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Feltre (BL) - 13^ Corri Feltre

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Lucio Sacchet e Paola Dal Mas vincono la tredicesima edizione della Corri Feltre, ma i veri protagonisti sono stati tutti gli atleti (ottocento in totale), e i ragazzi delle scuole che hanno animato la corsa feltrina con i loro sorrisi e la loro simpatia.

La partenza scandita dal nuovo sindaco di Feltre, Paolo Perenzin, è stata data alle 9.30, i primi metri sono stati scanditi dal ritmo dei ragazzi del Rugby Feltre. Terminato il giro sul tartan, la gara è entrata nel vivo con Lucio Sacchet, Sandy Ballis, Christian Mione e Aziz Mahjoubi che hanno iniziato a premere sull'acceleratore. Lucio Sacchet, appena dopo il passaggio in Piazza Maggiore, poteva vantare un vantaggio di alcune decine di metri su Ballis e Mione, appena dietro transitavano Mahjoubi, De Paoli e Bettega.

In campo femminile, la forte atleta del Gruppo Sportivo Quantin, Paola Dal Mas ha preso la testa della gara con la ferma intenzione di non farsi recuperare da Manuela Moro.

Dopo la discesa da Feltre vecchia i ragazzi impegnati nel percorso dei cinque chilometri hanno svoltato a destra e sono andati a tagliare il traguardo, mentre gli atleti della dodici chilometri hanno continuato a correre verso Pedavena per poi rientrare verso lo stadio.

Lucio Sacchet del Gruppo Pecorelle Smarrite ha chiuso la Corri Feltre con il tempo di 40.13, alle sue spalle, con poco più di un minuto di ritardo è arrivato Sandy Ballis. Il podio è stato completato da Christian Mione con il tempo di 41.28. Paola Dal Mas non ha avuto problemi a mantenere la prima posizione concludendo la gara con il tempo di 47.27. Manuela Moro della Poiana Trichiana è seconda con il tempo di 49.45. Sul terzo gradino del podio sale Serena Schievenin.

Nelle speciali classifiche riservate ai ragazzi nati dopo l'anno 1988, impegnati nella cinque chilometri, hanno vinto Alberto Dal Sasso e Paola Coldebella.

Classifica ragazzi: 1. Alberto Dal Sasso, 19.36; 2. Gianluca Dal Fabbrio, 20.35; 3. Matteo Rossa, 20.59; 4. Giovanni Dalla Gasperina, 21.43; 5. Lorenzo Corso, 21.49. Classifica ragazze: 1. Paola Coldebella, 22.41; 2. Chiara Corrent 24.05; 3. Asia Gallina, 24.38; 4. Arianna D'Alberto, 25.59; 5 Selene Secco, 28.34.

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Santorso (VI) - Da Santorso a Cima Summano

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Da dove iniziare la narrazione di un evento semplice, scontato, rodato da anni di edizioni precedenti (e tante salite solitarie), ma ancora una volta dalla spettacolarità senza pari?

Questo post alla fine risulterà una gallery di nomi, volti, sorrisi, natura, tanto che l'essenza della fatica e della competizione in sé saranno decisamente marginali.

Prima di tutto un virtuale ringraziamento al Fato che la notte scorsa mi ha concesso di riposare nel mio letto senza spericolati andirivieni verso l'ospedale in cui presto servizio (...). Ciao Fato, alla prossima.

Ma, nonostante la notte mi sia stata amica, il qui scrivente non aveva una granché bella giornata, poca la voglia di catapultarsi su per i Gerolimini, scarso entusiasmo e una ferocia agonistica prossima allo zero.

Per fortuna, c'era Roberto (alias Hoppy) che, con la sua irresistibile carica atomica, mi ha spiegazzato la mattina e l'umore.

Santorso (zona partenza) sembrava Palermo, parcheggio introvabile e quindi sosta selvaggia obbligatoria. Sbrigate le formalità del ritiro pettorale e pacco gara (ottimo il salame!), il passo successivo é stato accalcarsi vicino alla linea di partenza. Il tempo di salutare e scambiare quattro sane chiacchiere con un po’ di amici podisti (Fantastici Fulminei e non solo!) e un omino baffuto dello staff organizzatore ha chiamato tutti i partecipanti alla partenza: e quando scrivo “tutti” intendo dire uno alla volta, come un appello a scuola. O a naja.

