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Reggio Emilia - 16^ Maratona di Reggio Emilia

Challenge Podisti.Net "Azzecca il tempo": vince Roiz su Magnani e Porcu

Maratona - Reggio Emilia - 16^ Maratona di Reggio Emilia
Reggio_Emilia_Maratona_2011_vincitori_challenge_azzecca_il_tempoGli atleti inseriti nella classifica del Challenge Podisti.Net "Azzecca il tempo" sono 269, a loro vanno aggiunti i 21 tra ritirati e non partiti per un totale di ben 290, gli stessi numeri si ripeteranno naturalmente anche nelle altre classifiche di Regolarità e BMI che pubblicheremo giovedì sera 15 dicembre.
Nella speciale classifica unisex "Azzecca il tempo" ha vinto il friulano Roberto Roiz che con uno scarto di soli 2 secondi di anticipo ha battuto tutti ed in particolare il parmense Mattia Magnani (per lui scarto positivo di 10 secondi) e Massimo Porcu (per lui uno scarto di 11 secondi in negativo).
La classifica è unica tra uomini e donne, in ogni caso la prima donna che appare in classifica è Sabrina Bonutto con uno scarto di 38 secondi in anticipo rispetto al tempo dichiarato. Al veronese Leonino Lorenzi la palma dello scostamento maggiore tra tempo dichiarato e tempo ottenuti avendo dichiarato 4h30' ma corso in 3h27'. Tra le donne colei che ha lo scostamento maggiore è stata Elisabetta Cirrone con 33'36" in meno su quanto dichiarato alla vigilia, sarà certamente molto contenta.
Nell'elenco completo sottostante, nella colonna "delta", il colore ciclamino identifica uno scarto positivo mentre l'azzurro uno scarto negativo.

Elenco dei premi:
Gara "Azzecca il tempo" (categoria unica M/F):
1° arrivata/o: Pettorale per partecipare alla Milano Marathon 2012 + maglia tecnica "I'm training for Milano Marathon" (nella foto).
2° arrivata/o: Canotta Italia by Podisti.Net
3° arrivata/o: Canotta Italia by Podisti.Net

 


reggioemilia_maratona_azzeccailtempo 

 

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Ultimo aggiornamento (Domenica 25 Dicembre 2011 07:51)

 

Il muro della Maratona di Reggio Emilia

Maratona - Reggio Emilia - 16^ Maratona di Reggio Emilia

Reggio_Emilia_Maratona_2011_Dario_Marchini_foto_Stefano_MorselliDoveva essere la mia corsa ed alla fine lo è stata. Non è stato semplice sin dall’inizio. Problemi alla schiena. Problemi al ginocchio. Allenamenti e soprattutto lunghi saltati. Ma è stato un anno difficile e tutte le forze e le speranze le avevo rinchiuse in questo piccolo-grande sogno. Un piccolo appiglio per andare avanti piano, piano, ma tante volte ho pensato di non riuscire a farcela da solo. Alla fine la corsa è una delle poche cose in cui puoi contare solo su te stesso, dove i fattori esterni contano, ma molte volte non sono fondamentali, possono influire ma non in modo decisivo. Oltretutto è passato un anno dall’ultima Maratona di Firenze. Un anno in cui ho pensato solo a migliorare la velocità, poco alla volta, senza fretta. Ma un anno anche fatto di sacrifici, di risultati, di tante corse, alcune nuove alcune meno. Un anno di nuovi amici, di nuovi compagni, di nuove sfide. E tante persone che mi sono state vicino, chi per curiosità, chi per sfinimento, chi per passione, chi per dovere. Ed oggi, le ho ritrovate tutte lungo quei quarantadue chilometri che mi hanno diviso dall’inizio alla fine di questa Maratona di Reggio Emilia.

