un piacere. Se poi si va sui pezzi dove è già passato lo spartineve ma nel frattempo si è addensata una piccola coltre, sei a cavallo, perché il fondo è meno duro ma non corri il rischio di sprofondare o scivolare.

Ottimo anche l’attraversamento della statale. Di solito viaggiano come dei treni. Strisce pedonali queste sconosciute, non si ferma mai nessuno. Invece stasera son costretti a procedere a passo d’uomo.

Corsetta tranquilla: la neve suggerisce comunque prudenza e dunque il pretesto è ottimo per non far troppa fatica. Anche l’indicatore di velocità, quello che funziona ad energia solare è con le pile scariche. E’ piazzato tra la strada e la ciclabile e se non ci sono auto in arrivo rileva la velocità dei runner, peraltro in maniera abbastanza precisa. Di solito quando si passa diventa un istigatore a delinquere. Per farlo salire dai 12 km/h della nostra velocità di crociera a 18 o giù di lì, ci produciamo in prodigiosi quanto improbabili scatti che si esauriscono appena il display si spegne.

Ma oggi siamo particolarmente calmi. 5e30 al km va più che bene, quando da dietro compare l’abominevole runner delle nevi. Solo che noi non sappiamo ancora che è lui. Per noi è semplicemente un possibile compagno di corsa e quindi allunghiamo per affiancarlo. Dove vai? Dritto? OK, se non ti da fastidio ti faccio compagnia. E poi a presentarci domandando se corre per qualche club. No. Però prima con Esercito e Pro Patria. Ah... Hai detto niente.

Dice di avere 46 anni, l’abominevole, ma va che è un piacere. Continuiamo a conversare, ormai son passati diversi minuti, però il fiato ci manca. Come mai? Diamo un’occhiata al GPS. Per forza ci manca, siamo a 4 al chilometro! Ma a quanto va questo? E specialmente dove va? Quando rallenta? Mi sa che se non molla dobbiamo salutarci.

Sembra che ci legga nel pensiero perché ci dice. “Beh, adesso avrei finito il riscaldamento. Faccio 20 minuti di medio a 3e30, vieni come me?”.

Mica male come riscaldamento. Tre e trenta li possiamo fare per 500 metri su pista in tartan, non con la neve… Ringraziamo e lo lasciamo andare. L’abominevole allunga la falcata. Proviamo per gioco a ricalcare le sue orme per qualche passo ma poi rinunciamo. Ci sembra di fare il salto triplo. E’ scomparso alla vista. E non l’abbiamo fotografato. Però ve lo giuriamo. Era il veloce quanto abominevole runner delle nevi.

rodolfo.lollini@podisti.net

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Sei flunner o solo un runner?

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flirt_e_running_flunning_immagine_podisti.net_aQuando domandano ai runner per quale motivo corrono, di solito le risposte più comuni, almeno qui in Italia, fanno riferimento ai benefici per la salute. Qualcun’altro lo fa per soddisfare la propria componente agonistica, ma in generale gli accenni ai rapporti con gli altri corridori non vanno mai oltre un generico richiamo alla “socializzazione”.

Al contrario, secondo una ricerca condotta dall'associazione Sue Ryder e ripresa sul web anche dal sito actionmagazine.it, in Inghilterra ben il 24% degli intervistati corre con uno scopo ben preciso: attaccare bottone con runner di sesso opposto. L’obiettivo finale non credo ci sia bisogno di spiegarlo a nessuno…

Al diavolo il fitness o il miglioramento del personale. Tempi e numeri delle gare interessano poco, meglio numeri di telefono ed orari per appuntamenti durante i quali le divise tecniche vengono sostituite da vestiti alla moda e magari le scarpe da corsa da scarpette con tacco alto.

A questo proposito è già nato il termine per definire tale attività, ovvero il "flunning", neologismo ottenuto dalla fusione tra "flirt" e "running". Siamo certi che Fabio Marri lo inserirà nel suo vocabolario legato al mondo della corsa.

Ok, questi flunner (questa parola la deriviamo noi) cercano di “cuccare”, ma i risultati quali sono? Ottimi ed abbondanti, almeno a livello di primo contatto in quanto il 36% confessa di aver conversato con un lui o una lei durante un allenamento. Correre inoltre stimola i “cattivi” pensieri, tanto che il 10% degli uomini ed il 5% delle donne ammette di pensare prevalentemente al sesso mentre corre.

Quindi è ormai è assodato che per cercare l’anima gemella non serve attendere le manifestazioni che hanno questo obiettivo dichiarato, come la milanese Strasingle, giunta peraltro già alla sua quarta edizione, durante la quale una coppia correva mano nella mano, spingendo un passeggino che conteneva il frutto del loro amore, nato proprio durante questa gara. Ci si può dar da fare tutti i giorni.