Splendido.

Ma proprio mentre qualcuno si stava imbruttendo alla grande, ecco che... il bravo starter ci ha dato il via libera.

Non descrivo la cronaca della salita perché non avendo portato carta e penna rischierei di narrare un sacco di cialtronate. Il percorso é stato quello super-conosciuto, così come é stata grande la fatica per arrivare ai 1296 metri s.l.m. del Summano. Le sensazioni che ho provato sono state decisamente buone sin dall'inizio e, via via che salivo sulle erte rampe del sentiero di gara, i parziali cronometrici si avvicinavano a quelli che avevo in mente. E la cosa mi ha dato grande fiducia.

Fiducia, già, il mio unico doping autogeno.

Sì, insomma, non ho incontrato particolari momenti di trance, in 59'34'' ho portato ossa, scarpe e canotta al di là dell'arrivo posto ai piedi della colossale croce.

Di vincitori, tempi assoluti e altro ciarpame cronometrico-agonistico non scrivo: nella classifica ufficiale troverete il nominativo di chi desiderate e dalla quale trarrete le vostre considerazioni.

Il dopo corsa é stato un'altra festa, un (per me breve) momento tanto carico ed intenso quanto impegnativa si era rivelata la salita. Per questo un momento irrinunciabile.

Roberto (alias Hoppy), Alberto (alias Zanze), Matteo (alias Fulmine), la spettacolare Elena (oggi terza donna al traguardo), l'imbattibile sky-Adriano, e l'infinito Lorenzo (alias Bress - The Mr.President) hanno trasformato il tutto nell'ennesima grande e indimenticabile scorribanda verticale.

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Caltrano (VI) - Tagliafuoco 2012

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Dopo tanto pensare, scrivere e attendere, finalmente qualche ora fa ho corso la mia quarta (e non terza come scritto inizialmente l'altro ieri) Tagliafuoco, splendida e caratteristica gara di corsa in montagna che da ormai qualche anno, permette ad alcune centinaia di podisti di arrancare da Caltrano ai 1380 metri di Malga Foraoro. Arrancare, si fa per dire... Io ho arrancato... i fenomeni hanno corso in salita.

In attesa di riscontri ufficiali sul sito della manifestazione (a proposito, complimenti alla Pro Loco di Caltrano e agli altri enti che hanno raccolto l'eredità de La Cerniera e hanno ben organizzato anche questa edizione della corsa che sta diventando un gran bel appuntamento podistico), ho raccattato una sorta di classifica generale, estrapolata dal sito www.championchip.it .

Il meteo ha mantenuto fede alle previsioni e il tracciato si é rivelato impegnativo come ben sapevo dalle edizioni passate: partenza alla canna del gas, lingua d'asfalto di (più o meno) un chilometro perfettamente dritta (a guadagnare in fretta quota appena fuori l'abitato di Caltrano) e successivo primo tratto di salita su sentiero (ampio e erto quel che basta) per "tirare il collo" soprattutto a chi "non ne aveva più di tanto": non aveva di "birra", intendevo dire.

Le sensazioni che ho avuto da subito sono state buone ma ben avvolte da una "sana" cotenna di stanchezza-fatica-scarsa assuefazzione alla salita lunga e continua..... tutti dettagli tipici di chi s'inventa sky runner senza aver corso un metro di dislivello in allenamento. Extra's !!!

Tornando al racconto della mia Tagliafuoco 2012, la deviazione sul "sentiero delle svolte" mi é piaciuto e credo sia stata in assoluto una buona intuizione da parte di chi (a suo tempo) ha disegnato il tracciato della gara facendolo transitare in mezzo al bosco per farlo uscire un pò più in alto, a tre quarti di percorso.

Il cambio di meccanica di corsa (fra quella sul sentiero all'ombra della vegetazione a quella sulla carrareccia classica verso malga Seronetta), mi ha molto giovato e sono riuscito ad esprimere una mini progressione fino all'arrivo: i tratti di piano (o falsopiano, a scelta di chi legge) mi sono sembrati delle piste di lancio e la cosa mi ha ricordato (qualora ce ne fosse ancora bisogno) che il mio feeling con le rampe é decisamente "in progress". (44° classificato, 1h 16').

