Nuovo Portale

Questo portale cessa la sua funzione al 30 Dicembre 2012. Il nuovo portale può essere raggiunto al seguente indirizzo:

www.podisti.it

 da cui è possibile scegliere tra i diversi portali specializzati: Magazine (tutte le news e gli articoli), Calendario (tutte le gare del calendario podistico italiano), Foto (migliaia di foto da scaricare ogni settimana), ClassificheSondaggi

Medicina e Alimentazione

DOPING: Il passaporto biologico WADA

Rubriche - Medicina e Alimentazione

Nel 1910 in Austria abbiamo la nascita del primo controllo anti-doping: a seguito di analisi condotte su alcuni cavalli, un chimico russo portò al Club dei Fantini austriaci la dimostrazione scientifica dell’avvenuta pratica di doping, data dalla presenza di alcaloidi nella saliva degli sfortunati quadrupedi. (8)
Perché venisse istituita una forma ufficiale di controllo antidoping, si dovette attendere il 1955: fu in quell’anno, infatti, che, in Francia, cominciarono le analisi obbligatorie sui ciclisti, scoprendo immediatamente percentuali di positivi pari anche al 20 per cento. Da allora, i controlli hanno avuto luogo, progressivamente, in tutte le discipline sportive e in tutte le manifestazioni internazionali più importanti: nei Mondiali di calcio i controlli vennero introdotti nell’edizione inglese del 1966, alle Olimpiadi della neve nell’edizione del 1968, mentre per i Giochi olimpici fu necessario aspettare fino al 1976. (9)
La Federazione Medico-Sportiva Italiana (F.M.S.I.), organo del C.O.N.I., ha iniziato i controlli antidoping fin dal 1960, mentre la legislazione statale si è occupata per la prima volta seriamente di doping, undici anni dopo, con la L. 26.10.1971, n. 1099, sulla “Tutela sanitaria delle attività sportive”, che ha abrogato la L. 1055 del 1950.
Nella legge manca una esplicita definizione di doping ma la si ricava dalla lettera dell’art. 3 in cui si penalizza con ammende sia “… gli atleti partecipanti a competizioni sportive che impiegano sostanze nocive per la loro salute al fine di modificare artificialmente le loro energie naturali …”, sia colui che “… somministra agli atleti che partecipano a competizioni sportive delle sostanze che modifichino le loro energie naturali …”.
L’ammenda è triplicata se il fatto è commesso dai dirigenti delle società o associazioni sportive, dagli allenatori o dai commissari tecnici.
Nell’art. 6 si individuano i laboratori per i tests antidoping e l’iter di accertamento, mentre nell’art. 7 si demanda ad un D.M. (emanato successivamente il 5.7.1975) il compito di elencare “le sostanze proibite ai sensi dell’art. 3 che possono essere rilevate nei liquidi biologici”.
La L. 1099/71 è certamente innovativa rispetto alla L. 1055/1950, per aver esteso i controlli a tutti coloro che praticano attività sportive agonistiche così abolendo la differenziazione tra attività professionistica, attività dilettantistica con retribuzione abituale e attività dilettantistica vera e propria. (10)
L’Italia fu uno dei primi Paesi a legiferare in materia di doping nello sport: il Belgio e la Francia nel 1945, l’Italia e la Turchia nel 1971, la Grecia nel 1976 e il Portogallo nel 1979.
Jacques Anquetil, il ciclista morto nel 1988, disse che tutti i corridori ricorrono a sostanze e metodi proibiti e quelli che lo negano sono dei bugiardi.
Analoga autoaccusa la rese Harold Connoly, campione olimpico e primatista del mondo di lancio del martello, alla sottocommissione inquirente del Senato degli Stati Uniti nel 1973: “Per otto anni, prima del 1972, mi sarei dovuto definire un atleta dedito ai narcotici. Come tutti i miei rivali, nessuno escluso, usavo steroidi anabolizzanti come parte integrante del mio allenamento. Ricordo tutti i nomi dei componenti la squadra olimpica americana che avevano tante cicatrici e tanti buchi sulla pelle che era diventato difficilissimo trovare una parte dell’epidermide dove piazzare un nuovo “colpo”. Rilascio dichiarazioni di questo tipo perché voglio sottolineare la convinzione che la stragrande maggioranza dei praticanti di alcuna specialità dell’atletica leggera prenderebbero qualsiasi cosa e farebbero qualsiasi cosa fino quasi ad ammazzarsi pur di riuscire a migliorare le proprie prestazioni”.
Prima del 1973, non esistevano analisi attendibili per evidenziare l’uso degli androgeni anabolizzanti da parte degli sportivi. In quell’anno veniva annunciato il primo metodo radioimmunologico capace di rivelare la presenza nelle urine di androgeni anabolizzanti somministrati per via orale. (11)
I primi controlli furono effettuati ai giochi del Commonwealth Britannico in Nuova Zelanda nel 1974 e nove atleti, su un totale di 55 su cui si effettuarono le analisi, avevano steroidi anabolizzanti nelle urine; non vi furono sanzioni ed i concorrenti con riscontro positivo poterono contare sull’anonimato, poiché l’operazione antidoping era stata condotta a titolo sperimentale dimostrativo. (12)
Gli steroidi anabolizzanti vennero banditi come sostanze proibite dal Comitato Olimpico Internazionale sin dal 1976.
Nel 1988 alle Olimpiadi di Seoul la medaglia d’oro della velocità, l’allora mitizzato canadese Ben Johnson, pluri-recordman e collezionista di successi internazionali, viene trovata positiva al controllo anti-doping. Ne verrà fuori uno scandalo di dimensioni enormi. Lo stesso atleta, durante l’udienza della Commissione di indagine della Federazione Internazionale, spiegherà nei minimi dettagli l’uso-abuso di sostanze dopanti, che a breve termine consentiva l’acquisizione di successi sportivi, ma i cui effetti fisici erano di una devastazione e di una letalità sconvolgenti.