Siamo partiti sabato, nel pomeriggio, quando Iacopo e Silvia sono passati a prendermi. Nuova maratona per me, nuovi compagni. Il viaggio è decisamente stato veloce e fin troppo agevole. Ma l’ottima organizzazione di casa Giardini ci ha anche fatto alloggiare in ottima posizione, proprio in centro, a due passi dalla partenza e dal centro maratona. Giro tra i piccoli stand del palazzetto per il ritiro del pettorale, un saluto allo stand di Podisti.net organizzatori di un’ulteriore gara nella gara tra gli utenti del sito, ascolto veloce del briefing sul percorso e poi un’allegra serata in compagnia, raggiunti a cena anche da Riccardo e Laura. Iacopo è l’unico poco agitato, per lui la maratona è solo un allenamento per arrivare alla cento chilometri di questa primavera. Ma per me e Riccardo è una nuova sfida. Io ho in ballo un nuovo personale e il muro delle tre ore da abbattere. Vorrebbe dire migliorarsi di più di undici minuti, un’impresa. Ma se tutto andasse per il verso giusto, senza contrattempi, potrebbe anche essere una cosa fattibile. D’altro canto la tabella l’ho seguita scrupolosamente e in tutte le altre occasioni i risultati si sono poi sempre visti, per cui… Peccato che nell’ultima settimana non abbia potuto correre per un’infiammazione al ginocchio. Anche camminando per le vie di Reggio, la sensazione non è mai stata ottima, ma si sa, la testa a volte è più convincente del corpo stesso. Resta solo da verificare in gara. Ma come se non bastasse, nel viaggio da Milano l’occhio destro ha cominciato a darmi fastidio ed a gonfiarsi, forse a causa allergia. I segnali non sono stati dei più favorevoli.

Quando la sveglia è suonata poco prima delle sette, mi son subito guardato allo specchio e la situazione occhio non mi è sembrata molto migliorata, ma non c’era comunque nulla da fare. Il ginocchio invece sembrava a posto, fino a quando con un movimento sbagliato infilandomi i pantaloni della tuta, una fitta non mi ha attraversato tutta la gamba. Il sorriso un po’ mi si è spento in viso. All’appuntamento delle otto al palazzetto con Riccardo arriviamo puntuali. Fuori ho anche incrociato Alberto che non vedevo da più di un mese. Qualche acciacco anche per lui. Consegniamo le borse, ci svestiamo e poi ci infiliamo nelle griglie di partenza, io un po’ più avanti, Iacopo e Riccardo leggermente più indietro. Lo speaker annuncia una partecipazione record di più di tremila atleti. Nei minuti che precedono il via cerco i pacers delle 3h a cui voglio accodarmi. Dal briefing del sabato ho capito che il percorso non è per nulla semplice, pieno di saliscendi, continui cambi di ritmo e scostante. So di essere abbastanza regolare nel mio passo, ma preferisco non pensare al tempo e lasciarmi guidare da chi ne sa sicuramente più di me. E poi, fino ad ora, l’appoggio ai pacers è sempre stata un’ottima scelta.

Il cielo sembra dalla nostra. Poco prima della partenza si apre e lascia intravedere l’azzurro sopra le nuvole e il sole illumina di traverso i palazzi davanti a noi. Fa anche fin troppo caldo. Quando i bersaglieri intonano l’Inno di Mameli so che ormai è fatta. La sensazione al ginocchio non è per nulla buona, ma ci devo provare comunque. Allo sparo ho un ritardo di una quindicina di secondi sul tempo di gara, ottima cosa anche per riuscire a prendere il premio aggiuntivo per chi riuscirà a finire il tempo di gara ufficiale sotto le tre ore. I pacers sono leggermente più avanti e sparo il primo chilometro subito a 4’ per raggiungerli. I primi 3 km sono un giro nel centro di Reggio Emilia con un nuovo passaggio sotto l’arco di partenza per poi uscire verso le campagne. In giro, anche se è presto, un po’ di gente c’è, ma il calore di Firenze, Roma o anche solo Milano è solo un ricordo. Qualche applauso, qualche curioso e nulla più. Appena mi accodo ai pacers mi accorgo che il gruppo è abbastanza numeroso, almeno una sessantina di atleti, che vuol dire confusione in corsa. Cerco di rimanere nelle prime file per non restare imbottigliato dietro e ascoltare anche i consigli di chi ci tira. Usciamo da Reggio con un buon ritmo appena inferiore ai 4’15” sul quale mi sono allenato. Le gambe sembrano girare bene, ma il ginocchio mi da fastidio. Cerco di convincermi che è solo un fastidio mentale ed a tratti, quando mi concentro più su altro, in effetti le cose migliorano. I primi 17 Km sono tutti in leggera salita, ma nel tratto iniziale non si sentono molto. E’ più la bagarre per rimanere tra le prime fila a tenere banco. C’è chi sgomita un po’ troppo per i miei gusti rendendosi fastidioso, ma non ci si può fare niente se non sperare che presto si levi dalle palle. Usciamo nelle campagne ed a tratti la strada si stringe di molto permettendoci di correre affiancati al massimo in tre o quattro ed allungando di parecchio il gruppo. Lungo la strada c’è un po’ di gente, ma di incoraggiamento, se non per chi gioca in casa, non ce n’è molto. Mi manca avere il proprio (mio) pubblico. Passo i primi 10 Km in poco più di 42’, con quasi una trentina di secondi di vantaggio sul muro delle tre ore. Non guardo mai il cronometro lasciando che siano gli altri a fare il passo. Qualcuno ogni tanto aumenta, ma poi alla fine ci si compatta sempre.