Domenica prossima (Santorso-Cima Summano) ne saprò di più. Ma non é finita qui, perchè ci sono da celebrare alcuni amici che stamane hanno corso da par loro la Tagliafuoco, in primis Maria Elena, 2^ classificata assoluta in campo femminile (1h 24'), l'inestinguibile (fortissimo) Adriano A. (13° assoluto in 1h09'), Michele, Giacomo (qualche altro di cui mi sfugge il nome, ma non il viso illuminato dal medesimo radioso sorriso), il mitico Zanze (Alberto), e tutti coloro che si sono arrampicati fino ai 1380 metri dell'arrivo.

Pastasciutta e libagioni varie incluse. Per oggi, a caldo-caldissimo, va bene così.

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Castelnuovo del Garda (VR) – 3^ Gardaland Half Marathon

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Si fa presto a dire Pacer”

“E va bene, mi hai convinto: farò il pacer dell’ora e trenta, ma non so se…”. Era cominciata così la mia nuova avventura podistica. Le ho provate praticamente tutte in tutti questi anni a macinar chilometri. Strada, pista, campestre e poi montagna, disciplina che sto amando di più. Ma tutte con lo stesso obiettivo: arrivare e stare bene e chissà: magari qualche piccola soddisfazioncina a livello di prestazione. Ma mai, dico mai, mi era capitata sotto mano l’occasione di correre non per me ma per gli altri, almeno in veste ufficiale. E così Corrado, uno degli organizzatori della Gardaland Half Marathon, mi convinse: dapprima per la più abbordabile ora e trentacinque ma poi, viste le defezioni dell’ultimo momento, un “piccolo” spostamento dell’ipotetica asticella temporale in quello che pensavo fosse uno sforzo notevole. Perché si fa presto a dire 1h30’.. si fa presto a dire “pacer”. Ma poi, l’ora e mezza deve nascere con la massima regolarità nell’andatura e senza una smorfia di sofferenza. Anzi, se magari ci aggiungi qualche parola e qualche battuta fai anche contenta la truppa. Ma senza andare mai sotto e mai sopra quel 4’16” al chilometro che ti consentirebbe di farla contenta, quella truppa. Sennò chi li sente quelli!
E allora scarpe in borsa e via, direzione Gardaland, dove Corrado aspetta me e l’ormai navigata pacer delle due e quindici, Sabrina, che si diverte un mondo a fare questo e quello durante la sua cavalcata di 21 chilometri e spicci. Corrado è un ottimo “padrone di casa”: ci attende con i pettorali già pronti e ci introduce nel favoloso mondo dei pacer, presentandoci gli altri tra i quali vi è Olivier, che dovrà condividere con me il palloncino dei 90’.. senza recupero.
Cena, con tutti gli altri “colleghi” di giornata, giretto in centro (pochi minuti) e via a nanna in attesa del fatidico giorno, che nasce per fortuna senza la annunciata pioggia.
E dopo il solito riscaldamento, un garmin che non vuol saperne di partire e le consuete foto di rito, con il sottoscritto in ritardo e richiamato più volte dallo speaker; si parte. E io parto veloce, come se la cosa riguardasse solo me stesso. Olivier, che dovrebbe stare con me (o io con lui) mi è dietro… poi ancor più dietro… poi sempre più dietro e poi… poi non lo vedo più. Reduce da una brutta disavventura con un cane e da un infortunio che ancora non lo lascia stare, e “grazie” anche ad un inconveniente ad una scarpa, Olly molla ed io mi ritrovo solo con un plotone di una trentina di assatanati podisti speranzosi di abbattere quel muro: i fatidici 90’.