Incappato nell’anti-doping gli fu tolto il titolo, fu squalificato e gli furono cancella ti i contratti degli sponsor che ammontavano a 10 miliardi annui.
Anche il nuoto non fu immune da questo vizio. In dieci anni, dalle Olimpiadi di Los Angeles 1984 ai mondiali di Roma 1994, i nuotatori e le nuotatrici cinesi sono diventati dei veri protagonisti, vincendo mediamente il 70% delle medaglie d’oro e stabilendo record in tutte le discipline. I sospetti, nati sia dagli sbalorditivi progressi dei rappresentanti di questa nazione che dalla loro “presenza fisica” – questi atleti erano infatti notevolmente aumentati di massa muscolare – avevano indotto gli allenatori degli altri Stati a compilare un atto di accusa su presunte pratiche proibite.
Questa clamorosa protesta fu accompagnata anche da una singolare azione giornalistica, l’autorevole rivista Swimming World non inserì nelle classifiche all time i risultati delle atlete asiatiche ai Mondiali del 1994 A Roma, prima della conferma con i Giochi Continentali di Hiroshima, quando ben 11 nuotatori cinesi risultarono positivi all’anti-doping.
Il 4 Febbraio 1999 a Losanna (Svizzera), nel corso della World Conference on Doping in Sport riunitasi dopo gli eventi che avevano funestato il ciclismo nell’estate dell’anno precedente, approva la “Lausanne Declaration on Doping in Sport”. La novità assoluta della Dichiarazione di Losanna è rappresentata dalla adozione del Codice Anti-doping e dalla istituzione di un organismo mondiale per la lotta al doping: la WADA.
In base alla Legge 376 per la “disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”, entrata in vigore il 2 gennaio 2001, costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche terapeutiche, non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare:
le condizioni biologiche dell’organismo al fine di migliorare le prestazioni agonistiche degli atleti;
i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche suddette.
I farmaci, le sostanze farmacologicamente attive e le pratiche terapeutiche, il cui impiego è considerato doping, sono individuati, in conformità alle indicazioni del Comitato olimpico internazionale, in tabelle approvate con decreto del Ministero della sanità, d’intesa con il Ministro per i beni culturali, su proposta della Commissione di controllo sanitario dell’attività sportiva.
La Commissione di controllo sanitario dell’attività sportiva è istituita presso il Ministero della Sanità, tra i suoi compiti quello di determinare criteri e metodologie dei controlli antidoping. Ciò significa che la gestione dei laboratori antidoping non sarà più nelle mani del CONI, ma in quelle della Commissione stessa.
I farmaci potenzialmente dopanti dovranno recare un contrassegno per essere riconoscibili e avere, nel foglietto illustrativo, un paragrafo che ne spieghi gli effetti per chi pratica attività sportiva.
Il doping è reato penale. A differenza che in passato anche gli atleti sono perseguibili.
Come riporta il settimanale AICS online (13): “La lotta al doping dal 2007 ha un nuovo alleato: il Passaporto Biologico. Questo neo-ritrovato della lotta al doping è il frutto dell'incontro avvenuto il 23 ottobre 2007 tra il Presidente dell'agenzia mondiale Anti-Doping (WADA) Richard Pound e il Presidente dell'Unione Ciclisti Internazionale (UCI), Pat McQuaid. In quella sede venne deciso che nessun atleta di livello internazionale potesse sottrarsi a questa normativa, specie per il ciclismo.
L'accordo è stato raggiunto dopo una lunghissima trattativa tra le più importanti federazioni del ciclismo mondiale, nel tentativo di rilanciare l'immagine di uno sport in forte crisi di credibilità dopo anni di scandali legati al doping. Durante la stagione ogni ciclista si deve sottoporre periodicamente a esami del sangue e delle urine per stabilire il proprio profilo ematologico sia nei periodi di attività che fuori dalle competizioni.
Viene così ricostruito il "profilo tipo" di ogni atleta e i dati vengono raccolti durante il suo periodo di riposo. Il profilo che viene individuato diventa il parametro di confronto per ogni valore che verrà riscontrato sull'atleta durante i controlli nei periodi di gara o allenamento.
Il Passaporto biologico è una grande innovazione nel campo dell'antidoping, ma come qualsiasi fuori serie ha avuto bisogno di un periodo di rodaggio, fino ad arrivare al 2011 quando è stato possibile aprire un procedimento per doping sulla base di una variazione del "profilo tipo" dell'atleta.
Queste variazioni, per determinare la positività dell'atleta, devono essere garantite dalle analisi statistiche dei dati, con una certezza pari al 99,9%.
Un importante avvicinamento al Passaporto Biologico è stato fatto anche dall'IAAF, Federazione Internazionale di Atletica, che a Daegu, in occasione della disputa dei mondiali ha inserito questo strumento di controllo. Questa indagine ha avuto sin dalla sua attuazione diversi riscontri negativi.
Sono stati numerosi gli atleti che lo hanno criticato boicottando anche alcune gare sostenendo l'inaffidabilità del passaporto biologico perché si basa su valori che possono variare naturalmente”.