Dal dodicesimo al diciassettesimo la strada si fa più impegnativa, con una seria di salitelle che cominciano a farsi sentire col passare dei chilometri e con il terreno ondulato che si apre nelle campagne. Massimo, il pacer che seguo, ci istruisce ogni tre-quattro chilometri su quello che ci aspetta, dicendoci di aumentare o diminuire il ritmo in base alle difficoltà che dobbiamo incrociare. Dopo il 17 km inizia la prima fase di discesa di sei-sette chilometri, ma chiaramente non regolare. In previsione poi della successiva salita, aumentiamo il passo sui 4’10” e il cambio si sente. Io che pensavo di rifiatare un po’, invece… Il ginocchio comincia a farsi sentire maggiormente e anche le gambe non girano più troppo leggere come all’inizio. Il continuo su-e-giù delle strade non è semplice da gestire. Passiamo alla mezza in 1h29’, quasi il tempo che poco più di un anno fa avevo fatto in gara. Incredibile. Diversamente da tutte le altre maratone comincio già a sentire un po’ di stanchezza e penso che manca ancora metà gara. I muscoli, soprattutto il gemello sinistro e il bicipite femorale destro, cominciano a lanciare qualche segnale. Anche la spalla, che mi fa male quando inizio a correre scomposto, mi da un po’ fastidio. Cerco di concentrarmi sul passo e la postura per non pensarci. I ristori sono un po’ difficoltosi, dato che siamo in tanti, l’acqua è distribuita solo in bicchieri di carta e non nelle bottigliette e i tavoli sono tutti troppo piccoli e poco distanziati. Ci si accalca, ma riesco sempre a farli tutti senza perdere troppi secondi preziosi. Attorno al 24° km inizia il tratto più duro con una salitella di soli duecento metri, ma che si fa sentire fin troppo. Cerco di non prenderla con troppa foga per non lasciare troppe energie per strada e poi, poco a poco, riconquisto la mia posizione. Il sole della partenza intanto se ne è andato da un pezzo. La temperatura è comunque buona, ma non arriva ai 10°C. Rimanere coperti in gruppo aiuta a non prendere aria diretta addosso ed a fare meno fatica, ma più di una volta rischio di cadere per piccoli sgambetti fortuiti. I quattro chilometri di salita costante si fanno sentire. Ritorniamo verso le strade percorse all’andata e comincio a contare i chilometri rimanenti, facendo il parallelo con le distanze ricoperte in allenamento per farmi un’idea “vera” di quanta strada manca all’arrivo. Ad un certo punto il ginocchio come per magia non mi dà più fastidio, rimpiazzato da un dolore alla caviglia sinistra ed ai muscoli che cominciano a faticare. La sensazione che provo è altalenante: in certi punti mi sembra che le gambe girino comunque ancora bene, in altri che stiano per cedere. E sarà così fino all’arrivo.