Per fortuna con me resterà Massimo, un amico da poco reduce da una fantastica gara sui 100km a Seregno e prossimo sicuro protagonista al “Passatore”. I chilometri scorrono senza troppo faticare, e per me è una sorpresa, e il 4’16” iniziale viene sostituito da un più impegnativo 4’12” che però potrebbe sembrare un po’ troppo veloce. La truppa invece tiene ed io giustifico l’andatura più sollecita raccontando a tutti delle salite (vere) che ci attenderanno dal 15° chilometro in avanti, quando inevitabilmente il nostro passo si farà meno svelto e il tempo al mille sarà sicuramente più alto. Giustificazione che sembra credibile e che non suscita in nessuno dei miei “seguaci” reazioni negative… come se io realmente conoscessi la strada che ci porterà al traguardo.
E terminato il lungo “drittone” sul Mincio, con inclusa l’esplosione di uno dei miei due palloncini; iniziano realmente le prime, brevi ma selettive, asperità ed inevitabilmente la truppa si sfalda a tal punto che rimaniamo in tre. Casualmente io (ovvio), Massimo (che ovviamente ha fiato in eccesso) ed un ragazzo che proviene dai trail e che non a caso si fa un baffo di quelle brevi salitelle.
E mentre il vento, il caldo e l’umidità fanno ancor più selezione, entriamo a Peschiera accompagnati dall’apatia del pur numeroso pubblico. Batto le mani in segno di incitamento, urlo qualcosa e tutto quel pubblico immediatamente si accende, applaude e urla come innescato da un ipotetico interruttore. Una ragazza giapponese, credendo fossi chissà chi con quel buffo palloncino che svolazza sopra la mia testa, si protrae in avanti e mi rifila un “go” (che in realtà significa “cinque” in giapponese; o un “vai” in inglese, fate voi), mentre lo specchio d’acqua del lago di Garda riflette gli ormai caldissimi raggi di sole che ci picchiano in testa.
Abbandoniamo momentaneamente Peschiera e anche Massimo mi abbandona per portarsi qualche passo più in avanti, lasciandomi con il mio nuovo amico trailer, con il quale parliamo di esperienze podistiche “off-road”, mentre ormai il mio garmin segna 4’20” e forse più.
Inizia l’ultimo chilometro ed entriamo all’interno del parco divertimenti dove a sorpresa si inizia a salire, salire e ancora salire: è quasi tutto in salita quest’ultimo chilometro e pure più lungo: quasi 200 metri! E allora, visto che mi sono fin troppo crogiolato al sole negli ultimi chilometri, cambio ritmo e mi proietto, sempre accompagnato dall’amico trailer, verso il traguardo che taglio con il regolarissimo tempo di 1h30’04 (real 1h29’55). Perfetto! Mi prendo i complimenti del “capo”, lascio il mio amico trailer e mi porto verso il ristoro, del quale ne approfitto ampiamente, e nella zona cambio.
Reincontro Massimo, rilassatissimo dopo il suo 1h29’, e i pacer che mi hanno preceduto, in attesa di quelli che seguiranno, compresa la casinistissima pacer delle 2h15. Nel frattempo un’occhiata distratta alla classifica… come???? Mi vedo: “cat. M5” e fin qui va bene, dato che ormai appartengo agli “over 50” ma… terzo? TERZO?? Con 1h30’?? Incredibile! Mai come questa volta (non che ce ne siano state tante) quel terzo gradino del podio è immeritato oltrechè imprevisto.
Ne parlo con Corrado: “ma vale anche se ho fatto il pacer?”. “Certo, fai comunque classifica!”.
E dopo chiacchiere, gente che mai avevo visto prima che mi ringrazia per la compagnia e mi fa i complimenti; qualche bicchiere di acqua/sali/succhi e the, svariate fette di colomba, qualche banana e altri generi di conforto e una capatina in bagno; arriva Sabrina tutta contenta, soddisfatta e casinara come sempre.
Le spiego l’accaduto e le chiedo, cortesemente, di attendere le formalità di rito per la consegna dei premi, che per fortuna avvengono in tempi relativamente rapidi.
Un saluto a tutti, compreso Olly che nonostante tutto ha voluto tagliare il traguardo, un arrivederci a Corrado e via, direzione Borghetto. Perchè proprio Borghetto? Date un assaggio ai tortelli che fanno da quelle parti e poi capirete il perchè!