ARIENS E.J., 1965, General and pharmacological aspects of doping, in Doping, eds. A. DE SCHAEPDRYVER, HEBBELINCK M., Pergamon Press, Oxford.
VENERANDO A., 1963, doping: Pathology and ways to control it, Med. Sport 3.
Commissione per la Vigilanza e il Controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive.
OSEID S., 1984 Doping and athletes – Prevention and counseling, J. Allergy Clin. Immunol. 73.
BENZI G., 1988, Doping: a pharmacological problem, Pharmacol. Res. Commun. 20.
DE JULIIS T, VITTORIOSO V., 1991, Normative su la tutela sanitaria delle attività sportive e la lotta al doping, Organizzazione Editoriale Medico Farmaceutica, Milano.
ATTI PARLAMENTARI, CAMERA DEI DEPUTATI, 1988, Proposta di Legge n. 2564.
ARPINO M., 26/27/28 maggio 2000, Atti del Convegno Internazionale “Lo sport giovanile e Scolastico in Europa e nel Mondo nel terzo millennio – Quali iniziative per prevenire e combattere il Doping?” Cagliari/Quartu S.Elena.
BIENTINESI, 1991, Farmaci & Sport.
CAPRISTO C.M., GAGLIANO-CANDELA R., GRECO M., Normativa e tossicologia dello sport, F. MILELLA Editore, Bari.
BROOKS R.V., FIRTH R.G., SUMMER N.A., 1975, Detection of anabolic steroids by radioimmunoassay, Br. J. Sports Med. 29.
LAMB D.R., 1984, Anabolic steroids in athletics: How well do they work and how dangerous are they?, Am. J. Sports Med. 12.
Settimanale AICS ANNOV - n°. 232 giovedì 3 novembre 2011