Col passaggio al 30° Km inizia poi la vera maratona, si sa. La sorpresa più grossa è il personale che farei se la gara finisse lì, un 2h 06’ quanto mai agognato in altri tempi. Ma, invece, Massimo aumenta il ritmo approfittando dei chilometri più piatti. Passo il 32° km con un po’ di tensione visto che le prime maratone crollavo in quel punto, ma poi fino al 34° km non ho grossi problemi. Il gruppo è ancora abbastanza unito, anche se qualche pezzo lo abbiamo già perso per strada. Ma la prima selezione avviene dopo il ristoro del 35° km, al passaggio su un breve tratto di sterrato ghiaioso. Rincorro i pacers che hanno preso anche un leggero vantaggio su di me a causa dell’abbeveraggio e pago un po’ l’aumento di ritmo. I muscoli cominciano a stridere, ma provo a pensare che sono solo sette i chilometri che mancano. Ma quando al 37° km passiamo per l’ultima vera discesa-salita di un sottopasso, c’è la vera selezione. Nei duecento metri arranco e perdo parecchio terreno, fiducioso di recuperarlo una volta tornato in piano, ma non è così. I pacers prendono sempre più vantaggio con solo dieci-quindici runners che li seguono. Il resto è sfaldato. Trentasette è stato anche il chilometro di crisi a Firenze. Ho un po’ paura, ma cerco di mandare avanti le gambe a forza. La crisi prima o poi passa, basta non arrendersi, non crollare, non fermarsi. Do sfogo all’ultimo gel rimasto sperando in una spinta degli zuccheri per il finale. Il gruppetto di testa si allontana piano, piano ma evito di guardare il cronometro. I crampi si fanno più forti e le gambe più pesanti. Mi sembra che girino meno, le sento più rigide. Comincio a contare solo i metri che mi separano dal chilometro successivo, togliendo di volta in volta un chilometro ai quarantadue finali. Fino al 39° Km è un calvario, ma sento la fine che si sta avvicinando. Anche la distanza dai pacers rimane più costante e avanzo a testa bassa. Ma poi la sorpresa che non ti aspetti: appena ritornati in città a Reggio, entriamo in un parco pieno di curve e sali-scendi. Subisco tantissimo. Rimango attardato. Cerco di non guardare troppo avanti, ma di proseguire un passo alla volta. E penso, penso agli allenamenti, alla fatica e al sudore lasciati lungo il Naviglio, ai lunghi della domenica, agli incoraggiamenti degli amici, alla voglia di correre quando sei infortunato, alle sfide, ai discorsi monotematici tra runners davanti ad una pizza, alle sveglie della domenica mattina dopo i sabati sera in giro, al freddo dell’inverno e al caldo dell’estate, alle corse in salita, alla dieta per la preparazione, al pranzo post corsa, agli amici che sono a casa e che ci credono più di me, alle sfighe della vita, alle lacrime… Occupo la testa e la distolgo dal dolore delle gambe e dalla fatica e il parco finisce. Davanti vedo che i pacers si sono sfilati. Uno porta i più in forma all’arrivo ben al di sotto delle tre ore, Massimo rimane col suo ritmo dichiarato sul finale di 2h 58’ e il terzo si posiziona come limite per scortare chi è rimasto più attardato. Supero quest’ultimo che mi fa coraggio e mi invita a puntare e raggiungere il gruppo poco più avanti. Mi rassicura dicendomi che fino a quando sono davanti a lui il muro è abbattuto. Stringo i denti, riesco a recuperare almeno una bottiglietta d’acqua al ristoro del 40° km e poi aspetto solo di vedere il cartello dell’ultimo chilometro.

Mi sembra di avere un’andatura più che costante. Sfilo lungo i vialoni alberati di Reggio ed al 41° Km mi lascio tentare dal guardare il cronometro. Peccato che il tempo sia fermo a 1h31’, probabilmente a causa di qualche scontro nella ressa del gruppo. Cerco di allungare più che posso negli ultimi mille metri, ma senza esagerare. Le fila sono molto allungate. Ogni tanto una lacrima cerca di farsi avanti al pensiero di riuscire a stare sotto le tre ore, ma la respingo con forza. Ad ogni curva penso di essere arrivato, ma del traguardo nemmeno l’ombra e nemmeno le solite urla di incitamento del pubblico. Una curva, due curve, tre curve, quattro curve e poi finalmente il cartello dei 42 Km e per i restanti 195 m è solo un trionfo. Cerco di vedere da lontano quanto segna il cronometro sotto la linea di arrivo e provo a spingere per rimanere sotto i cinquantotto. E un passo dopo l’altro finalmente è finita: 2h58’42” (2h58’57” quello di gara). Massimo e il piccolo gruppetto da lui capeggiato sono arrivati da una ventina di secondi e lui ci aspetta tutti qualche metro avanti la linea di arrivo per stringerci la mano. Gli sorrido e lo abbraccio, quasi commosso. Il grazie più grosso va a lui ed ai suoi due compagni. Proseguo verso le ragazze che ci aspettano con le medaglie in mano e lascio che siano loro ad infilarmela, com’è giusto che sia. Mi fermo a guardare il traguardo appoggiato alle transenne e ancora non ci credo.