 

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Ultimo aggiornamento (Martedì 15 Maggio 2012 08:42)

 

Sommacampagna (VR) - 1° Trofeo Internazionale del Custoza

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Sandrelli_Fabrizio_Sommacampagna_2012Per chi suona la campana lontana, mentre i corridori arrancano nel fango, sotto la pioggia e il vento, attraverso campi, vigneti e colline teatro di antiche battaglie? Suona per me e per gli altri nostalgici che non hanno voluto mancare, nonostante le avverse condizioni atmosferiche, a questo appuntamento erede della “vecchia” maratona del Custoza. Ascolto lo scampanìo melanconico ma continuo a correre senza fermarmi un solo istante, anche se le gambe sono alquanto appesantite dal susseguirsi di salite e discese e un’umida caligine - intravista attraverso un paio di lenti spesse e appannate - avvolge ogni cosa in un velo dai contorni incerti. Sì, c’è voluto un bel coraggio e anche un po’ d’incoscienza per uscire di casa, mettersi in marcia e affrontare sotto una pioggia battente questi venticinque chilometri dell’edizione inaugurale del trofeo del Custoza, organizzato sotto la regia sapiente e amorevole di Simone Lamacchi. Eppure alle 9 e un quarto di domenica 14 maggio eravamo davvero in tanti alla partenza da Villa Venier. Quando si è attesa a lungo una corsa come questa, una delle più interessanti dell’anno, niente potrebbe scoraggiarti, tantomeno un banale acquazzone e un passaggio repentino da un clima estivo a uno tardo-autunnale (tra sabato e domenica la temperatura è crollata da 32° a 14°). E occorre riconoscere che gli organizzatori han fatto di tutto per agevolare i partecipanti (più di cinquecento), a cominciare dalla quota di partecipazione modestissima (15 euro), rimasta invariata fino all’ultima settimana. Tutta un’altra cosa – insomma – rispetto ad altre manifestazioni dal chiaro intento speculativo ma ben più reclamizzate e sponsorizzate. Alla vigilia della gara avevo previsto – ottimisticamente – che avrei terminato attorno all’ora e 46’ e invece ci ho impiegato circa sei minuti in più. In assoluto non è un gran tempo, ma le condizioni sul terreno erano assai più difficili di quanto mi aspettassi. Si è trattato, in sostanza, di una via di mezzo tra un trail corto (indispensabile avere ai piedi le apposite scarpe) e una campestre extra-large, inframmezzata da qualche settore d’asfalto, ma con abbondanza di sterrato disseminato da pozzanghere larghe come acquitrini (inevitabile finirvi dentro, prima o poi), continua alternanza di saliscendi con tratti molto scivolosi e fango in quantità industriali. Inoltre, la parte iniziale - i primi sei o sette km - e quella finale del percorso ricalcavano perfettamente il tracciato della compianta maratona custoziana. Per me è stato come tornare indietro nel tempo, a una corsa svoltasi nei lontani anni settanta in quel di Gambellara (Vicenza), su un percorso quasi altrettanto lutulento e ondulato quanto quello del Custoza. Comunque, lo confesso, è stato un gran divertimento anche se non ho potuto mai tirare il fiato, visto l’ardore agonistico dei rivali (uno alle mie spalle mi ha fatto quasi inciampare, nella foga di riprendermi) che non mi hanno mai consentito di correre in solitudine, come preferisco. Particolarmente impegnativo ho trovato (forse a causa della stanchezza e del tentativo di staccare un avversario) il lungo passaggio in mezzo ai filari di un vigneto, a pochi chilometri dal traguardo. I ristori erano ben distribuiti ma, non avendone usufruito, non so dire se offrissero, oltre ai soliti “sali”, anche té tepido, indispensabile in una giornata del genere.

Tornato infradiciato al punto di partenza, ho trovato ad accogliermi i soliti, carissimi amici: Franco Lanfredi, Antonio e Fabio Rossi, co-speaker della gara. In veste di ospite di onore era presente, tra l’altro, anche Giuseppe Togni, il celebre e ottuagenario supermaratoneta. Non c’era medaglia, ma i migliori souvenir della corsa sono il mio pettorale numero 100 e le tre bottiglie di Custoza che facevano parte del generoso pacco gara, consegnato dopo la restituzione del chip. Dopo l’arrivo di Roberto (in fuga da Bolzano) abbiamo dovuto ripartire subito per casa e così mi è spiaciuto perdere il pasta party, che immagino ottimo e abbondante, come da tradizione del Custoza. Anche gli altri servizi logistici (segnaletica lungo il percorso, parcheggi, bagni e docce) credo siano stati all’altezza della situazione. Insomma, il tempo da lupi, con il suo contorno di freddo, vento a pioggia, non ha guastato la prima di questo trofeo che mi auguro superi in longevità la maratona che lo ha preceduto.

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Ultimo aggiornamento (Lunedì 14 Maggio 2012 22:02)

 
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