Dott. Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
Via Veio 52/B Roma c/o Psico&Art
380-4337230 - 21163@tiscali.it
www.psicologiadellosport.net/eventi.htm

Add a comment
 

La corsa ed il consumo di proteine

Rubriche - Medicina e Alimentazione

Per quanto riguarda il consumo energetico determinato dalla corsa non è corretto considerare soltanto l’utilizzo da parte dei muscoli, durante lo sforzo fisico, di una miscela di zuccheri e grassi, trascurando il consumo delle proteine.

Molti continuano a ritenere che per un impegno ridotto, per esempio la corsa lenta, si consumi una miscela di acidi grassi per lo più provenienti dalle cellule in cui il grasso si trova depositato (gli adipociti) ed in piccola parte presenti nelle fibre muscolari, e di glicogeno.

Quando l’impegno diventa crescente, nei ritmi medi ed in quelli ad alta intensità, la miscela grassi/zuccheri si riduce nella percentuale dei grassi per diventare più ricca di zuccheri.

Anche quando l’impegno della corsa si protrae per un lasso di tempo piuttosto lungo ad una intensità costante di intensità non elevata, con l’aumentare dei chilometri e con la conseguente diminuzione del glicogeno muscolare aumenta il consumo dei grassi.

Si ritiene pertanto che il consumo delle proteine sia di solito di entità trascurabile.

Eppure molti studi, frutto di indagini approfondite, hanno permesso di appurare che l’utilizzo delle proteine durante la corsa di endurance è tutt’altro che trascurabile.

Per esempio, quando l’intensità dello sforzo è attorno al 70% del massimo consumo di ossigeno (più o meno lo sforzo di un atleta che affronta la maratona), si evidenzia che un 10% delle calorie utilizzate dai muscoli derivano dalla proteine.

La scarsa considerazione del consumo proteico durante un attività fisica di carattere aerobico, ha fatto sì che per decenni all’individuo adulto venga raccomandata una dosa giornaliera di proteine pari a 0,90 – 1 grammo al giorno per ogni chilogrammo di peso corporeo. Soltanto ai bambini, ai ragazzi, alle donne in gravidanza ed in allattamento ed agli atleti che devono aumentare la loro massa muscolare è stata suggerita un incremento del dosaggio.

Per atleti praticanti discipline non aerobiche, per esempio ai lanciatori, si suggerisce di superare i 2,5 grammi al giorno di proteine specie nei periodi in cui fanno lavori di potenziamento della forza muscolare, mentre ai corridori, di norma, si suggerisce di aumentare l’apporto proteico al solo scopo di evitare il rischio di anemie, attraverso una maggiore assunzione di carne e di fegato, apportatori di ferro.

Per effetto degli studi citati in precedenza, una dose giornaliera di proteine pari a 0,90 – 1 grammo al giorno per ogni chilogrammo di peso corporeo, può dimostrarsi insufficiente; sarebbe opportuno che tutti i corridori dediti ad allenamenti intensi modificassero la loro dieta incrementando la percentuale dei cibi proteici rispetto a quelli ricchi di carboidrati. Non solo carne, ma anche uova, latte, i prodotti della pesca, i legumi associati con cereali.

Tali suggerimenti sono naturalmente indirizzati a quei soggetti che si allenano in modo costante e che non corrono il rischio di alterare i valori dei lipidi nel sangue.