Ci avevo sperato e ci avevo creduto fortemente, una volta in gara sapevo che ce l’avrei fatta, ma quando arriva la crisi, anche per solo due chilometri, la strada si fa dura. Ora guardando i parziali di gara ho anche capito che nel finale non sono stato io a diminuire il passo ma i pacers ad aumentare leggermente. Credo sia stata la maratona più costante che abbia mai fatto, praticamente quasi tutta a 4’14”. Ma la sorpresa più grossa è anche stata vedere la posizione finale: 191°, cosa che solo ieri pomeriggio per me sarebbe stata cosa impossibile da pensare. E’ stata una maratona diversa da tutte quelle che ho fatto, parecchio dura, non semplice, tecnica. La sofferenza è ogni volta diversa, ma la gioia di tagliare quel traguardo e sapere di avercela fatta è qualcosa che non si riesce poi a dimenticare. E questa volta la mia vittoria la dedico a me, perché questa è stata la mia corsa. La volevo e me la sono portata a casa.

L’ultimo grazie lo do a chi mi segue e mi ha seguito in questi mesi, sul sito (www.corroergosum.it), su facebook, in allenamento, alla tapasciate, a chi ha sempre avuto una parola di conforto e un incoraggiamento, a chi ha sopportato sfoghi e chiacchiere per una corsa andata male, a chi ha capito quanto è importante la corsa per me, a chi non ha mai smesso di dirmi di non mollare. Grazie ancora, perché oggi non mi sono sentito solo, oggi c’eravate anche voi con me.

 

(Foto di Stefano Morselli - Podisti.Net)

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Ultimo aggiornamento (Giovedì 15 Dicembre 2011 11:31)

 

Tanti elogi e piccole critiche alla Maratona di Reggio

Maratona - Reggio Emilia - 16^ Maratona di Reggio Emilia

Domenica 11 dicembre, ore 15.00, chiude il sipario sulla 16^ Maratona di Reggio Emilia “Citta del Tricolore”. Un’edizione record che con i suoi numeri ha premiato l’organizzazione presieduta dall’amico Paolo Manelli. Una maratona, quella reggiana, che, cresciuta costantemente negli anni, è diventata un punto di riferimento per tutti gli atleti, vista la qualità dei servizi offerti e la bellezza del percorso. Un buon motivo anche per i loro accompagnatori per trascorrere un bel fine settimana in una bella città come Reggio Emilia.

Un plauso particolare va a chi pensò, tempo fa, d’inserire nel programma maratona delle visite guidate alla città che fu del primo Tricolore , col triplice intento di mostrarne le bellezze, allietare il soggiorno ed arricchire culturalmente i partecipanti, non dimenticando che tutto questo è offerto gratis.

Parlare bene della Maratona di Reggio Emilia è come parlare dell’ovvio, si sfonda una porta aperta, insomma è bella e basta! Proprio perché si è arrivati a questo punto, però, si devono fare alcune considerazioni e delle critiche costruttive affinché l’evento con l’andare del tempo diventi veramente una perla unica nel fantastico, ma mal gestito, mondo delle maratone in Italia. La mia non vuole essere una voce stonata nel coro, ma solo una nota che si fa sentire in una melodia.