Nel concludere, lasciandoVi agli allenamenti quotidiani, noi semplici runner non possiamo che guardare con invidia quei flunner che, bloccati dalla neve, potranno ovviare al problema svolgendo attività aerobica indoor a base di ben più piacevoli ripetute.

rodolfo.lollini@podisti.net

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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 01 Febbraio 2012 15:47)

 

Conosciamo Stefano Vercelli, campione europeo master 3000 siepi

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Vercelli_StefanoIl territorio del novarese annovera tantissimi fuoriclasse sportivi: uno di questi è senza dubbi l’aronese Stefano Vercelli, campione europeo master dei 3000 siepi e fisioterapista.
Ha cominciato a correre, come molti, con i giochi della gioventù, partecipando alla finale nazionale di corsa campestre nella valle dei templi ad Agrigento. Grazie a questo successo entra a far parte della Sesto 76, nella quale, dice, “ho trovato un ambiente ideale dove crescere, come persona e come atleta”.
Nel 1990, a quindici anni, entra a far parte della Pro Patria Milano, la squadra civile più blasonata d’Italia, nell’anno del suo ultimo scudetto assoluto. “Conoscere da vicino mostri sacri dell'Atletica come Alberto Cova è stato per me un grande stimolo a concentrare tutte le energie in questo sport. A quell'età non è facile rinunciare alle uscite con gli amici per scegliere i sacrifici che allenamenti e gare richiedono. Da allievo in una sola stagione di cross ho vinto praticamente tutto: dal Trofeo Lombardia all'accoppiata Cinque Mulini-Campaccio, mai più riuscita a nessuno fino ad oggi. Anche in pista mi difendevo, soprattutto sui 3000 metri, ma ho trovato sulla mia strada coetanei che poi hanno stabilito record italiani e ottenuto partecipazioni olimpiche nelle categorie assolute. Fossi nato 10 o 15 anni più tardi forse mi sarei tolto anche la soddisfazione di indossare la maglia azzurra...”.
A questo punto un banale incidente lo costringe ad allontanarsi per quasi due anni dalla corsa, cui torna contro l'opinione dei medici e grazie all'aiuto dei fisioterapisti che lo hanno seguito assiduamente e con grande competenza per oltre 6 mesi.
Dopo l’infortunio ho gareggiato per un paio d'anni per la Cover di Verbania - con la quale ho vinto per due volte la mezza maratona di Locarno con il personale di 1h07'58" – e poi sono passato definitivamente alla Riccardi Milano. Con i 3000 siepi è stato amore a prima vista: alla prima uscita ho ottenuto il minimo per i campionati italiani promesse ed ho capito subito che sarebbe stata la gara più adatta a me. Sotto la guida dei tecnici che mi hanno seguito negli ultimi 11 anni, a partire dal compianto Nello Bertola, colui che mi ha avvicinato all'Atletica, a Moira Fagotto, compagna di vita, fino a Silvano Danzi, selezionatore della nazionale di mezzofondo, ho avuto molte soddisfazioni sia dal punto di vista umano che agonistico. Più volte ho concluso la stagione nella top-10 dei campionati italiani sulle siepi, ma buoni risultati li ho ottenuti anche sulle piste indoor: negli ultimi 5 anni in cui è stato disputato ho sempre fatto mio il titolo di campione regionale sui 1500m”.


L’ultimo successo l’hai ottenuto nel 2010 in Ungheria, a Nyireghyaza, agli europei master. Come ci sei arrivato?
Nel 2009 ho contribuito alla conquista del primo scudetto con la Riccardi e mi sarebbe dispiaciuto non poter gareggiare l'anno successivo col tricolore sul petto. Gli europei master mi sono sembrati la migliore occasione e non me la sono fatta sfuggire. Oggi, a 37 anni e dopo 25 di attività agonistica, ho appeso le cosiddette scarpe al chiodo.

Come sei riuscito a conciliare una professione impegnativa come quella di fisioterapista con la tua passione per lo sport?
In uno sport come questo se vuoi emergere devi allenarti 7 giorni su 7, svolgendo talvolta anche due sedute nello stesso giorno. Coniugare corsa e lavoro non è sempre stato facile, soprattutto in inverno. Ma non ho rimpianti: lavorare dove io stesso sono stato curato e sono uscito dall'infortunio (presso la clinica Maugeri, a Veruno) è per me un motivo di grande soddisfazione e non cambierei una virgola delle scelte che ho fatto.

Parlando da fisioterapista, ci sono differenze tra gli infortuni che occorrono ai professionisti e quelli che occorrono agli amatori?
Gli amatori, secondo la mia esperienza, si infortunano molto più frequentemente rispetto ai professionisti. Il problema principale sta nella programmazione: mi è capitato spesso di vedere amatori che si sono fatti male  dopo aver preso parte a gare, anche di lunga durata, troppo ravvicinate. Il motore e la carrozzeria di un professionista sono in grado di far fronte a carichi di lavoro che l'amatore, anche solo per motivi di età, non può pensare di replicare.

Le stagioni, quindi il caldo o il freddo eccessivi, influenzano gli infortuni?
Certo: il freddo mette a rischio i muscoli, mentre il caldo eccessivo può disidratare il fisico e portare a sovraccarichi improvvisi. In queste condizioni, programmare dei lavori di potenziamento muscolare in palestra o sostituire la corsa con altri sport come il nuoto può preparare il fisico ad affrontare meglio la stagione di gare.

Quale consiglio ti senti di dare ai corridori amatori per evitare che piccoli dolori diventino veri e propri infortuni?
Uno su tutti: affidatevi ad un allenatore. Quando si comincia a giocare a golf o a tennis è normale prassi quella di prendere lezioni da un esperto; molti credono che per correre ciò non sia necessario, ma non vi è nulla di più sbagliato! La tecnica di corsa è fondamentale per non incappare negli infortuni e solo un buon allenatore saprà darvi i consigli ed insegnarvi gli esercizi migliori.

Perché corri?
Ho sentito dare molte risposte interessanti a questa domanda: la corsa per me ha sempre rappresentato un'esigenza, come mangiare o dormire, piuttosto che un dovere. Corro per stare vivo!

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Ultimo aggiornamento (Sabato 28 Gennaio 2012 11:22)

 
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