 

GLI AMMINOACIDI A CATENA RAMIFICATA

Le proteine, come è noto, sono costituite da molti amminoacidi legati gli uni agli altri, secondo una successione diversa da una proteina all’altra.

Gli amminoacidi sono circa una ventina, quelli che interessano maggiormente gli atleti sono la leucina, la valina e la isoleucina. Tali amminoacidi vengono denominati a catena ramificata perché la loro catena carboniosa presenta una biforcazione.

Nelle discipline di resistenza gli amminoacidi agiscono sulla sintesi delle proteine, sia quelle costitutive del muscolo, si parla pertanto di incremento della forza e recupero dallo sforzo, sia degli enzimi, e tra questi sono compresi quelli che contribuiscono alla sintesi dell’ATP, la benzina dei muscoli.

Ma come si è detto in precedenza, le proteine vengono utilizzate dall’organismo durante un impegno si endurance come combustibile del muscolo stesso. Si è accennato prima come ad un’andatura da maratona, si consumano molte proteine, e sono proprio gli amminoacidi a catena ramificata che vengono utilizzati come substrato energetico.

E’ facile comprendere come i muscoli, una volta esaurite le scorte di glicogeno , finiscono per aggredire le proteine costituenti il muscolo stesso, determinando una lunghezza dei tempi di recupero del muscolo stesso.

Diventa utile pertanto che nelle ore precedenti la seduta di allenamento, vengano consumati amminoacidi a catena ramificata in un certo dosaggio che non deve comunque superare alcuni grammi.

La quantità di assunzione giornaliera deve essere, di norma, di 5 - 6 gr. (come somma dei 3 ramificati) e non dovrebbe superare i 10 -12 grammi. Per un individuo di 70 kg. ammonta in totale a circa 80-90 mg/kg/die.

L'assunzione degli amminoacidi a catena ramificata deve avvenire innanzitutto circa 30 minuti prima dello sforzo. Studi scientifici hanno dimostrato la validità del loro impiego se utilizzati con un rapporto 2:1:1 (50% leucina, 25% isoleucina, 25% valina).

Conviene utilizzare i prodotti che sono offerti in commercio ma è il caso di ricordare che 12 grammi di amminoacidi a catena ramificato sono forniti da 1 litro di latte, mentre un etto di parmigiano è in grado di apportare all’organismo una quantità di amminoacidi a catena ramificata di circa 6 grammi.

Utile è anche l’assunzione gli stessi amminoacidi nelle ore successive alla gara per favorire il recupero muscolare e far si che i muscoli fabbrichino più velocemente le proteine di cui sono costituiti i muscoli e che sono state utilizzate,

 

 

 

Add a comment

Ultimo aggiornamento (Lunedì 29 Agosto 2011 20:40)

 

Se aumentano i mitocondri si va piu' veloce

Rubriche - Medicina e Alimentazione

I mitocondri sono organuli di varie dimensioni e di forma allungata o quasi rotonda, presenti nella maggior parte delle fibre muscolari di un individuo adulto, la cui funzione è quella di produrre l’energia necessaria per i muscoli affinché quest’ultimi possano muoversi.

Grazie alla loro capacità di produrre energia i mitocondri sono organismi preziosi per il corridore che deve percorrere molti chilometri e vuol raggiungere una determinata prestazione Non trovandosi in una quantità geneticamente determinata nei nostri muscoli, bisognerà lavorare sodo perché essi siano presenti in quantità elevata, infatti la loro presenza e la grandezza può essere notevolmente incrementata attraverso opportuni allenamenti basati sulla corsa.

L‘ AZIONE DEI MITOCONDRI

Per ben comprendere l’azione e la funzione dei mitocondri è necessario richiamare alcune nozioni di fisiologia. Tutti i corridori sanno che l’energia utilizzata dai muscoli è quella che si trova in una molecola che si chiama ATP (adenos-tri-fosfato).

Sembra quasi incredibile, ma per ogni chilometro di corsa ogni atleta consuma all’incirca un chilo di ATP ed una quantità così elevata non è presente nei muscoli quando l’atleta è in procinto di iniziare un allenamento o una gara, nei muscoli la quantità di ATP alla partenza è sufficiente solo per pochi metri ma saranno proprio i muscoli a fabbricarla durante lo sforzo.