Ormai credo sia giunta l’ora di chiudere le iscrizioni ad un certo numero di partecipanti, magari 2800, dico questo perché con l’attuale percorso, che prevede nei primi chilometri due giri nel centro, anche giusti perché la corsa deve anche omaggiare la città che la ospita, ci sono degli enormi problemi dovuti ai cambi di direzione secchi che provocano, vista la marea dei partecipanti e la sede stradale stretta e umida, delle cadute anche serie da parte degli atleti. Penso che se dopo la partenza da corso Garibaldi, una volta imboccata la via Emilia e Viale Monte Grappa si andasse direttamente fuori, verso la collina, sarebbe meglio. Il fiume di atleti potrebbe esondare così nelle strade più larghe e comode della periferia e poi, una volta esaurita la sua foga, essere incanalato nel centro cittadino. Ci sarebbero così meno possibilità d’incidenti e più tranquillità per godersi il salotto bello di Reggio Emilia. Sicuramente ci sarebbe da lottare con i commercianti, con i permessi in Comune, però bisogna far capire a queste persone che questo evento è anche un’occasione per loro. Un altro particolare da migliorare è sicuramente il flusso di persone che entrano ed escono dal palazzetto dello sport al sabato sera e alla domenica mattina. Il palaBigi, ottima location per deposito borse, docce, stand e vicinanza dal punto di partenza/arrivo gara mostra delle crepe dal punto di vista dello scorrimento delle persone al suo interno. Perché allora non sfruttare un’altra uscita della struttura convogliando il “traffico umano” in varie direzioni? Ancora altri due piccolissimi dettagli da migliorare legati al fine gara sono: un atleta che taglia il traguardo dopo cinque ore e mezzo-sei non può non trovare la medaglia (anche se questa arriverà a casa sicuramente quanto prima e su questo sono pronto a mettere la mano sul fuoco) e non può arrivare trovando intorno a lui gli operai che stanno già smontando le transenne ed i banchi dove sono appoggiati i teli già messi uno sull’altro pronti per essere portati via… Tutto ciò non è elegante e sembra come se si dicesse: “Dai aspettiamo te per chiudere, fai presto”, ciò non mi piace. Tutti, dal primo all’ultimo dei finisher, devono avere un degno arrivo.

Certo, queste piccole lacune che ho citato sono delle gocce che si perdono in un oceano dove ci sono: la gentilezza di Paolo Manelli quando mi sono iscritto, il sorriso di Cinzia quando ho preso il pacco gara, il ritiro velocissimo del pettorale, il caloroso incoraggiamento che abbiamo avuto ai fornitissimi e favolosi ristori gestiti dalle società podistiche, la simpatia dei volontari, il percorso completamente chiuso al traffico, il pantagruelico ristoro del dopogara, i bagni chimici lungo il percorso, le facce, le emozioni, le espressioni, i pianti, i sorrisi dei maratoneti che arrivavano, i loro commenti entusiasti nell’immediato dopogara, gli speaker Michele Marescalchi e Roberto Brighenti. Una parola d’elogio allo stoico Roby, sempre li sul palco dalle prime ore del mattino fino a quando anche l’ultimo degli atleti è arrivato a tagliare il traguardo, sempre pronto con la sua verve a tributare a tutti gli onori che gli spettavano.

Non voglio parlare della mia gara perché dovendo fare solo un allenamento lento, l’ho interpretata in quanto tale. Mi son fermato a tutti i ristori complimentandomi con i volontari, ho salutato i tantissimi amici e conoscenti sparsi lungo il percorso di gara, ho chiacchierato con altri atleti, insomma ho svolto un bell’allenamento in compagnia, cercando solo di restare nei limiti di tempo che mi ero prefissato e cioè 3h10’/3h15’.

Per concludere, il mio grazie come al solito va agli organizzatori e ai volontari che tanto si sono adoperati per noi; però, mai come questa volta, vorrei estenderlo anche ai fotografi non professionisti che lungo il percorso immortalano le nostre gesta mettendo poi a disposizione e gratis i loro scatti sui siti podistici. Non posso però non ricordare, ringraziandoli, tutti gli atleti, tutti gli amici che sono venuti a Reggio Emilia in questo week-end di fine autunno e che hanno colorato simpaticamente la città rendendola più viva e calda. Credo, infine, una cosa: in altre città dove si va a correre, lo si fa per aggiungere una gara al nostro curriculum sportivo; a Reggio Emilia, invece, lo facciamo perché la corsa ce la fanno sentire nostra.

Tra i tanti amici che ho avuto il piacere d’incontrare ne vorrei menzionare uno su tutti: Simone Leo, non è un top runner, ma un Campione nella vita di tutti i giorni. Con l’Associazione “Dico no alla droga” combatte contro la disinformazione, la confusione e le leggende metropolitane che ci sono a riguardo dell’uso di certe sostanze e lo fa attraverso la prevenzione, parlando ai giovani e non solo. Mi piaceva ricordarlo.

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Reggio: Un uomo solo sul traguardo...

Maratona - Reggio Emilia - 16^ Maratona di Reggio Emilia

Titolo un po’ strano per commentare la maratona di Reggio Emilia, ma credo che, se avrete la pazienza di leggere fino in fondo, capirete che il titolo non è poi tanto strano.

Avrei potuto dare al pezzo il titolo “Reggio Emilia: la New York nostrana!”, per evidenziare l’alto grado di soddisfazione degli atleti giunti al traguardo, oppure “Reggio Emilia, la maratona Tricolore”, per sottolineare come il tricolore sia stato sempre presente sulle medaglie “da collezione” fin dalla prima edizione ed a maggior ragione quest’anno che ricorre il 150° dell’unità d’Italia, oppure, facendo un riferimento personale, “Maratona di Reggio Emilia: sempre presente!” per evidenziare la mia presenza sotto lo striscione d’arrivo in tutte le sedici edizioni disputate.

Ma andiamo con ordine.

Quest’anno la mia presenza alla gara non era del tutto scontata: l’età, gli acciacchi, la mancanza di allenamento non solo alla maratona ma alla corsa... e forse un po’ di buon senso avrebbero sconsigliato la mia partecipazione.

Ma uno degli obiettivi che mi ero preposto all’inizio dell’anno era la partecipazione alle maratone di Padova, di Milano, di Sommacampagna ed a quella di Reggio Emilia.

Raggiunti i primi obiettivi, non potevo mancare certo l’ultimo, forse il più atteso, per me.

Quello che mi ha spinto a mettermi alla prova è stata la certezza che qualunque tempo atmosferico avessimo trovato, con qualunque tempo avessi terminato la maratona, magari anche al di là del tempo massimo (beh, sì, una volta partito sapevo che avrei terminato la gara!), avrei trovato Paolo (Manelli) ad attendermi sulla linea del traguardo. Magari intirizzito per il freddo, ma sempre con il sorriso sulle labbra!

Ho subito notato, fin dalla prima edizione, questa sua caratteristica: essere presente ad accogliere tutti: Atleti ed “atleti”.

Atleti (con la “A” maiuscola) sono quelli che concorrono per la vittoria finale o per tempi di tutto rispetto; “atleti” (termine racchiuso tra apici) quelli che corrono per il piacere di correre, quelli che corrono per ottenere un loro record personale (magari di quattro ore, non importa), quelli che “comunque vada, è un successo”, quelli che ....

Tra l’altro lo stesso termine “atleti” (scritto con la stessa grafia) è riportato da Paolo nella presentazione della “16^ maratona di Reggio Emilia”, termine che lui si cuce addosso e che mi accomuna.

Con “l’atleta” Paolo ho avuto il piacere di correre alcune maratone, ma soprattutto la “Maratonina in Santa Croce”, gara che si disputa a Reggio Emilia, nella parte non toccata dalla maratona. La gara è stata una vera lezione sulla storia operaia e sulle fabbriche di Reggio. Lo sguardo del “professor” Paolo si illuminava quando parlava delle officine Reggiane (per la precisione Officine Meccaniche Italiane), famose per la produzione di caccia della seconda guerra mondiale.

Ora spero abbiate capito che la famosa frase “Un uomo solo è al comando; la sua maglia è biancoceleste; il suo nome è Fausto Coppi” (frase che Mario Ferretti pronunciò in una radiocronaca di una tappa del giro d’Italia nel 1949), possa essere modificata, adattandola per l’occasione alla maratona di Reggio Emilia, in “Un uomo solo sul traguardo, sul suo volto un sorriso, il suo nome è Paolo Manelli”, senza mancare di rispetto sia al grande Fausto (di cui mio padre era un grande tifoso, lo si capisce dal nome che ha voluto darmi), sia all’altrettanto grande cronista Mario Ferretti.