Nella produzione di l’ATP un ruolo fondamentale lo svolgono proprio i mitocondri, attraverso quel processo noto sotto il nome di meccanismo aerobico, dove l’ossigeno, fungendo da comburente, permette la trasformazione degli zuccheri e grassi in energia.

Più in dettaglio, all’interno della membrana dei mitocondri vi sono alcune decine di enzimi di differente natura che prendono il nome di matrici e grazie proprio a questi enzimi si realizza la combinazione tra l’ossigeno e i substrati energetici presenti nei muscoli o che giungono ad essi attraverso il torrente ematico. Si susseguono poi una catena di reazioni biochimiche, che prende il nome di ciclo di Krebs, che realizzano la produzione di ATP.

E’ facile comprendere la relazione tra la concentrazione di mitocondri e di ATP nei muscoli: l’atleta che ha una concentrazione maggiore di mitocondri è in grado di produrre, per ogni secondo, una maggior quantità di ATP con il meccanismo energetico aerobico, mettendo a disposizione dei muscoli una maggiore quantità di energia.

Si può quindi affermare che, a parità di tutte le altre condizioni, l’atleta che riuscirà ad incrementare la sua quantità di mitocondri si troverà nella condizione di migliorare il suo risultato sportivo.

All’interno delle fibre muscolari degli arti inferiori di un maratoneta ben allenato, i mitocondri sono molto abbondanti nelle fibre di tipo I, quello definite lente, oppure rosse (ST), mentre sono presenti in misura minore nelle FT o fibre pallide o fibre veloci. Per le FT va fatta una ulteriore distinzione; all’interno delle fibre veloci si possono individuare altri sottotipi le “veloci ossidative” IIa e le “veloci gli colitiche” IIb, un allenamento mirato può incrementare in modo considerevole la quantità dei mitocondri nelle prime.

Diversi studi su animali sottoposti ad allenamento attraverso un programma di corsa su treadmill che prevedeva un incremento progressivo della durata e velocità dell’allenamento mantenuto per 12 settimane, hanno dimostrato e un aumento della capacità dell’organismo di generare ATP.

L'indagine successiva ha poi confermato che l'aumentata capacità di generare ATP mediante il metabolismo ossidativo (innalzamento della soglia anaerobica) è frutto, in modo particolare, dall’incremento degli enzimi mitocondriali. E' stato anche acclarato che una produzione significativa di lattato acido (circa 4 millimoli) costituisce lo stimolo per la fibra muscolare a fabbricare altri mitocondri. Risulta quindi necessario incrementare l’andatura negli allenamenti perché si possa determinare l’aumento di quest’ultimi. In particolare bisogna tenere ritmi intorno alla soglia anaerobica in modo che intervengano anche le fibre di tipo IIa (veloci-ossidative) e si produca una quantità significativa di lattato acido.

Per poter realizzare l’aumento dei mitocondri, lo stimolo deve durare almeno qualche decina di secondi.

Gli allenamenti più efficaci, da cui si è appurato che in un lasso di tempo relativamente breve, si determina un incremento dei mitocondri sono i seguenti: corto veloce: un tratto unico della durata di 20 minuti fino a 40 minuti (negli atleti maggiormente evoluti).

La seduta va condotta ad un’andatura vicina alla soglia anaerobica ( tra il 97 sino ad arrivare al 100 %).

Ripetute: 200 – 300 – 400 metri da correre ad un’andatura superiore alla soglia anaerobica (intono al 105 - 107 %).

1000 metri da correre ad un’andatura superiore alla soglia anaerobica (intono al 102 - 105 %).

2.000 metri , da correre ad un’andatura superiore alla soglia anaerobica (intono al 100 - 102 %).

3.000 m. da correre ad un’andatura intorno alla soglia anaerobica .

Add a comment

Ultimo aggiornamento (Venerdì 02 Settembre 2011 22:27)

 
Ultimi 60 servizi fotografici