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Ultimo aggiornamento (Giovedì 15 Dicembre 2011 06:49)

 

Reggio Emilia: maratona con personal best

Maratona - Reggio Emilia - 16^ Maratona di Reggio Emilia

Reggio_Emilia_Maratona_2011_GAP_SaronnoLa maratona è un lungo viaggio, è amore e odio, è nascere, vivere, morire e poi… risorgere. Forse quest’ultima metafora non calza proprio a pennello visto l’attuale clima natalizio anziché pasquale, ma ci siamo capiti, vero? A Reggio Emilia domenica 11 Dicembre era una giornata perfetta per correre, temperatura alla partenza intorno ai 6° e clima abbastanza secco, toccava a noi fare la nostra “porca parte”. Sono giunto a Reggio il sabato in compagnia di RobertOne e Fabrizio che aveva gentilmente offerto il camper; se inizialmente questa opportunità mi aveva entusiasmato, poi sinceramente avevo riflettuto sul fatto che per me sarebbe stata la prima volta (soprattutto per i fattori letto e bagno) e si sa che noi maratoneti siamo “piuttosto” abitudinari; poi, però, mi ero convinto che questa era la soluzione migliore e il buon risultato globale non fa altro che avallare la bontà della scelta. Dopo un tranquillo viaggio di andata ci incasinavamo un po’ in città prima di trovare un parcheggio vicino al centro e da li non ci saremmo più mossi. Capatina all’expo per il ritiro pettorale e ci scappavano anche assaggi gustosi di parmigiano ed erbazzone. E poi via sulla nostra casina a quattro ruote per una cena a base di pasta integrale al sugo e secondo con arrosto ed insalata, dulcis in “findus” la crostata di Barbara, moglie di Fabrizio: da leccarsi le dita! Sul finire c’era un fuori programma che animava un po’ la serata, ovvero il riscaldamento andava in blocco. Dopo poco l’inconveniente veniva risolto da Fabrizio e quindi potevamo addormentarci tranquillamente. La notte andava via abbastanza liscia, mi svegliavo qualche volta, ma sarebbe stato così anche a casa. La mattina colazione un paio d’ore prima e poi i vari riti preparatori tra i quali spiccava quello del bagno; io facevo una tripletta, Fabri mi pareggiava in zona Cesarini, mentre RobertOne restava fermo a quota uno, ma il dibattito era aperto in quanto la durata della sua unica seduta sPiritica era abbondantemente oltre la somma delle nostre tre! Alleggeriti, potevamo incamminarci verso la partenza dove lo start veniva dato puntualmente; avevo già corso qui nel 2009 e sapevo che una prima parte più accorta mi avrebbe premiato con una seconda più veloce e così è stato. Nonostante la mia andatura fosse più veloce nella seconda parte, vedevo che non riuscivo a colmare il gap che mi separava dal personal best e allora, dal 35° km, ci davo dentro di maledetto e infatti venivo premiato all’arrivo. 3h09’23’’. Ottime prestazioni e pb anche per RobertOne, Marco e Franco, Fabri finiva bene ad un soffio dal suo miglior tempo, mentre, purtroppo, Mauro restava a casa trattenuto da impegni di lavoro. Come sempre l’organizzazione si dimostrava all’altezza, non è mai facile né tantomeno scontato, bravi! Desidero ringraziare il mio allenatore Davide Daccò e il mio fisioterapista Fabio Cattaneo, in questi tre mesi sempre disponibili a rispondere ai miei dubbi e a rimettermi in bolla. Ringrazio anche mia moglie Annamaria e la piccola Sara alle quali ho sottratto del tempo, a dir la verità il meno possibile, visto che a volte mi sono ridotto a correre anche alle 11 di sera! Erano sette anni che avevo questo sassolino nella scarpa e finalmente son riuscito a toglierlo, una bella soddisfazione; e ora? Beh, come dice Aldo Rock, ogni soffitto raggiunto non è che un altro pavimento! A presto, on the road again!

 

Rossini Alessandro 3:09:40 (Real Time 3:09:23)

Basilico Fabrizio 3:22:20 (3:21:19)

Medugno Roberto 3:26:34 (3:25:30)

Sciarappa Franco 3:29:57 (3:29:19)

Magnoni Marco 3:52:57 (3:51:26)

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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 14 Dicembre 2011 23:19)

 
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